(foto LaPresse) 

IL BI E IL BA

Se i valvassori Crimi e Taverna si ribellano al feudo di Casaleggio

Guido Vitiello

I noveaux riches dell'anticasta non vogliono pagare la quarantesima al signore di Rousseau. E' rivoluzione, come al tea party

Ho visto un ricco. Sa l’ha vist cus’è? Un sciùr! Ah, beh, sì, beh. E mica un signore qualunque, ho visto addirittura un signore feudale. Il tapino lacrimava sul suo computerino, e ogni goccia andava… Nella tastiera? Sì, che tutta l’allagava. Davide Casaleggio ha ereditato dal padre Gianroberto un vasto appezzamento di terra, per l’esattezza una piattaforma. Per la sua illuminata liberalità, ai contadini che lavorano nel suo podere non chiede neppure la decima, ma la quarantesima: tale è – ha voluto rimarcarlo in una lettera a tutti i portavoce del feudo, con tanto di sigillo di cera d’api – la proporzione tra i trecento euro del balzello e la loro retribuzione mensile complessiva. Ma quelli non vogliono più saperne di pagarlo, e perfino i valvassori Crimi e Taverna fanno gli gnorri. Come dargli torto, se ora versa lacrime tra i tasti del notebook? E’ evidente che il problema non è la quarantesima, per i nouveaux riches dell’anticasta, ma il suo significato simbolico e politico. Dai tempi degli zeloti a quelli del tea party, sappiamo bene che la resistenza fiscale è spesso la prima scintilla di una rivolta più grande. La piattaforma è in subbuglio, e per ripicca il signore minaccia di togliere la terra ai contadini. Minaccia che potrebbe avere una qualche efficacia, se solo la piattaforma producesse qualcosa. Ma hai voglia a seppellirci corna di mucca e altre diavolerie biodinamiche: su Rousseau non spunta un filo d’erba, tra le incursioni di hacker selvatici. Pover tapin! 

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