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Si complica l'elezione di Vegas in Lega A

Redazione

Lotito: “Non ci scommetto”. Ferrero: “I dilettanti non possono più comandare”

Roma. “A Roma si direbbe che siamo come la marina”. Cioè? “Tanta acqua e poco pesce”. E Massimo Ferrero, simpaticissimo e sbrigliatissimo presidente della Sampdoria, intende dire che oggi i presidenti delle squadre di calcio potrebbero non concludere nulla, non trovare un presidente e un amministratore delegato per la Lega di serie A. L’11 dicembre scade l’attuale commissariamento, e non avere una governance entro quella data aprirebbe per il Coni, e per il suo presidente Giovanni Malagò, la possibilità di ottenere in un sol colpo un nuovo commissariamento forte, di rottura, non della Lega, ma dell’intero calcio italiano, della Figc. “Guardi, può anche togliere il condizionale”, dice Ferrero. “Non si conclude nulla domani (oggi, ndr). Troppe teste. E servono quattordici voti”, su venti presidenti di squadre, praticamente l’unanimità. E mentre il ministro dello Sport Luca Lotti fa sapere, nei suoi colloqui privati, che affidare la guida della serie A a Giuseppe Vegas, presidente uscente della Consob, ex senatore e viceministro dell’Economia di Silvio Berlusconi, “non è precisamente una grande idea di rinnovamento”, nelle telefonate che si inseguono in queste ore vorticose tutto si collega e tutto si tiene: la Lega e la Federcalcio, la politica e lo sport, con il conflitto ancora a bassa intensità, almeno in pubblico, tra la cordata delle piccole squadre contro quelle grandi, e poi tra tutte le società e il Coni, cioè Malagò, alleato del governo, cioè di Lotti. “Vegas? Non lo conosco non so chi sia”, dice Ferrero, confermando che niente è deciso, mentre anche Urbano Cairo, presidente del Torino, pare ieri esprimesse fortissimi dubbi su Vegas, almeno con certi suoi interlocutori istituzionali. Così persino Claudio Lotito, che pure di Vegas è lo sponsor all’interno del mondo del calcio (quello esterno, ma collaterale, è Gianni Letta), non si sbilancia. La raccolta del consenso è per lui una complicata salita: “Non scommetto”, ci dice Lotito, “scommettere fa male”. Non è solo scaramanzia.

 

E come sempre capita in Italia il calcio accelera il metabolismo di ciascuno, diventa questione nazionale, un cosmo intrecciato di umori, passioni, interessi e denaro. “Non possiamo dire che la colpa è tutta di Carlo Tavecchio se la Nazionale non si è qualificata ai Mondiali”, dice allora Ferrero. “I capri espiatori servono solo a evitare accuse di sistema. Tavecchio chi ce lo aveva messo a capo della Figc?”. E così il presidente della Sampdoria dice che “la parola commissariamento non mi piace”, perché la considera un segno di debolezza, ma poi dice pure di fidarsi di Malagò, che il commissariamento lo auspica, “se lo lasciassimo lavorare potrebbe fare bene al calcio e alla cultura sportiva”. E insomma Ferrero, che oggi ovviamente voterà come gli altri, esprime la posizione dei cosiddetti riformisti, all’interno del mondo del calcio, e si fa portavoce di una rivendicazione fortissima dei club di serie A, “che all’interno della Figc dovrebbero contare molto di più”, dice lui.

 

Cosa vogliono i presidenti di serie A

 

Una rivendicazione che implica una riscrittura totale delle regole all’interno della Federazione e che per essere portata a compimento richiede probabilmente l’appoggio del Coni e del ministero dello Sport (dunque forse il commissariamento). “La serie A conta il 12 per cento dentro la Figc, la serie B conta il 5 per cento, la Lega pro conta il 17 per cento e i dilettanti addirittura il 34”, dice Ferrero. “E insomma noi della serie A diamo i soldi ai dilettanti, e loro comandano. Ma vi sembra normale? Queste cose devono cambiare. E mi pare che la pensi così anche il governo, anche il ministro Lotti”. E con quel “comandano” Ferrero si riferisce anche al fatto che, nella Figc, avanza il nome di Cosimo Sibilia, il presidente della Lega dilettanti, una candidatura che il commissariamento, su cui aveva puntato Malagò con Lotti, bloccherebbe. Ma al Coni dicono che malgrado tutti riconoscano genericamente l’urgenza di cambiamenti e di nuove regole, “le resistenze della Federazione sono fortissime. E trasversali”. Ieri Malagò ha tolto alla Federcalcio altri 2,6 milioni di euro di contributi pubblici, redistribuendoli ad altri sport. Negli ultimi quattro anni il Coni ha più che dimezzato i finanziamenti al calcio, passando da sessantadue milioni a trenta. E’ molto più di un avvertimento: “Se fate da soli, dovrete anche ‘farcela’ da soli”. 

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