Edoardo Albinati ha vinto il Premio Strega 2016

La banalità del Premio Strega. Si sbadiglia già dai titoli (ventisette!)

Mariarosa Mancuso

“Dove troverò mai il tempo per non leggere tutti questi libri?” E con il cinema non andiamo meglio: nella stagione ne usciranno un centinaio. Lamenti e consigli

“Dove troverò mai il tempo per NON leggere tutti questi libri?”. Era scritto su una maglietta, quando il Salone del Libro era uno solo, e a Mantova si andava più che altro per i tortelli di zucca. Sparita dai cassetti, le vecchie t-shirt non si trovano mai quando servono. Servirebbe una ristampa, anzi due. “Dove troverò mai il tempo per non leggere tutti questi libri?”, e “Dove troverò mai il tempo per non vedere tutti questi film?”.

 

Non è un lamento generico sul poco tempo a disposizione, né sull’attenzione distratta da troppi tweet. È un lamento puntuale, presa visione di due elenchi che fanno tremare le ginocchia: la lista dei ventisette candidati al premio Strega (ognuno con la complicità di due votanti-presentatori) e la lista del centinaio di film italiani in uscita la prossima stagione. In aggiunta, s’intende, a quelli che stanno intasando le sale e lo faranno ancora per un mesetto: se vi sembra una parola forte, andate a controllare gli incassi. Giù del trenta per cento nel fine settimana rispetto all’anno scorso, film italiani sotto i duecentomila euro.

 

A parte qualche titolo e qualche nome riconoscibile – vale per lo Strega e vale per i registi – gli altri si fa fatica a collocarli. Facciamo fatica noi, che per mestiere leggiamo e andiamo al cinema. Figuriamoci i pochi lettori e i pochi spettatori rimasti. Nessuno si occupa di loro. Lo si capisce scorrendo gli elenchi, che riflettono una situazione disastrosa. Si può dire il peccato e non il peccatore, l’andazzo è generale.

 

Possibile che non si riescano a trovare, per i romanzi, titoli appena un po’ attraenti. Saranno pure capolavori, non si discute. Ma chi avrà voglia di leggere un romanzo che in copertina ha “La compagnia delle anime finte?”, oppure “E invece io”, “Pastor che a notte ombrosa nel bosco si perdé”, “Grande nudo”, “Il punto che non conosco”, “Orfeo 9 - Then an Alley”. Intervengano l’editor, l’ufficio marketing, gli amici, la mamma o la fidanzata. Son libri pubblicati, in cerca di lettori: perché mandarli nel mondo già zoppetti?

 

Non va meglio con i film, e qui oltre ai peccati diremo qualche peccatore, trattandosi di soldi pubblici. “Infinita come lo spazio”, “Non c’è Kampo” di Federico Moccia (uno un po’ sempre girato all’indietro, ma a 53 anni non dovrebbe essere vietato scrivere campo con la kappa?). “Odissea nell’ospizio” di Jerry Calà e i Gatti di Vicolo Miracoli (non era bastata la figuraccia di Aldo Giovanni e Giacomo con “Fuga da Reuma Park”?). E via con “Burraco fatale” e “Amori che non sanno stare al mondo” (regista Francesca Comencini). Siccome siamo svelti, moderni e poliglotti spuntano “80 voglia di te”, “2NIGHT”, “7 Days, “Easy”, “Holiday”, “Drive me home”, “The habit of beauty”, “The space between”, “Taranta on the Road”. Due sono i vangeli, uno lo porta Pippo Delbono e l’altro si intitola il “Vangelo secondo Mattei”. Paolo Franchi in “Dove non ho mai abitato” racconta “Francesca, unica figlia di Manfredi famoso architetto e di una designer altrettanto famosa” (altre professioni non esistono, nel cinema italiano).

 

La premiazione dello Strega torna al Ninfeo di Villa Giulia, dopo un anno di assenza. I titoli invitano allo sbadiglio, e l’italiano fa venire la tremarella. Tra presentazioni, recensioni e risvolti, ecco tre frasi che già non passano l’esame. “Mi si apre il rubinetto, un flusso di frasi slegate e nervosette” (Mimmo Ravera Rafele). “E’ un uomo all’equatore della vita” (Davide Grittani). “Irrorandoli con il filtro dell’ironia” (su “Appunti di meccanica Celeste” di Domenico Dara). Più interessanti, gustosi, e davvero romanzeschi, sarebbero gli intrecci e i legami tra presentatori e presentati.

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