Foto Domus

Giovanna Mazzocchi, la signora volante dell'editoria a Quattroruote

Paola Bulbarelli

Breve storia dell'agguerrita editrice del più famoso rotocalco automobilistico italiano

Non ha usato il suo aereo, pilotato da lei, per andare a Sorrento a ritirare il Premio Agnes per i 90 anni di Domus: troppo piccolo e non pressurizzato. Perciò, levataccia e treno. Ma Giovanna Mazzocchi, che di premi ne ha presi una sfilza e manco se li ricorda, non fa un plissé se si tratta di lavorare  dodici ore di fila, figurarsi per un viaggio di piacere. Glielo ha insegnato suo padre Gianni, gran bel tipo che mangiava pane e editoria sin da ragazzo, arrivato a Milano con un’idea per svilupparne mille. E lei, la figlia tenace e forte come un corazziere, abituata a stare tra i giornalisti ma non amante delle interviste che più che spesso rifiuta, se ne ha voglia è un fiume in piena di parole, tra risate e toni seri. “Sono cresciuta a carta stampata e periodici”, racconta al Foglio. “Primissimi ricordi risalgono quando nella casa estiva di campagna arrivavano tutti i collaboratori. Una volta arrivò Einaudi e ci mandarono a letto”. Nel 1945, prima della fine ufficiale della guerra, il padre fondò l’Italia Libera e poi i primi grandi rotocalchi, l’Europeo diretto da Arrigo Benedetti, Settimo Giorno e nel 1948 Il Mondo di Mario Pannunzio. “Stampavano un milione e mezzo di copie”. Ma il vulcanico Mazzocchi decise di cambiare. “Nel 1953 con la guerra in Corea e aumenti spaventosi della cellulosa, mio padre li vendette tutti. Diceva che se un giornale va male è colpa dell’editore, e se va bene i meriti sono del direttore. Spesso e volentieri, sulla scia del successo, viene a mancare l’identità iniziale, ciò che era accaduto anche con Pannunzio”. Nuova strada, nuova vita. Anche se c’è un prima per capire il dopo. Nel 1928 Gianni Mazzocchi lavorava alla rivista di architettura Domus, diretta da Gio Ponti, all’inizio per tenere la contabilità e poi come raccoglitore di réclame a percentuale: troppa, si vede, dato che lo liquidarono perché guadagnava più lui del giornale. “Ponti era un genio ma della rivista non se ne occupava, quindi richiamarono mio padre che volle farne parte al punto che nel 1929 fonda l’Editoriale Domus, rilevando la rivista”. Prima della guerra è la volta di Panorama – nulla c’entra con quello di oggi – dove scriveva un giovane redattore, Indro Montanelli: un suo racconto su un cinese, il figlio e un cavallo causò la chiusura immediata del giornale da parte dei fascisti, che videro nella storia un apologo contro la guerra appena iniziata. “Mio padre non prese mai la tessera e fu questo uno dei motivi per cui Domus non ebbe la direzione di Gio Ponti, simpatizzante, fino agli anni Cinquanta”.

 

E si arriva al 1956, anno d’inizio di Quattroruote. “Identificava l’automobile come lo strumento di libertà più grande che ci fosse, la possibilità di andare dove, quando, come si voleva. Mio padre aveva un problema a una gamba, nato settimino, e per lui l’auto era il massimo”. E partì per questa avventura. “In casa editrice erano tutti contrari, prese allora un appartamento a parte, apposta per Quattroruote. La sede, prima della guerra, era in corso Sempione ma fu devastata dai bombardamenti. Passammo in Monte di Pietà ma serviva al proprietario. Con grande lungimiranza comprò il terreno verso Rozzano perché diceva che Milano si sarebbe espansa a sud dato che dalle altre parti era già avanti. Qui, all’epoca, c’erano le pantegane. Posto di confino”. Mazzocchi aveva visto giusto e precorso i tempi, sia per la nuova sede, firmata da Nizzoli, che per la rivista di auto. “Servivano 300 lire, nel ’56, per comprare Quattroruote quando un  giornale ne costava 30. Era il sogno della mobilità e siamo cresciuti con la Fiat un po’ di pari passo. La vendita più alta è stata di 987 mila copie nel 1987, quando in America la rivista automobilistica più famosa arrivava a 450 mila. Come mensile sempre stati primi, secondi solo a Famiglia Cristiana, che veniva distribuito nelle parrocchie”.

 

La giovane Giovanna, carattere esuberante, sangue latino mitigato da scuole tedesche, a 26 anni, nel 1973, inizia a lavorare in casa editrice dopo un tirocinio ad Amburgo “per capire se mi piaceva davvero l’editoria”. Ma la vita riserva sorprese. “Nel 1978 hanno rapito mia sorella per due mesi. E’ stato un momento drammatico perché per pagare gli stipendi dovevo avere il permesso dalla magistratura, tutto era bloccato, ci siamo indebitati fino al collo. E quando è stata liberata, mia mamma, dopo poco, è mancata. Quell’estate mi sono sposata, ho avuto la mia prima bambina, Sofia, e sono rimasta a casa, poi una seconda figlia, Susanna. Mio marito se n’è andato a causa di un aneurisma, avevo 33 anni, e l’anno dopo mio padre. Ho ricominciato a lavorare full time, anni pesantissimi. Dedicandomi prima di tutto alle figlie, all’ufficio, il mio terzo figlio. E al volo, la mia grande passione. Ho festeggiato 50 anni di brevetto di recente. Mio padre mi comprò un monomotore. Poi con le bambine avevo bisogno di un areo più grande e passai al bimotore, poi al jet. Ho viaggiato in tutta Europa e ho portato un aereo dall’America in Italia. Ora ho un piccolo aereo che tengo sulla pista di Vairano. Senza dimenticare i cavalli: mia figlia Susanna ha partecipato a due Olimpiadi”. Intanto le riviste proseguono il loro cammino. Domus è venduta in 89 paesi. Meridiani, turismo e cultura, inizia negli anni 90. Cucchiaio d’Argento, una pietra miliare, ha 5 milioni di utenti unici al giorno. “Non abbiamo più delle testate ma dei brand. Quattroruote è ormai un sistema, una piattaforma. Facciamo comunicazione, formazione eventi, servizi, fino ai corsi di guida, test drive a Vairano, vicino a Pavia, sulla pista di proprietà della testata”. Il 15 settembre ci sarà la seconda edizione di Street Show, a Milano: per una domenica tutto corso Buenos Aires, lungo un miglio, diventa un salone dell’auto a cielo aperto. “L’anno scorso sono arrivate oltre 200 mila persone, è la festa motoristica delle famiglie. Ce lo hanno chiesto altre città ma lo sforzo organizzativo è mostruoso. Basta Milano”.