Il direttore dell'Opinion Nicolas Beytout

Il liberalismo raccontato ogni giorno, e il realismo su Macron. Il “modello Opinion”

Mauro Zanon

Due chiacchiere con il direttore, Nicolas Beytout

Parigi. “C’è una parte della popolazione francese, sempre più numerosa, secondo cui il liberalismo non è più una parolaccia”. Un po’ di merito è anche del suo giornale, l’Opinion, che dal 2013 è diventata l’oasi dei liberali nel paese che continua a essere il più dirigista d’Europa, nonostante all’Eliseo ci sia un quarantunenne, Emmanuel Macron, che ha conquistato la presidenza dicendo che “il liberalismo è di sinistra”. “Abbiamo una linea molto chiara e cerchiamo di difendere delle idee che spesso non sono maggioritarie”, dice al Foglio Nicolas Beytout, direttore e fondatore dell’Opinion. “Oggi (ieri, ndr), per esempio, abbiamo fatto la nostra prima pagina sul Ceta (il trattato di libero scambio tra Unione europea e Canada, ndr), mostrando ai francesi che questo accordo è stato un buon affare per i nostri agricoltori. Siamo in prima linea nel combattere sul piano delle idee questa specie di moda anti scienza e questo atteggiamento di ostilità radicale verso tutto ciò che è chimico. Ci impegniamo molto, nei nostri articoli, a spiegare ai nostri lettori, e ai francesi in generale, perché non devono lasciarsi manipolare da prese di posizione che non sono scientificamente provate, ma legate soltanto a strategie politiche”. Il posizionamento dell’Opinion è chiaro fin dall’inizio. “Quando siamo nati, sei anni fa, il segmento che oggi occupiamo era scoperto”, spiega al Foglio Beytout, prima di aggiungere: “Non c’erano giornali che si rivendicavano apertamente ‘liberali’, e a dire il vero non ce ne sono nemmeno oggi, a parte noi. Il tono, l’impegno e la linea editoriale ben definiti ci hanno permesso di ancorarci saldamente nel panorama giornalistico francese”.

 

Pro liberalismo, europeisti e pro business: così si erano presentati Beytout e i suoi giornalisti nel 2013. E due anni dopo, quando al ministero dell’Economia venne scelto un giovane di Amiens, ex banchiere con aspirazioni letterarie, che difendeva il liberalismo in un governo socialista, furono i primi a sostenerlo. Oggi, però, Beytout sembra aver perso un po’ di entusiasmo nei confronti di Macron. “La sua strategia in Europa, fino a ciò che è accaduto con la Commissione e con la Banca centrale, non è stata costellata di successi. Certo, è riuscito a imporsi come il meno fragile tra i dirigenti europei, meno fragile dei tedeschi, dei britannici e degli italiani, ma l’Europa resta divisa come quando è stato eletto”.

 

Un gran successo, l’Opinion, lo ha invece appena ottenuto: dopo due mesi di negoziazione con il gruppo Artemis, la holding della famiglia Pinault, il quotidiano di Beytout è pronto a ufficializzare l’acquisto dell’Agefi (l’Agence économique et financière), il giornale online di riferimento in materia di finanza, che ha festeggiato i suoi cent’anni di vita nel 2011. Il costo totale dell’operazione? 8 milioni di euro, secondo quanto sussurrato dal Monde. Il matrimonio Opinion-Agefi porterà alla creazione di un gruppo da 25 milioni di euro di fatturato, 150 dipendenti e 90 giornalisti, che si appoggerà sulle vendite e gli abbonamenti del quotidiano liberale da una parte e sul modello di circolazione BtoB della testata finanziaria dall’altra. “La strategia è quella di accelerare la nostra crescita per avere una dimensione in grado di garantirci una vera presenza sul mercato”, dice Beytout. “Puntiamo a rafforzarci e, attraverso questa acquisizione, a far sì che la nostra azienda diventi redditizia il prima possibile. Oltre a questo, vogliamo dare corpo alla nostra filosofia che è quella di sviluppare dei media ultra specializzati, i cosiddetti ‘media verticali’. Il nostro principio fin dall’inizio è stato quello di produrre un’informazione ad altissimo valore aggiunto da vendere a un prezzo elevato a determinate fette della popolazione”.

 

Quando presentò il suo giornale al Monde, sei anni fa, disse di avere due modelli in testa: Il Foglio e Politico Europe. “La foliazione ridotta e una redazione di alta qualità sono gli ingredienti del giornalismo cartaceo del futuro”, sottolinea Beytout, prima di concludere: “In un mestiere in perenne trasformazione, e in un momento in cui i grandi giornali cartacei sono messi in difficoltà dalla copertura massiva dell’informazione da parte dei media digitali, restano ancora delle nicchie, degli spazi da occupare, dove ci si può infilare per raccontare il mondo in maniera diversa: per informare delle persone che non si accontentano del martellamento di massa e chiedono più distanza e una maggiore riflessione”.

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