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Arnaldo Pomodoro, ragazzo del '26 che crede ai giovani e alla scultura

Paola Bulbarelli

“Abbiamo bisogno di nuovi soci sostenitori, che il proprio appoggio lo dimostrino concretamente. Ne basterebbero dieci, disposti a darci ciascuno centomila euro l’anno". La storia della Fondazione Arnaldo Pomodoro

Ci sono “Sfera con sfera”, “Rotanti”, “Movimento in piena aria e nel profondo”. Sculture e bassorilievi, modelli in gesso, in fiberglass, in bronzo. Grandi globi, fusioni a cera persa, il mega complesso da 14 metri, più tanti altri pezzi. Insieme alle sue opere ci sono il laboratorio, lo studio, l’archivio (curato da Bitta Leonetti, con il maestro sin da ragazza). Arnaldo Pomodoro è il grande vecchio della Milano che punta sull’arte. La storia della Fondazione Arnaldo Pomodoro ne è la prova. Nata nel 1995 a Rozzano per iniziativa dell’artista, nel 2005 si trasferisce in via Solari, in uno spazio di 3.000 metri quadri che faceva parte dell’antica fabbrica di turbine per centrali idroelettriche Riva Calzoni. Il 2009 inizia a puzzare di crisi e i fondi a disposizione per la cultura diminuiscono.

 

“Abbiamo bisogno di nuovi soci sostenitori, che il proprio appoggio lo dimostrino concretamente. Ne basterebbero dieci, disposti a darci ciascuno centomila euro l’anno. Speriamo che il popolo milanese non abbia le braccia corte”, dice nel 2010 Pomodoro in un accorato appello. Non basta. La Fondazione chiude per riaprire nel 2012 nel vecchio spazio del maestro in via Vigevano, cortili della Milano vecchia. “E’ tutto molto difficile – spiega Arnaldo Pomodoro, 92 anni il prossimo giugno – Io faccio ancora le mie sculture, voglio dedicare il tempo a me stesso, per me è vitale”. Così come lo è per la Fondazione che nel maestro vede il pilastro attorno cui ruota la sopravvivenza. “Fino adesso abbiamo messo a posto la Fondazione ed è comprensibile anche il disagio dei Comuni, i bilanci, il passaggio da Solari a qui non è stato facile ma mi auguro di vivere quel tanto perché il progetto ritorni ad essere tutto com’era”. Milano risponde? “I milanesi sono generosi, sensibili ad aiutare l’arte. Non hanno aiutato ai tempi di via Solari, ma non mi sorprende”. In compenso è ricominciata la liaison con il Comune. “Non era un distacco, era un periodo in cui non erano fermi nelle loro decisioni, nulla contro di noi. Era un parlare senza concludere, chiacchiere ma poi andate bene”.

 

Riparte così il “Premio Arnaldo Pomodoro per la scultura”, arrivato alla quinta edizione, che si avvale del sostegno del Polo arte moderna e contemporanea del Comune di Milano, che ha condiviso le finalità del premio e che ospiterà, nell’autunno 2019, la mostra dell’artista vincitore negli spazi della GAM – la Galleria d’Arte Moderna. Il riconoscimento, che si presenta con un nuovo Comitato di selezione internazionale, verrà assegnato a un giovane artista che, con la sua personale ricerca, riflette sull'idea del fare scultura oggi. Il Premio, a cadenza biennale, ha l’ambizioso obiettivo di sondare il panorama internazionale per individuare uno scultore emergente, di età compresa tra i 25 e i 45 anni, e di far conoscere le sue opere oltre i confini portandole fuori dal contesto prettamente professionale. “Uscire dal proprio studio, dove si lavora e si è protetti come in una torre d’avorio, non è una facoltà, è un dovere. Ho sempre pensato che il compito dello scultore è quello di mettersi in gioco e coinvolgersi con il tessuto urbano della città, facendo sentire l’importanza pubblica di tutta l’arte, non solo della propria. E a questi principi si ispira la missione-visione che la Fondazione si è data dall’inizio della sua avventura”. La Fondazione, nella sua Project Room, ospita, in questi giorni, la personale di Donato Piccolo, iniziativa patrocinata dal Comune e da Regione Lombardia: uno degli appuntamenti ufficiali di Art Week, in occasione di Miart.

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