Foto via comonext.it

Viaggio a ComoNExT, dove il futuro è un'industria

Daniele Bonecchi

Dal grafene alla ripulitura dello spazio. 125 start up, 600 laureati. Clienti veri: no sogni

Sembra di essere nel campus del Politecnico di Milano o, prima di cena, in una birreria della Bovisa dove i ragazzi, all’ora dell’happy hour, smanettano per fare due chiacchiere via Skype con gli amici di Dublino. Perché l’età media di chi lavora nelle startup del Parco scientifico tecnologico ComoNExT è di 35 anni. Paolo Avallone di anni ne ha 25. Maglione girocollo, capelli lunghi, linguaggio diretto (ma capire i termini tecnici non è facile), voglia di fare a mille e idee senza confini. “Il nostro impegno principale è stato riposizionare i robot – spiega – perché le stampanti 3D tradizionali lavorano in piano, mentre il robot ti fa riscoprire lo spazio, ha grandi potenzialità”. Così Paolo, uscito dal Poli, con altri due amici ha creato la Caracol Design Studio, che è diventata un polo di manifattura additiva 4.0, che progetta e produce oggetti con le più avanzate tecniche di stampa 3D, applicate a sistemi robotici antropomorfi. L’ambito è quello manifatturiero, con una vasta gamma di materiali, ma anche le installazioni fieristiche e il settore medicale.

    

Siamo in un parco scientifico tecnologico nascosto dentro un’antica filatura perfettamente restaurata. Non è una fabbrica, non è un ufficio, è un modo di vivere, creare, produrre. Antonio Alessandrino invece ha 40 anni, e con quattro soci ha fondato la Silk Biomaterials che trasforma la seta in tendini e vasi sanguigni. “Ho dato una tesi sulla seta e la medicina riabilitativa – spiega Antonio – complice un incidente (sportivo) che mi ha procurato un guaio ai legamenti. In fondo già gli antichi egizi usavano la seta in medicina”. E così nel 2019 la seta potrà entrare dalla porta principale della medicina riabilitativa. Occorrono un paio di anni di lavoro ma alla Silk Biomaterials sono ottimisti. Ci tengono però a spiegare che “le strutture microfibrose vengono prodotte con tecnologie tessili ‘tradizionali’, mentre quelle nanofibrose sono ottenute per elettrofilatura”. Con buona pace del cronista.

    

Alla Coelux hanno compresso l’atmosfera per modificare la luce e ricreare cieli azzurri in ambienti che non hanno la possibilità di spalancare le finestre. Ideata dal professor Paolo di Trapani, dell’università dell’Insubria, è già diventata una realtà nel mondo dell’architettura, in molti ospedali, nei centri benessere ma anche nelle sale riunioni dove il conflitto è di casa e un raggio di sole (artificiale) può fare la differenza. La D-Orbit è la start up che si occupa di pulizie nello spazio. E non è uno scherzo. Frena l’aumento di oggetti che ruotano incontrollati con un sistema che rimuove i satelliti dallo slot orbitale a fine vita. Clienti che si chiamano, per esempio, Nasa. Directa Plus è uno dei più grandi produttori e fornitori di prodotti a base di grafene destinati ai mercati internazionali. Il grafene (per chi non lo sapesse) è un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, con la resistenza meccanica del diamante e la flessibilità della plastica.

      

Directa Plus è quotata all’AIM di Londra dal maggio 2016. Un santo protettore di ComoNExT c’è, sotto le sembianze del presidente della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, che ha destinato all’incubatore di Lomazzo 5 milioni. Ma chi, giorno dopo giorno, sta facendo grande uno dei più dinamici parchi scientifici tecnologici del paese è Stefano Soliano, da poco più di un anno general manager di ComoNExT. Le cifre sono da capogiro. Nell’antico complesso industriale, il cotonificio Somaini, perfettamente riadattato e ristrutturato, ci sono, per ora 125 imprese – per lo più start up – 600 persone al lavoro (il 94% laureate) che diventeranno 1.000. Perché è in fase di allestimento l’ultima parte dell’edificio, che ospiterà uffici, abitazioni, bar e ristoranti e un centro benessere. Una cattedrale dell’innovazione con un parcheggio esaurito come a San Siro per il derby, in un paese senza un bar decente ma a 20 minuti di treno da Milano. ComoNExT (Nuove Energie x il Territorio), è una società controllata da Sviluppo Como (50% Camera di commercio, 45% diviso tra Intesa-Sanpaolo, Credito Valtellinese e Banche di credito cooperativo, il restante 5% nelle mani delle associazioni di categoria comasche). “Il nostro percorso è raccontato bene dal luogo in cui ci troviamo: dalla prima rivoluzione industriale alla quarta, quella tecnologica”, spiega Soliano. “ComoNExT è una calamita d’innovazione e una catapulta di idee e progetti verso l’esterno”.

      

E infatti non è solo un incubatore che ospita imprese e offre servizi di qualità – marketing e soluzioni finanziarie comprese – alle tante aziende che hanno trovato lo spazio giusto nell’antica filatura di Lomazzo ma, con l’arrivo di Soliano, è diventato un grande laboratorio di ricerca e innovazione aperto agli stakeholder della regione e non solo. Il piano di lavoro di Soliano ha basi solide che poggiano su quattro obiettivi strategici: un legame stretto con ricerca e università; lo sviluppo delle attività su un territorio vasto; regalare a ComoNExT una identità forte e riconoscibile. “Nell’ultimo anno abbiamo lavorato a un modello in grado di mettere a fattor comune l’esperienza raccolta. Un modulo per l’innovazione da esportare. Mantenendo la centralità del Parco tecnologico ma guardando alla domanda di cambiamento e alla spinta del mondo dell’impresa, a partire dal nostro territorio.

    

In pratica abbiamo messo a disposizione delle aziende 600 consulenti: i tecnici e i ricercatori che lavorano a ComoNExT”. È cosi che Stefano Soliano ha aperto un tavolo al confronto con le associazioni imprenditoriali, dagli industriali agli artigiani, dai commercianti alle cooperative, col supporto del sistema creditizio che è ben rappresentato anche nella compagine societaria del parco. “La nostra vocazione – chiarisce Soliano – è far crescere con la ricerca il potenziale industriale. Ora stiamo lavorando ad un fondo per l’innovazione che consenta l’utilizzo dei voucher. Perché sono i giovani il motore del nostro lavoro”.

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