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Gran Milano

Tre giorni per parlare di “economia urbana”. Provare e crederci

Giovanni Seu

L’amministrazione Sala ha ripreso l’idea parigina della città dei 15 minuti, con quartieri autosufficienti dotati di servizi, luoghi di lavoro e svago, negozi situati a pochi metri da casa. Parte oggi una tre giorni per discutere di “economia di prossimità”

Una volta c’erano i negozietti sotto casa che fornivano tutti i beni alimentari, i vestiti e la loro riparazione, il materiale scolastico per i bambini. Non si trattava solo di spacci ma di luoghi in cui si tessevano relazioni sociali perché si diventava amici del lattaio, del panettiere e di chi li frequentava. Quel modello (oggi troppo spesso rimpianto come idilliaco da una vena passatista) ha iniziato a cedere negli anni 80 sotto i colpi della grande distribuzione; nel nuovo millennio è arrivato l’e-commerce e infine la pandemia ha inferto l’ultima botta. Discorso chiuso? Non proprio perché in questi ultimi anni l’amministrazione Sala ha fatto propria l’idea della città dei 15 minuti, mutuata da Parigi, che prevede quartieri autosufficienti dotati di servizi, luoghi di lavoro e di svago, e negozi situati a pochi metri da casa. Vasto progetto, ma Palazzo Marino ci crede tant’è che ha promosso una tre giorni, che parte oggi, per discutere di “economia di prossimità”.


Una sfida in salita anche perché le zone periferiche hanno sofferto di più lo spopolamento dei piccoli esercizi, che non hanno retto alle evoluzioni del tessuto commerciale, come spiega Marco Barbieri, segretario della Confcommercio di Milano Lodi Monza e Brianza, che conta 40 mila iscritti e 340 mila occupati: “Dal 2018 al 2023 abbiamo avuto un calo delle attività, il periodo della pandemia è stato drammatico ma ha avuto anche risvolti positivi: si è riscoperta l’importanza della prossimità e della qualità del prodotto e questo ha spinto gli esercenti a rinnovarsi, chi non lo ha fatto non è sopravvissuto”. “Gli unici settori che in questi anni non hanno conosciuto un arretramento sono stati l’e-commerce, i grandi magazzini e le farmacie, gli altri che sono rimasti in piedi è perché hanno fatto proprio il concetto della multicanalità: le quote di mercato si ottengono mettendo insieme l’online e la fisicità. I risultati si vedono, nell’ultimo anno abbiamo avuto una ripresa che si spiega anche con il modello Milano che traina tutti i settori, basti pensare che la prossima settimana della moda porterà 150 mila turisti e un indotto di 70 milioni”. Parole che inducono a un ottimismo che per trovare sostanza ha bisogno del sostegno di Palazzo Marino: “Ci aspettiamo la valorizzazione dei Duc, i distretti urbani del commercio, del partenariato pubblico-privato e il rilancio dei quartieri con politiche mirate perché i negozi da soli non bastano. Saranno molto importanti il decollo di realtà come Mind, le Olimpiadi e il completamento di M4”.  


Più prudente di Barbieri si mostra Andrea Painini, suo omologo di Confesercenti che conta 5 mila iscritti: “Ci sono categorie che hanno sofferto molto. Oggi siamo aggrediti dall’inflazione e dal rincaro delle materie prime, gli effetti si vedono: basta fare un giro in corso Buenos Aires per vedere i negozi chiusi”. Le difficoltà non sono solo di esplosione dei costi, secondo il leader di Confesercenti gioca contro anche un aspetto culturale: “Tra i giovani c’è il rifiuto di svolgere le attività commerciali perché richiedono sacrifici, salta così il ricambio generazionale”. Quanto al commercio di prossimità il ruolo del Comune è di regolare oltreché promuovere il settore: “Con Merlata Bloom credo che la grande distribuzioni abbia raggiunto la saturazione, è bene tenerne conto. I quartieri possono rilanciarsi con politiche di coesione sociale, di sostegno alle start up e di facilitazioni nell’accesso al credito”. 


L’economia di prossimità non è fatta solo di botteghe, una seconda gamba importante è rappresentata dall’impresa. Stefano Valvason direttore genere Api, l’associazione delle piccole e medie imprese, non nasconde le problematicità legate in modo particolare al rallentamento dell’economia tedesca: “E’ un 2024 con luci e ombre, noi siamo presenti nella realtà periurbana della città con 1.500 nostre imprese, su 2 mila complessive, che per il 30 per cento offrono servizi nel campo dell’informatica, progettazione, logistica. Siamo un vettore di crescita dei quartieri perché in grado di veicolare innovazione sistemica, opportunità di lavoro qualificato per i giovani”. Per Valvasol il ruolo del Comune è determinante per dare ossigeno all’impresa: “Lo sviluppo passa per la costruzione di network in cui è possibile la contaminazione tra realtà diverse: penso ad un ecosistema dell’innovazione, di cui esistono già esempi interessanti tipo Isola o Symbiosis, che però vanno supportate con infrastrutture e il digitale”.
 

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