Gran Milano

Il nuovo Rapporto sulle migrazioni 2023 della fondazione Ismu: non male

Cristina Giudici

La Lombardia è al primo posto per concentrazione di cittadini stranieri, ma nel paese non c'è né invasione né emergenza. L'Italia resta una terra di passaggio per migranti e rifugiati, che preferiscono altri paesi con maggiore integrazione e opportunità

Milano capitale extraeuropea. Dal nuovo Rapporto sulle migrazioni 2023 della fondazione Ismu, presentato martedì scorso alla Camera di Commercio, emerge il record di concentrazione dei cittadini stranieri in Lombardia, dove vive quasi un quinto di tutti i residenti con background migratorio in Italia: un milione e 176 mila di cui mezzo milione nella provincia di Milano. Dopo aver raggiunto nel 2019 il picco di 5 milioni e 962 mila, al primo gennaio del 2023 gli stranieri nel nostro paese sono scesi a 5 milioni e 775 mila con un aumento dei residenti e una diminuzione degli irregolari a causa della minisanatoria del 2020. All’interno di un quadro statistico nazionale che ribadisce un trend di lieve decrescita e una sostanziale stabilità della presenza straniera in Italia, la Lombardia rappresenta il polo più attrattivo per chi è immigrato, nato o cresciuto nel nostro paese. In sintesi: l’invasione sbandierata dal governo che ha dichiarato guerra ai migranti sul globo terraqueo non viene confermata dai dati e neanche l’emergenza perché l’Italia è una terra di passaggio per migranti e rifugiati che preferiscono Paesi con maggiori opportunità di inserimento.
 

Dalla radiografia della fondazione Ismu emerge piuttosto una stabilizzazione al ribasso dei cittadini con origini straniere, ma in Lombardia e soprattutto Milano il tasso di presenza e concentrazione resta il più alto. Un dato che da una parte si spiega attraverso l’impennata delle acquisizioni della cittadinanza raddoppiate rispetto al triennio precedente: oltre 55 mila in tutta la Lombardia di cui 16 mila a Milano nel 2022. Livia Ortensi, responsabile del settore statistica della Fondazione Ismu, osserva: “Tanti dati relativi alla crescita delle seconde o terze generazioni non sono tracciabili per via delle naturalizzazioni”. In cima alla classifica ci sono gli egiziani: 99 mila in tutta la Lombardia, di cui 65 mila concentrati a Milano come conseguenza del flusso storico delle migrazioni e dei ricongiungimenti familiari. Aggiunge  Ortensi: “Si tratta di una comunità che presenta un tasso di elevata integrazione ma anche di esclusione delle donne dal mercato dal lavoro e dalla vita sociale per quanto da molte ricerche fatte anche in passato è emerso che siano istruite”.
 

Altro dato significativo che impone diversi interrogativi è la parità di genere demografica: il 50,8 per cento dei cittadini stranieri sono donne (con un record a Varese dove raggiungono il 54 per cento). La statistica non aiuta però ad avere un quadro sociologico nitido perché tantissime sono arrivate grazie ai ricongiungimenti familiari, restano nell’ombra, spesso senza conoscere l’italiano, e quindi incapaci di emanciparsi dal contesto familiare. Così come è difficile scattare una fotografia del fenomeno sommerso dei matrimoni combinati o forzati.
 

Al netto della lieve diminuzione dalla presenza straniera, il rapporto Ismu sulle migrazioni 2023 registra una crescita nazionale degli studenti che nell’arco di 10 anni dovrebbero diventare un milione. E anche sui banchi di scuola emerge il record della Lombardia, dove sono più di 222mila i minori senza cittadinanza italiana: uno su quattro dei quasi 890 mila presenti in tutta Italia. Rispetto alle nuove e seconde generazioni, la percentuale maggiore dei minori si registra a Lodi dove vive il 26,7 per cento. A Milano i minorenni rappresentano il 21 per cento della popolazione straniera che include anche quelli con passaporto italiano. Quindi nessuna crescita, anzi, degli stranieri residenti in Italia ma una rilevante pressione demografica a Milano e in diverse province della Lombardia come Brescia (12,8 per cento) e Bergamo (10 per cento). Forse per l’ennesima volta dovremmo chiederci quali politiche adottare per favorire l’inclusione e ridurre le diseguaglianze per smussare la conflittualità innescata anche dalla mancata integrazione.  

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