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La “Ztl gold” di Milano e tutti i problemi di una città che non può muoversi 

Daniele Bonecchi

Scelte errate, compreso lo stop alle auto nel quadrilatero della moda, e dati poco confortanti: il ritratto della viabilità di una metropoli in affanno

Milano marcia a tutta birra verso la Ztl Gold. Stop alle auto nel quadrilatero della moda: “Si comincia con il centro centro, ma ci allargheremo”, spiega il sindaco Beppe Sala (che in prima battuta aveva dovuto precipitosamente smentire il “blocco a tutto il centro”. Le sciure di via della Spiga potranno inforcare la bicicletta senza avere tra i piedi quei terribili Suv dei giargiana in gita a Milano per gli acquisti. “Notizia interessante, vedremo come potrà funzionare – commenta Giorgio Goggi (assessore al Traffico ai tempi di Albertini) sui social – mi ricordo che, quando, da assessore, avevo accarezzato l’idea di pedonalizzare via Montenapoleone, la Signora Buccellati, pacatamente mi disse: ‘Pensa che chi acquista una collana di diamanti sia disposto ad andarsene a piedi portandola in tasca?’”. Non se ne feci più nulla, si lavorò in altri luoghi”. “Ora vediamo cosa succederà. Certo che i gioiellieri sono una delle eccellenze di Milano”, conclude sarcastico. 
Ma come ha anticipato il sindaco la stretta sulle auto nel centro città procede. Oltre ad aumentare il ticket di Area B fino a 7,5 euro (per ora poco o nessun frutto), saranno colpite anche la sosta, infatti nella cerchia dei Bastioni parcheggiare sarà consentito per sole due ore consecutive, tra le 8 e le 19 di tutti i giorni della settimana (attualmente si può sostare dalle 8 alle 24 senza limiti di tempo). Senza contare i parcheggi per le auto sacrificati a favore di piste ciclabili faraoniche e 300 mila metri quadri di cosiddetto verde pubblico (aree spartitraffico, triangoli di terra sotto le piante) un tempo utilizzati come parcheggi, concessi a centinaia di micro sponsor dal pollice verde, che per quanto micro fanno sempre cassa.


I dati diffusi da Palazzo Marino sull’indice di congestione del traffico non sono dei più confortanti: il tasso è ancora del 30 per cento e sono ancora circa 650 mila i transiti giornalieri attraverso Area B, con una lievissima flessione rispetto all’anno precedente (-1,3 per cento). Secondo il report globale INRIX, Milano è la 61° città più trafficata al mondo, nonostante, per popolazione e grandezza, si posizioni solo al 229° posto: uno squilibrio molto forte. E del resto, la risposta è molto semplice: l’area metropolitana ha una copertura di trasporto pubblico meno che mediocre. E arretrata. L’obiettivo di Sala è convincere o costringere i milanesi dell’area metropolitana a salire sui mezzi pubblici: ma quali? Non è così facile, soprattutto per chi deve raggiungere la città dall’hinterland. Giusto per fare un esempio: per la sedicesima volta consecutiva la tratta Milano-Abbiategrasso-Vigevano-Mortara-Alessandria si è confermata la maglia nera del trasporto ferroviario lombardo gestito da Trenord. I pendolari infatti riceveranno il bonus che scatta se l’indice di affidabilità su ritardi e soppressioni è superiore a 5 e determina così lo sconto del 30 per cento sull’abbonamento mensile del mese successivo. Magra consolazione. E non è l’unica linea da Nobel dei ritardi.
Certo Milano ha fatto molto per estendere la rete sotterranea della metropolitana, ma la città resta al di sotto dei sistemi in servizio nelle grandi metropoli europee: e non parliamo di megalopoli come Londra o Parigi, ma della parigrado Monaco. Se i tre milioni di abitanti della grande Milano – come auspica Sala – decideranno di salire ogni giorno sui mezzi pubblici, cosa succederà? A meno di trasformare Milano in una novella Ho Chi Minh ville (già Saigon), con tre milioni di biciclette in viaggio, saranno dolori per i due operatori Atm e Trenord. Già oggi Atm (sicuramente l’azienda più dinamica del settore) ha il fiatone. Vuoi per la carenza di autisti (lavorare e vivere a Milano non è da tutti), vuoi per risparmiare energia, le frequenze di tram, bus e metrò, fuori dalle ore di punta, si fanno desiderare. Atm trasporta ogni giorno oltre 450 mila persone, che nel pomeriggio tornano a casa (complessivamente circa 900 mila passaggi). Il servizio più efficiente è quello della metropolitana (oggi 5 linee) ma nel 2030 lo scenario potrebbe essere molto diverso grazie alla linea 6 (per ora solo un’idea) e ai prolungamenti delle altre. Nel 2050 tra metropolitane e metro tranvie la rete potrebbe superare i 260 km. Tra 25 anni. Trenord carica 400 mila passeggeri al giorno, naturalmente non si possono sommare a quelli di Atm. Ma possiamo azzardare la cifra di mezzo milione di persone al giorno sul sistema del Tpl nell’area milanese. Molti  altri sono costretti a utilizzare l’auto.

Poi ci sono le merci: un recentissimo studio di Assolombarda stima il volume destinato alla città in 1.850 tonnellate al giorno. Per un totale di 210 mila consegne. Le tonnellate diventano 2.500 se si calcola la grande Milano. E i veicoli commerciali in circolazione sarebbero circa 70 mila. Inutile ricordare che l’azienda più dinamica nelle consegne a domicilio è Amazon. Al punto che il gruppo planetario, per superare il problema del traffico ha ideato (per ora solo negli Usa) il servizio Prime Air, progettato per trasportare con i droni pacchi fino a cinque libbre (circa 2,26 kg). 
La mobilità di persone e merci è da sempre il problema di Milano, e non è in gioco solo la qualità dell’aria. Oggi l’intera città, fino agli estremi confini, è circondata da telecamere, pronte a far scattare un ticket o una multa. E se le magre casse del Comune possono guadagnarci “la città rischia di diventare un fortino” (ricorda Giorgio Goggi). “Cerchiamo di guardare avanti, al 2050 – spiega al Foglio il professor Sergio Savaresi, direttore del Dipartimento elettronica informazione e bioingegneria del Politecnico, esperto di mobilità –dobbiamo tendere a città con una mobilità leggera sommata a una mobilità pubblica arricchita dal car sharing. L’auto privata diventerà una nicchia molto costosa. La tendenza di lungo periodo di Milano è corretta ed è giusto che si ponga in un’ottica di best practices”.

Come al solito è bene guardare al lungo termine, poi c’è il problema sul come ci si arriva. “Non è detto che la sequenza delle cose che vengono fatte sia quella più efficace. C’è un problema di consecutio, quali sono le operazioni da sviluppare? Perché il rischio è di creare più problemi che altro, si toccano equilibri precari”. Il trasporto merci è l’altra spina nel fianco. “La chiamo amazzonizzazione della mobilità – conclude Savaresi – in netta crescita, che dovrebbe essere gestita in maniera coordinata però”. Lo sguardo si allunga verso la Città metropolitana, cuore della  megalopoli lombarda. E chi avesse perso ogni speranza sul suo futuro potrà ricredersi: come premio di consolazione infatti è nato il vademecum paritario, per l’utilizzo corretto e rispettoso delle parole nella pubblica amministrazione. Sdoganata la tranviera, mentre l’assessora è ancora senza portafoglio.
 

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