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Il disastro (parziale) sul Tribunale dei brevetti che nessuno vuole spiegare

Mariarosaria Marchesano

L’assegnazione della sede europea a Milano è stata presentata dal governo come una vittoria. Eppure resta aperto il nodo delle competenze e delle materie su cui potrà esprimersi. Una questione decisiva per capire se si tratta davvero di un successo

La disputa sul Tribunale europeo dei brevetti è uno di quei temi che tiene banco per qualche giorno, poi svanisce. Troppo tecnico per appassionare più a lungo i media, anche perché l’assegnazione a Milano di una sede del Tribunale, a prescindere dal suo peso reale, è stata presentata dal governo come una vittoria. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha seguito la trattativa in prima persona, ha detto che è stato il frutto di un negoziato di successo con le sedi concorrenti di Parigi e di Monaco. Difficile mettersi lì a capire questa storia delle competenze, suddivise con furbizia diabolica nelle denominazioni, perché se alla sede di Milano ne spettano alcune nel settore farmaceutico, che era il più ambito, a quella di Parigi ne spettano delle altre sempre nello stesso ambito. Insomma, sempre di contenziosi su brevetti farmaceutici si tratta. Peccato, però, che la capitale francese si occuperà della fetta più grossa. Ma sono distinzioni sul filo di lana, ci vuole troppo tempo per andare a fondo sulle differenze e spiegarlo sui social. 

Così, anche chi dalle opposizioni avrebbe potuto sollevare un caso politico non lo ha fatto. Partita troppo lontana da Roma, roba per tecnici. E per fortuna che ci sono i tecnici, che ci aiutano a capire come stanno le cose. Del resto, se il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada, ha sottolineato di recente che per esprimere un giudizio definitivo aspetta di capire “con esattezza quali competenze di fatto spetteranno alla sede milanese e da quando saranno operative”, vuol dire che ci sono questioni ancora in sospeso. Spada spiega che chimica e farmaceutica sono materie ritenute fondamentali dall’associazione lombarda degli imprenditori – perché poi alla fine è soprattutto alle aziende che tutta la vicenda interessa – e che senza queste materie “la sede perderebbe di importanza e funzionalità”. Ma perché questa precisazione a un mese e mezzo dall’annuncio? Che qualcosa non fosse andato per il verso giusto, e che Milano avesse avuto più un ruolo da comparsa che da protagonista nella trattativa europea, si è capito quando Marina Tavassi, già presidente della Corte di Appello di Milano e coordinatrice del tavolo tecnico per il Tub, si è lamentata ai microfoni di Class Cnbc di non essere stata ascoltata abbastanza dalla politica, anzi per la precisione ha detto di non essere stata ascoltata dal ministero degli Esteri al quale aveva inviato una solida documentazione volta a contestare in punta di diritto la distribuzione delle competenze tra Parigi, Monaco e Milano quando poi esistevano fondate ragioni nell’ambito dei trattati sottoscritti per destinare al capoluogo lombardo tutte le competenze che erano appartenute all’unica sede di Londra, chiusa per via della Brexit.

 

Insomma, per Tavassi alle “altissime competenze diplomatiche” messe in campo dal governo per negoziare in sede europea bisognava affiancare quelle giuridiche di chi sarebbe stato in grado di opporsi alla logica stessa della spartizione. Ma così non è stato, magari per una scelta politica precisa, e adesso resta da capire se serva davvero avere un Tub milanese depotenziato. Maria Balestrieri, avvocato, esperta di proprietà intellettuale e of counsel dello Studio legale Portolano Cavallo, spiega al Foglio che è comunque un fatto molto positivo che il capoluogo lombardo sia uno dei protagonisti di questo nuovo tribunaleUESTIONE, “nonostante resti ancora aperto il nodo delle competenze”.

 

Ma perché resta aperto? Il fatto è che sarà possibile fare una verifica di come sono state ripartite fra tre anni e, inoltre, c’è un anno di tempo per sollevare obiezioni sull’attuale assetto. “Le competenze assegnate a Milano sono minori rispetto a quelle originariamente previste per Londra”, spiega Balestrieri entrando nel dettaglio della complessa questione. In estrema sintesi, Milano seguirà i contenziosi che riguardano i brevetti del settore farmaceutico, ma solo di quelli che non hanno il cosiddetto certificato complementare di protezione (in genere sono considerati i più rilevanti) di cui si occuperà Parigi insieme con le stesse cause che riguarderanno il settore chimico e metallurgico che è andato a Monaco per la restante parte. “Questa spartizione, frutto di un compromesso politico, potrà determinare delle complessità nel funzionamento del sistema, in particolare nel settore farmaceutico dove uno stesso prodotto può essere protetto contemporaneamente da  brevetti  dotati di certificato e senza certificato”.
 

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