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Il futuro di Milano è “near working”. Buona idea del Comune (coi privati) 

Giovanni Seu

Un nuovo modello che prevede la possibilità di lavorare vicino alla propria abitazione, in un ufficio sempre comunale oppure privato. La città di Beppe Sala è stata la pirma in Italia a dotarsi di un piano per organizzare questa nuova modalità 

La diffusione impetuosa della pandemia ha rivoluzionato il mondo del lavoro costringendo le aziende, dov’era possibile, a uno smart working di massa. Non ha fatto eccezione il pubblico, nonostante l’iniziale contrarietà del sindaco Beppe Sala il Comune di Milano ha lasciato a casa, in lavoro a distanza, sino al 50 per cento dei dipendenti. Poi, superata la prima ondata di contagi, Palazzo Marino ha voluto disciplinare il lavoro agile per il periodo post Covid: lo scorso maggio è nato il Pola, il Piano organizzativo del Lavoro agile, che oltre allo smart working prevede un altro anglismo quasi simile, il near working. Si tratta di un nuovo modello che prevede la possibilità di lavorare vicino alla propria abitazione, in un ufficio sempre comunale oppure privato. Un’idea originale, la prima in Italia, come spiega al Foglio Cristina Tajani che è stata la promotrice del piano: “L’obiettivo è superare l’isolamento che porta a creare il lavoro da casa assicurando al tempo stesso un luogo che non richiede grandi spostamenti e consenta così un recupero del tempo personale. È stata fatta una mappatura delle sedi distaccate dal centro, come le biblioteche e i municipi, ai dipendenti è stata lasciata la possibilità di scegliere la sede più vantaggiosa situata tra la propria abitazione e l’ufficio in cui sono assegnati”.

 

L’operazione mette insieme alcuni cavalli di battaglia di questa amministrazione. In primo luogo è un tassello importante per quella città dei 15 minuti che resta l’obiettivo principale di Sala in questo secondo mandato, poi lo sviluppo dei coworking come antidoto al caro immobili in città e nuovo modello di lavoro fondato sulla contaminazione delle professioni. C’è infine la partnership pubblico-privato, un tema classico nelle politiche di queste città: “I dipendenti devono manifestare la loro volontà di scegliere questa modalità – continua l’ex assessore al lavoro –, poi gli vengono assegnati tutti gli strumenti per lavorare e anche la copertura assicurativa. Credo che il near working sia un’intuizione positiva e ricca di possibili sviluppi che va sostenuta, può essere uno strumento contro lo svuotamento e l’isolamento dei quartieri”.

 

Un ruolo determinante per la riuscita del piano è in capo ai privati. Assolombarda e il Comune di Milano hanno siglato lo scorso 2 dicembre lo Smart working community, il progetto per identificare e rendere disponibili spazi lavorativi di imprese da destinare al lavoro agile dei dipendenti dell’amministrazione comunale, coinvolgendo in un secondo momento anche i lavoratori delle aziende private. Le prime ad avviare la fase sperimentale del progetto sono Enel e Tim che hanno messo a disposizione dei dipendenti comunali alcune postazioni di lavoro prenotabili presso le loro sedi.
I numeri dicono che al momento siamo in fase d’avvio. Dopo l’estate circa un centinaio di dipendenti hanno dato l’assenso per trasferirsi in una delle 8 sedi comunali con 50 postazioni. Difficile sapere quanti sono poi coloro che stanno realmente lavorando in near working, in quanto, come fanno notare dal Comune, il Covid ha rivoluzionato gli assetti.

 

Stesso discorso vale per le due sedi private, dotate di 20 postazioni, alle quali tra poco si aggiungeranno quelle di A2A Smart City, Accenture, Atm, Cisco, Coima, Dassault Systèmes, Fastweb, Ibm, Siemens. Un bilancio, insomma, si potrà fare solo una volta raggiunta la normalità sanitaria ma la strada sembra tracciata: “In questo periodo – afferma l’assessore alle politiche per il Lavoro Alessia Cappello – abbiamo riorganizzato gli orari dei dipendenti, in linea con le indicazioni del Ministro della Pubblica Amministrazione, e dobbiamo fare fronte al Covid, per cui ogni ragionamento sui numeri dello smart working rischia di essere falsato. Considero il nearworking una grande opportunità, da portare avanti, che consente ai lavoratori comunali di confrontarsi e accrescere le proprie esperienze”.
 

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