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Beppe Sala scuote la Leopolda. Renzi: "È un leader nazionale"

Grande centro, ambiente e Colle nel discorso iper politico del sindaco di Milano, che dice dice basta alla politica orizzontale: "Superiamo i perimetri". Da Scalfarotto la proposta per superare la polemica sul ddl-Zan

“È la sua prima uscita qui da leader nazionale”. Matteo Renzi lancia così Beppe Sala sul palco. Applausi. Il sindaco di Milano, fresco di rielezione, non è al debutto qui alla Leopolda. Tuttavia la confusione sotto il cielo del grande centro è grande, e dunque la suggestione scuote l’ex scalo fiorentino. 

Certo, il sindaco prima di lasciare la kermesse di Italia viva nega qualsiasi ambizione extra meneghina. Ma il suo profilo - non solo quello di Instagram - piace a questa platea. A partire da Renzi.

Sala è il principe della quota “mini-Draghi”. Amministratori trasversali, prestati alla politica con un’importante carriera tecnica alle spalle. E dopo Sala infatti parla Marco Bucci, che è il primo cittadino di Genova, sempre in questo solco.

Ma è l’inquilino di Palazzo Marino a eccitare gli animi e a aprire una finestra sul futuro. Esordisce così: “Sono venuto qui per ringraziare, innanzitutto”. Italia viva infatti lo ha sostenuto con un listone riformista insieme a Carlo Calenda. E alla fine è entrata in giunta la renziana Alessia Cappello. Anche lei sta qui: “Beppe leader nazionale? Perché no? Anche se – spiega - manca ancora tempo e adesso diciamo che è abbastanza impegnato”.

Il sindaco di Milano dice che “bisogna dire basta a una lettura orizzontale della politica”.  Occorre pensare in verticale come i rinomati boschi? 

“I perimetri ormai sono più ampi, i giovani non pensano agli steccati che c’erano una volta”. E così appare di botto la chimera del grande centro in versione 2.0. “Ormai bisogna seguire i nuovi trend: i diritti, la giustizia sociale e l’ambientalismo che non è giardinaggio”. Sala è autonomo. E dice di non sentirsi di destra né di sinistra (alla vigilia del voto ha annunciato che sarebbe uscito dal Pd per guardare a una cosa verde e riformista). 

Insomma, la suggestione c’è. E Sala si diverte ad alimentarla parlando anche del futuro capo dello Stato.  “Serve un uomo dall’alto profilo morale che sia autorevole anche come capo del Csm, che rappresenti il paese unendolo senza dividerlo”. Habemus frontman centrista? E’ tutto molto prematuro, ma il sindaco di Milano alla fine si concederà ancora a telecamere e taccuini – d’accordo con l’organizzazione – in sala stampa. Per smorzare, rilanciare, far cadere frasi, lasciare dubbi. Chissà.

Il terzetto delle fasce tricolori si chiude con Dario Nardella, che sta qui in quota benvenuti a Firenze. E’ un punto di riferimento nel Pd, ieri ha presentato il libro di Luigi Di Maio a Sesto fiorentino e oggi è alla Leopolda, nel giorno del suo compleanno. “Il Quirinale? Non chiedete a me, io penso alla tramvia”.  

Sala lascia esce dalla Leopolda e c’è una nebbia un po’ milanese che lo attende di fuori. Dentro si continua a intervenire in questa “Radio renzi” a oltranza. Sul palco sale anche Emilio Carelli, pezzo pregiato del M5s alle politiche del 2018, e ora nel gruppo di Coraggio Italia (quella di Brugnaro & Toti).

C’è spazio per i diritti. E lo apre Ivan Scalfarotto. Si tenta di chiudere la polemica sul ddl-Zan. “Siamo pronti a firmare un emendamento che estenda la legge Mancino ai reati di omofobia, transfobia e abilismo. Chi non ci sta sarà un profeta del bla-bla-bla” . 

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