Foto Claudio Furlan /Lapresse

GranMilano

Romanzo di periferia

Paola Bulbarelli

Una storia di adolescenza nell’estate del 1989 racconta anche come cambiò la città

Questo è il terzo, e due su tre sono ambientati a Milano. Fabio Guarnaccia ha scritto libri che sullo sfondo hanno determinate parti della città. Il primo, “Una specie di paradiso”, è ambientato in zona di Porta Venezia, al Lazzaretto “dove va in scena una sorta di guerra di religione che scoppia nel quartiere in seguito al furto di una icona, una Madonna piangente della chiesa ortodossa in via San Gregorio”, racconta. Ben diverso dall’ultimo romanzo, “Mentre tutto cambia” che vede come scenario la periferia nord, quella di Precotto, Gorla, Greco, Crescenzago e la storia di quattro adolescenti. Se il primo romanzo ha un tono umoristico, il secondo non lo è per niente. Guarnaccia è direttore della rivista culturale Link - Idee per la televisione, perché “solo a scrivere di narrativa non ci si campa”. Ambientato nella periferia di fine anni ’80, di preciso nell’estate 1989, “Mentre tutto cambia” (Manni Editori), parla del passato e non dell’oggi. Cambia qualcosa nella vita dei protagonisti, quattro ragazzini che si ritrovano a riempire le lunghe giornate noiose di quella estate trascorsa in un campo di periferia, dove incappano nel corpo di un ragazzo morto di overdose. Non è un giallo, è un libro di atmosfere, sentimenti ed emozioni tipici dell’adolescenza”.

 

La voce narrante è uno dei ragazzi, Velardi detto Vela, che una volta diventato adulto ritorna con la memoria a quella estate così particolare e fa i conti con quello che è successo. “Il Vela, il Best, Ivan, Paolino si trovano a vivere un’esperienza molto forte. Il ritrovamento avviene all’inizio del romanzo e tutto gira intorno al peso di questo corpo che occultano per la paura di perdere il posto dove loro si ritrovano”. Quel campo, oggi, è attorniato da edifici residenziali ed è diventato un giardino per bambini. “C’è ancora una chiesetta del ’400 che era l’oratorio di un cimitero perché lì, fino al 1969, si trovava il cimitero di Precotto e Gorla. Nel 1969 sono stati estumulati i corpi dalla terra e negli anni 80 era diventato un luogo dove venivano accumulati detriti, rifiuti di attività edile, elettrodomestici abbandonati. Tutto al confine con la scuola”. In quegli anni la periferia tra Greco e Lambrate si riempì di grandi spazi dimenticati in seguito alla chiusura delle fabbriche e il quartiere, un tempo borgo contadino, fu in parte trasformato in una discarica abusiva.

 

Ora quel campo è diventato parco per i bambini, un luogo idilliaco. “L’esatto contrario di quello che racconta Celentano nella via Gluck, dove c’era l’erba… Un tempo le zone periferiche si trasformavano da verdi a industriali mentre lì l’espansione del terziario e la fine dell’èra industriale ha portato un profondo cambiamento, è diventato un quartiere residenziale”. Ma i vari passaggi non sono stati così semplici, anzi. “Quelle fabbriche dismesse, diventavano degli enormi capannoni vuoti dove trovavano riparo senza tetto, i primi migranti ma anche tanti tossici perché in quegli anni solo a Milano morivano circa duecento persone all’anno di overdose e molti in quella zona venivano trovati per caso nei campi o nelle industrie abbandonate. Lo spunto del libro nasce dal fatto che nel posto che io frequentavo insieme ai miei amici; dietro alla mia vecchia scuola era stato veramente trovato il corpo di un ragazzo senza vita”.

 

Erano anni in cui cambiava il quartiere, cambiava la città, cambiava anche il mondo: "Era l’anno del crollo del Muro di Berlino". Cambiamenti profondi che arrivano ovunque. Quello che allora molti chiamavano riflusso, in politica, o speculazione del terziario, in economia, è stata in realtà la grande, a volte anche burrascosa o traumatica, terza trasformazione di Milano dal Dopoguerra. “La città, soprattutto in periferia è molto cambiata e in certi casi in meglio. Vivo a Gorla e tutta la zona tra viale Monza e via Padova, ribattezzata NoLo, è un simbolo di rinascita e per certi versi di recupero, c’è una forte presenza d’immigrazione ma anche le persone che fanno parte della classe creativa e abitanti di lunga data, il risultato è una vivibilità con una sua armonia. Milano si è trasformata moltissimo diventando la città internazionale che ambiva a diventare. Per contro, quella Milano che ho vissuto da ragazzino, non esiste più. Nei quartieri c’era molto più tessuto sociale, oggi c’è meno identità di zona e tutto è proiettato in un’ottica metropolitana”.

 

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