Luca Bizzarri è di Genova, come Beppe Grillo e Maurizio Crozza. Gli hanno chiesto di candidarsi a sindaco, ma lui al momento non saprebbe “neanche alla lontana da dove cominciare”

Dove non c'è Crozza c'è Bizzarri

Marianna Rizzini
Prendendo le cose alla rovescia, e cioè partendo dalla fine – fine dell’intervista a Luca Bizzarri, comico, attore, ex Iena, ex co-conduttore di Sanremo, sempiterna metà del duo “Luca&Paolo” e internauta inviso alla “pancia del web” per via delle sue uscite politicamente non in linea con il pensiero unico internettiano.

Prendendo le cose alla rovescia, e cioè partendo dalla fine – fine dell’intervista a Luca Bizzarri, comico, attore, ex Iena, ex co-conduttore di Sanremo, sempiterna metà del duo “Luca&Paolo” e internauta inviso alla “pancia del web” per via delle sue uscite politicamente non in linea con il pensiero unico internettiano  – il colmo è sentire Bizzarri raccontare di quando una volta, tanti anni fa, si ritrovò in vacanza con Beppe Grillo e Maurizio Crozza, illustri colleghi comici non invisi alla pancia del web (in quell’occasione, i tre risero e basta). E oggi chissà come sarebbe, si pensa, con Grillo che vuole tornare a fare solo il comico ma non può, essendo al vertice del movimento politico che del pensiero unico della rete più indignata ha fatto il suo programma, e con Crozza che in tv dice cose che piacciono a gente cui sicuramente fa spavento quello che Bizzarri scrive sui social network. E a questo punto tocca ricordare che Bizzarri si è astenuto al referendum sulle trivelle – e mal gliene incolse, internettianamente parlando, ché l’insulto della Rete puntuale è arrivato quando Bizzarri ha postato le seguenti parole su Facebook: “Io ci ho provato a stare zitto. Ho resistito a tutto. Al ‘chi non è andato a votare è complice dei petrolieri’. Al ‘chi non è andato a votare è nemico dell’ambiente’. Poi ho sentito ‘chi non è andato a votare è come chi si è astenuto davanti al fascismo’. Ecco, lì si è alzato forte il mio ‘fatevi curare’”.

 

E non era l’unico post sul tema: nel day after del flop referendario, Bizzarri se n’è uscito con una piccola summa di argomenti di sicuro impatto urticante sul mainstream webistico: “Sto vivendo un periodo orribile, ma in parte è colpa mia. Pochi giorni fa mangiando un salame ho distrutto il pianeta in cui vivo e partecipato all’olocausto, dopodiché pensavo di rilassarmi guardando ‘Ciao Darwin’ e stupidamente ho distrutto la cultura e tolto ogni speranza a chi vorrebbe riportarla in televisione, poi domenica non me la sono sentita di andare a votare e con la mia ignavia ho rotto un tubo sul Polcevera e sparso petrolio nel torrente. Ora io vi chiedo scusa, cercherò in qualche modo di rimediare ed essere una persona migliore. Giuro”. Era infatti accaduto che Bizzarri, vedendo la reazione della rete all’intemerata antivegana e antianimalista di Giuseppe Cruciani, voce politicamente scorretta de “La Zanzara” su Radio 24 e protagonista della campagna pasquale contro gli integralisti del cibo al di sopra di ogni (surreale) immoralità, aveva diffuso una foto dello scandalo (Bizzarri in primo piano abbracciato a un salame), corredata di nota esplicativa: “Solidarietà al compagno Cruciani dopo la barbara aggressione fascista #liberosalameinliberostato”. Risultato: la foto era stata rimossa da Facebook, e Bizzarri c’era andato giù ancora più duro: “Cose che ho imparato. Su Facebook puoi: mandare a cagare, dare del coglione, fotografarti il culo, provarci con le ragazzine, provarci con i ragazzini, fotografarti le tette senza i capezzoli, negare l’Olocausto, dare del ciccione, dire che però Mussolini, minacciare di morte, bullizzare i compagni che poi si lanciano dalla finestra, dire che però ’sti zingari…, recuperare Stalin, tritare le palle a sconosciuti, offendere la preside, sputtanare l’ex, condividere simpatie naziste, invadere il Brasile… ma se pubblichi una foto con un salame in braccio te la tolgono perché ‘non rispetta gli standard della comunità’”.

 

E siccome Bizzarri, abbastanza convinto di non voler rientrare nella categoria di comici “che accarezzano le idiosincrasie della pancia del web”, si è anche espresso, su qualsiasi tema, contro il pensiero-base da piazza del vaffa o da consesso di autonominati difensori generici della democrazia, la domanda sorge spontanea: ma perché non ti butti in politica? Si apprende così che gliel’hanno già chiesto, a Bizzarri, in quel di Genova, di buttarsi in politica e precisamente di candidarsi a sindaco, anche per via dei suoi post critici sull’attuale e passata amministrazione. E però Bizzarri – che nel 2013, dice, si è fatto “chilometri sotto la neve da Milano a Camogli per andare a votare ‘Fare per fermare il declino’ del bravo underdog allora sotto polemica Oscar Giannino” – ha i tempi tragici di uno che iniziato la carriera in teatro recitando William Shakespeare e “reggendo l’alabarda a uno dei protagonisti dell’Amleto”, e dunque il sindaco lo farebbe “forse a settant’anni, forse a ottanta”, ma al momento non saprebbe “neanche alla lontana da dove cominciare” e sentirebbe anche un po’ il peso “dell’ignoranza abissale” di chi mai ha avuto incarichi in un Consiglio comunale (anche se la cosa non rappresenta un problema, evidentemente, per l’elettore sedotto dal mito della politica dal basso o democrazia diretta degli “uno vale uno” che dir si voglia). E se si prova a immarginarselo per un attimo, Bizzarri, pur nella totale irrealtà dell’ipotesi, in comizio contro Grillo se non contro Crozza (c’è infatti chi vede un futuro politico pure per Crozza), non si riesce a prevedere con chiarezza l’epilogo: finirebbe a risate come quando si incontrarono durante la suddetta vacanza, in sereno disimpegno, in giorni in cui il Movimento cinque stelle di Grillo o le gag di estrema serietà programmatica di Crozza erano di là da venire o finirebbe in rissa tra fan dei tre comici usciti in massa dal web come dallo schermo in un film di Woody Allen?

 

Intanto però Bizzarri, sui social network, fa arrabbiare un internauta al giorno, tanto più che non ha mai nascosto di aver gradito l’intervista di Bruno Vespa al figlio di Riina (“Io credo che Vespa abbia fatto un’ottima intervista, ricordando a Riina jr. che suo padre era e resta un assassino…”, ha scritto) e che, in qualsiasi città in cui abbia la ventura di soggiornare, non riesca a trattenersi dal postare commenti liberal-liberista sui tassisti che potrebbero anche “non lamentarsi visto che sono gli unici a cui non hanno toccato le licenze”. Lui ne sa qualcosa, dice, perché oltre a fare l’attore e il comico fa anche l’imprenditore (ha un locale), e dopo sei mesi che aveva pagato per avere una licenza ha scoperto che le licenze erano state liberalizzate e la sua era carta straccia, eppure non ha mai pensato di “scendere in piazza”.  E un paio di settimane fa, quando è stato a Dubai, città che voleva vedere “per curiosità e comunque prima di morire”, Bizzarri ha scritto su Facebook il seguente commento, capace di far molto indispettire i conducenti di taxi genovesi: “Due giorni a Dubai e ho capito che… tutto sembra (è) finto. Se sei una bella signorina ti rompono le palle più che a Roma. Il mare è bello, ma non so se ci vivrei. Fa caldissimo fuori, ma appena metti piede dentro ci sono tre gradi. Se hai le Asics non ti fanno entrare in dei posti pieni di buzzurri, ma il 90 per cento dei posti è pieno di buzzurri. Il vino costa più che a Genova. Il cibo costa più che a Genova. L’albergo costa più che a Genova. La coca cola costa più che a Genova. L’acqua costa più che a Genova. I vestiti costano più che a Genova. Le ciabatte costano più che a Genova. I taxi costano meno che a Genova” (gliene hanno dette di tutti i colori per questo). Insulto dopo insulto, dice il comico, “il divertente è vedere che alla fine gli insultanti, se ti ci metti con calma a discutere, e io lo faccio di solito durante i viaggi in treno Milano-Roma, si ammorbidiscono: iniziano con ‘vaffanculo sei un coglione’, ma se poi li porti a ragionare trovi dei punti in comune con loro, e alla fine ti dicono pure ‘beh, ma forse sono stato un po’ cafone’ e ti chiedono l’amicizia su Facebook”.

 



 

Non ha nemici fissi, Bizzarri (“riesco a farmi odiare da diversi tipi di persone”), ma capita che qualcuno reagisca male perché “non ha capito la battuta o per voce mal riportata, come è successo una volta con Maurizio Gasparri sui Marò, con Gasparri che pensava che Bizzarri avesse insultato i Marò (Bizzarri invece aveva fatto una battuta su quelli che dicono ‘aiutiamo i Marò, aiutiamo i Marò’ e poi non fanno nulla per anni)”. Poi ci sono quelli che insorgono al grido di “sessismo!” – notte dell’ironia e dell’autoironia: capitò che, in morte di Virna Lisi, Bizzarri lanciasse sul web la frase “addio a una figa spettacolare”, e che la reazione del web non si facesse attendere (“insensibile!”; “cafone!”; “cinquant’anni di carriera e per te era solo ‘una figa spettacolare’. Mortacci tua che schifo”). Bizzarri aveva risposto con un “siete moralisti sì, ma tranquilli, solo a parole”, ma poi aveva ricevuto una telefonata di un amico di Virna Lisi, secondo il quale quella era una frase che l’attrice, di certo più spiritosa dei suoi paladini sui social network, avrebbe accolto come un simpatico omaggio.

 

Fatto sta che, a quarantaquattro anni, e dopo vent’anni di carriera di attore, comico e a questo punto anche polemista online, Bizzarri ha giorni telematicamente complicati: se decide di non fare una battuta su Matteo Salvini, pensando “beh oggi su questo tema non ha detto una cosa così grave”, può ritrovarsi comunque con orde di salviniani scatenati per riflesso condizionato a difesa del loro beniamino, anche se Bizzarri ha scritto soltanto “oggi Salvini non ha detto nulla di grave”. E Matteo Renzi? Dice Bizzarri che “Renzi non si offende, però chiama. Una volta, al Sanremo condotto da Carlo Conti, ho detto una frase tipo: ‘In questo periodo va di lusso ai toscani che sparano cazzate in tv’, e Renzi mi telefonò dicendo che le sparava anche a casa”.

 

Tre anni prima, invece, Luca&Paolo (Kessisoglu, altra metà del duo da tempi immemorabili) erano stati ingaggiati come co-conduttori e comici per il Sanremo 2011 e avevano inventato la canzone “Ti sputtanerò”, sulla falsariga del “Ti supererò” cantato da Morandi con Barbara Cola in “In amore”. Nessuno degli interessati si fece sentire, anche se il testo rimandava ai battibecchi Fini-Berlusconi (il ritornello-duetto suonava più o meno così: “Ti sputtanerò / con certi filmini / che darò alla Boccassini / dove ci sei tu… Ti sputtanerò / sarà un po’ il mio tarlo / con la casa a Montecarlo / dei parenti tuoi / mogli e buoi / tutti tuoi…”). In quell’occasione, e per una volta, il web fu amico (le apparizioni a Sanremo del duo erano state salutate anche su internet come “le uniche cose che facevano ridere del festival”). Bizzarri però, preso dal panico pre-debutto, oltre a ripetersi per sdrammatizzare il mantra “volevo essere Eros Pagni e invece presento il Festival di Sanremo”, si era reso “insopportabile” al telefono con gli amici (il web invece tornò nemico quando accolse positivamente l’assoluzione di Berlusconi al grido goliardico-garantista di “un grande giorno, per noi che ci piacciono giovani”).

 



 

Tutto il resto è storia (di Bizzarri): gli inizi neanche ventenne con la scuola di teatro classico, il teatro dialettale, i primi lavori con lo Stabile, il gruppo di attori off-off (i “Cavalli marci”), l’incontro con il pigmalione televisivo Gregorio Paolini e con quello cinematografico Lucio Pellegrini, e soprattutto la consapevolezza che il sodalizio con Paolo stesse diventando indissolubile (“Ma litigate spesso?”, gli si chiede. Risposta: “No, più che altro a volte ci ignoriamo, essendo costretti a frequentarci come tutte le coppie. In generale però ogni volta che ci vediamo troviamo qualche ragione per continuare a fare gli scemi, cosa che ci tiene vivi. Anche perché in alcuni campi, e il nostro è uno di questi, la maturazione è deleteria: se diventi un uomo, non hai più voglia di metterti in mutande davanti alla gente per farla ridere”). Quando poi è arrivato l’ingaggio per Mediaset, Bizzarri, che è figlio di un appuntato dei carabinieri, ha pensato che “non si ponesse neppure la scelta tra paga base dell’attore teatrale e paga di uno che partecipava a un programma televisivo”. Solo che all’inizio pensava fossero due lavori completamente diversi, “invece si tratta pur sempre di andare su un palco a far finta di essere qualcuno che non sei”.

 

Dal padre carabiniere deve venire pure l’avversione per vegani e fanatici del chilometro zero: “Papà, che è vissuto in un paesino dell’Appennino tosco-emiliano, mi ha insegnato a odiare tutte le cose integrali, perché quando era bambino mangiava solo polenta nera, e oggi non sopporta neanche la vista dello zucchero di canna”. Berlusconi, invece, Bizzarri l’ha sentito soltanto una volta al telefono in vent’anni di carriera a Mediaset, ma quella volta è stata indimenticabile: “L’esordio è stato: ‘Il mio nome è Silvio Berlusconi’. Poi: ‘Scusami Luca, ma sono appena uscito dal dottore. Mi sono fatto visitare e gli ho detto: senta dottore, tutte le volte che faccio l’amore con una donna sento dei fischi nelle orecchie. E il dottore ha risposto: ‘Ma alla sua età che cosa vuol sentire? Gli applausi?’. Cioè lui, Berlusconi, la prima volta che si è fatto sentire mi ha raccontato dal nulla una delle sue barzellette”.

 

Ai tempi degli esami per entrare alla scuola di teatro, invece, Bizzarri aveva fatto un fioretto: “Se mi prendono, vado tutte le sere a vedere lo spettacolo di Giorgio Gaber”. Detto e fatto. All’ultima replica, la custode, a sorpresa, gli aveva detto che “il signor Gaber” lo aspettava in camerino. L’incontro fu spettacolare: “Gaber fumava una Marlboro dietro l’altra. Io allora fumacchiavo soltanto, solo che siccome lui continuava a fumare e a offrirmi sigarette, alla fine ne avrò fumate venti anch’io. Mi girava la testa, ma ricordo che Gaber mi disse una cosa che poi mi servì: ‘Non aspettare che ti chiamino i registi. Se hai qualcosa da dire, scrivitela e mettila in scena nelle pizzerie’. E io, con Paolo, ho seguito il consiglio”.

 

Antefatto: Bizzarri è a Roma per girare “Immaturi, la serie”. E’ il giorno successivo alla defenestrazione di Guido Bertolaso dalla poltrona di candidato sindaco del centrodestra, e Bizzarri alloggia in un hotel appena aperto in zona Termini. Ma il tassista – un tassista del tipo che Bizzarri punzecchierebbe su Facebook e a cui sicuramente direbbe (perché anche fuori dai social network ha la fissa dell’italiano) “non si dice ‘a via Cavour’ ma ‘in via Cavour’” – non ha idea di dove si trovi l’edificio e consiglia al cronista di proseguire a piedi (viene voglia di farsi scrivere un post antipatizzante da Bizzarri). Trovato finalmente hotel e comico, si apprende che la sera prima, all’arrivo, il comico ha visto “la città violentata da facce, però almeno prima erano facce di gente che si candidava a sindaco, da ieri invece sono anche facce di gente a caso: Bertolaso da oggi è cittadino comune. Strana sensazione, dev’essere: Roma piena di tue gigantografie con la tua faccia da candidato, e tu non lo sei più – nello spazio di un mattino”. (Sarà per questo che lui, Bizzarri, per tentare anche soltanto per ridere la corsa a sindaco di Genova, vuole aspettare almeno trenta o quarant’anni).

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.