Il direttore del museo di Hoorn, Ad Geerdink, con gli investigatori Arthur Brand (al centro) e Alex Omhoff (a destra) durante una conferenza stampa del dicembre 2015

Il mistero dei quadri rubati che spaventa Kiev e l'Ue

Luca Gambardella
Ricompaiono in Ucraina decine di tele sottratte in Olanda nel 2005. Una storia di spie, poliziotti corrotti e oligarchi. In gioco c'è l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Un reportage

(Hoorn, Olanda). Kiev, un giorno imprecisato del 2007. Una squadra speciale del Gubop, il dipartimento del ministero dell’Interno ucraino specializzato nella lotta al crimine organizzato, fa irruzione in un appartamento della città. L’operazione rientra in un’ordinaria indagine su un traffico illecito di droga e armi e il blitz è stato pianificato da un membro della squadra, Ivan Klimenko. Ivan ha da sempre aspirato a qualcosa di meglio, a un salto di qualità. Negli ultimi mesi ha chiesto più volte di essere assegnato a un dipartimento dell’Sbu, i servizi segreti ucraini, ma la sua candidatura è stata sempre respinta. L’agente Klimenko si è quasi rassegnato a passare il resto della sua carriera nei corpi di polizia. Quella sera, Ivan partecipa alla perquisizione.

 

L’appartamento è di proprietà di un uomo d’affari legato all’oligarchia ucraina. Mentre cercano armi o droga, gli uomini della squadra speciale ritrovano qualcosa di inaspettato: decine di dipinti, arrotolati e conservati in cilindri di cartone. Klimenko li osserva e ha un’illuminazione: quelle tele potrebbero rappresentare la svolta per la sua carriera. Potrebbero, insomma, diventare merce di scambio per ottenere quel trasferimento che chiede ormai da tempo. Gli agenti non ci pensano su troppo, poco importa di chi siano i quadri, e decidono di spartirseli per rivenderli e ricavarne una buona somma. Nell’Ucraina di quegli anni, retta da sistemi di potere chiusi, da entourage ristretti e corrotti, dove gli apparati statali sono legati a stretto giro a quelli degli oligarchi, il confine tra giustizia e criminalità è labile. Polizia e servizi segreti non fanno eccezione. Di certo, gli agenti non potevano immaginare che nel giro di pochi anni l’Ucraina sarebbe diventata terreno di confronto tra occidente e Russia, che sarebbe scoppiata una guerra nella regione orientale, che il regime al governo sarebbe caduto, soppiantato da una nuova classe politica che si professa più liberale. Non possono saperlo, gli agenti della squadra speciale, ma quegli eventi di portata storica per il loro paese finiranno per cambiare anche le loro vite. Anche quella di Ivan. Saranno costretti a prendere strade diverse, portandosi dietro quei dipinti, di cui ignorano la provenienza. A loro insaputa, hanno appena preso parte a uno dei capitoli decisivi di una vicenda ben più complessa, che supera i confini nazionali.

 

Quello che i poliziotti ignoravano è che quelle tele erano state rubate qualche anno prima dal museo di una piccola cittadina olandese e da allora erano considerate perdute per sempre. Prima di ricomparire all’improvviso a Kiev. Attorno a quei dipinti ha preso forma una crisi diplomatica tra Olanda e Ucraina di grande impatto mediatico, che mette a rischio anche la strategia di allargamento dell’Unione europea a est. Il 6 aprile, gli olandesi voteranno un referendum per dare il via libera all’accordo di associazione dell’Ucraina all’Ue. La vicenda del volo Malaysia Airlines MH17, abbattuto nell’Ucraina orientale nel luglio di due anni con a bordo 298 passeggeri tra cui 196 cittadini olandesi, così come quella dei quadri rubati, che secondo gli inquirenti di Amsterdam sarebbero ora nelle mani dei servizi segreti ucraini, rischiano però di spingere l’opinione pubblica dei Paesi Bassi a votare contro. “Se prevalesse il ‘no’ sarebbe un’enorme sconfitta politica per l’Ue”, ha commentato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Per capire come sia possibile che un furto di quadri possa avere effetti politici di una tale portata occorre rispondere a due domande: come erano finite quelle tele in un appartamento di Kiev? E soprattutto, chi le conserva adesso?

 

 

 

 

Borys

 

Gli interpreti di questa storia sono ladri comuni, oligarchi, politici, poliziotti corrotti e servizi segreti. Uno di questi protagonisti si presenta il 4 agosto 2015 all’ambasciata olandese a Kiev. E’ un omaccione robusto, avrà poco più di 40 anni. Gli occhi piccoli e chiari, leggermente storti, scavati in un volto largo, circondato da una barbetta biondiccia, gli danno un aspetto burbero. E’ passato un anno dall’insediamento del nuovo presidente post rivoluzionario Petro Poroshenko mentre la regione orientale della Crimea si è autoproclamata indipendente con il sostegno della Russia. Nel Donbass, le milizie di Kiev e quelle filorusse continuano a combattere. Il sentimento nazionalistico ucraino, talvolta lambito da una nostalgica ispirazione filo nazista, anima diverse milizie che sostengono il governo e che combattono contro i secessionisti.

 


Borys Humenyuk ai tempi del suo comando del battaglione Oun, in Crimea


 

L’uomo che sta entrando in una porta laterale dell’ambasciata olandese a Kiev è stato il comandante di una di queste. Chi lo conosce lo descrive come un personaggio poco raccomandabile. Si chiama Borys Humenyuk ed è stato per alcuni anni il comandante di una milizia filogovernativa e neonazista che si fa chiamare Organizzazione dei nazionalisti ucraini, meglio nota come Oun. Ha un appuntamento con un investigatore privato olandese, Arthur Brand. Devono discutere di quei quadri rubati una decina di anni prima perché Borys dice di sapere dove si trovano: nel Donbass, nella villa di un membro dell’entourage dell’ex presidente filorusso, Viktor Yanukovich, fuggito a febbraio in Russia dopo le rivolte di Maidan. A consigliargli di rivolgersi all’ambasciata sono stati alcuni politici di sua conoscenza. L’ex comandante della milizia è disposto a collaborare ma chi lo manda, dice Borys, chiede in cambio 50 milioni di euro. Brand è un investigatore specializzato in opere d’arte rubate ed è stato inviato a Kiev dal museo da cui sono spariti i quadri. Ha studiato i dipinti e dice a Humenyuk che il loro valore attuale non supera gli 1,3 milioni di euro e i danni causati da un decennio di maltrattamenti hanno fatto scendere il loro valore a circa 500 mila euro. Di solito, a chi ritrova oggetti d’arte spetta il 10 per cento: per cui Brand non può promettergli più di 50 mila euro. Borys mantiene la calma nonostante la cifra sia lontanissima dalle richieste iniziali. Risponde che riferirà a chi detiene i quadri. “Ma vi avverto che non credo di riuscire a convincere chi mi ha mandato qui”. Da quel giorno, Borys scompare. Gli olandesi cercano di riallacciare i contatti con lui, vogliono sapere per conto di chi si è presentato a trattare. Ma da allora lui si rifiuta di parlare di quelle tele e si schermisce davanti ai giornalisti: “In ambasciata mi avevano definito un eroe per l’Olanda. Volevo solo aiutarli e non ho mai chiesto soldi. Ora però non voglio più parlare di questa vicenda”.

 

 

“Hilarion2011”

 

Hoorn è una piccola cittadina dell’Olanda, a una sessantina di chilometri a nord di Amsterdam, dove la costa che si affaccia su un bacino artificiale che sfocia sul mare del Nord compie una insenatura e curva su se stessa. Una fila di isole che guarda il mare aperto protegge il porto del paese. Grazie alla sua posizione ideale per l’approdo, nel XVII secolo quel bacino divenne una fonte di ricchezza unica per i navigatori della corona olandese e diventò la culla della cosiddetta “età dell’oro” dei Paesi Bassi. A Hoorn fu basata una delle sei Camere della Compagnia olandese delle Indie orientali, cioè uno dei porti principali da cui salpavano i galeoni diretti verso le colonie. Willem Schouten, uno dei più importanti navigatori di tutti i tempi che ebbe i natali proprio qui, decise di omaggiare il proprio paese di nascita prestandone il nome alla sua scoperta più sensazionale, quella della punta più meridionale del Sudamerica, che Schouten battezzò appunto capo Hoorn.

 


Arthur Brand mostra una foto di uno dei quadri rubati inviata al museo di Hoorn con la richiesta di un riscatto da 50 milioni di euro. Fonte: Hromadske.tv


 

“Vede, questa storia è… incredibile”. Ad Geerdink è il direttore del museo Westfriesen di Hoorn e riceve il Foglio nel suo studio. “Voglio dire, il fatto che un piccolo museo come il nostro sia finito in una contesa di proporzioni simili fra il nostro paese e l’Ucraina”. Geerdink ricostruisce il furto di oltre dieci anni prima, la notte del 9 gennaio 2005. “Qualcuno si è nascosto sotto un sarcofago esposto nel museo e si è fatto chiudere all’interno dopo la chiusura serale. Nella notte è riuscito a disattivare il sistema d’allarme e ha aperto l’ingresso ad alcuni complici. Hanno portato via di tutto: argenteria, porcellane e decine di quadri. Ventuno tele per la precisione, opere di pittori locali ma di grande importanza storica e artistica, dipinte tra il XVII e il XX secolo. Al di là di quello economico, il valore artistico e storico dei dipinti sottratti è impagabile”. I quadri sembrano svaniti nel nulla fino al 2014, quando una delle tele rubate compare su un forum online russo, dove gli utenti si scambiano informazioni su opere d’arte. Uno di loro si fa chiamare “Hilarion2011” e posta la foto di un dipinto, “Rebecca ed Eliezer” di Jan Linsen, datato 1629. Hilarion chiede informazioni sull’autore e, soprattutto, sul possibile valore. Un altro utente gli risponde che il dipinto di cui parla è rubato e a quel punto Hilarion, smascherato, scompare dal forum. 

 

“Qualcuno sta cercando di vendere i quadri sul mercato nero, su internet”, spiega il direttore. Il giornale ucraino Vesti ha scoperto di recente che alcuni dei dipinti sono stati proposti su aste chiuse anche in Italia. “Ma è difficile che qualcuno sia disposto a comprarli non appena scopre che si tratta di opere rubate”.

 

 

“Il calciatore”

 

Il furto diventa un caso diplomatico e dallo scorso dicembre finisce di frequente sui giornali dei due paesi. Uno di questi è l’olandese De Volkskrant, che all’inizio del 2016 cita fonti dei servizi segreti ucraini per ricostruire alcuni degli aspetti oscuri della vicenda. Il furto dei quadri sottratti nel 2005, riferisce il quotidiano, fu commissionato da un uomo d’affari di nome Vladimir Polubotka, presidente di una squadra di calcio del Donbass, l’Alchevsk. Polubotka aveva già avuto guai con la giustizia. Soprannominato “Il calciatore”, è sospettato di aver finanziato i combattenti filorussi nelle regioni orientali. Secondo le fonti citate dal giornale, l’appartamento in cui la squadra speciale del Gubop aveva fatto irruzione qualche anno prima e aveva rinvenuto i quadri apparteneva a Polubotka.

 

Dopo quel blitz, l’agente Klimenko non è riuscito nel suo piano, anzi, l’ex agente del Gubop passa gli ultimi anni prestando servizio nella polizia dei trasporti. Gli attivisti di piazza Maidan intanto minacciano epurazioni all’interno delle forze di sicurezza e così Klimenko decide di fuggire da Kiev e di spostarsi nel Donbass, a Luhansk, dove si sono già ritirati diversi membri dell’entourage dell’ex presidente Yanukovich, portando con sé alcuni quadri. “Invece di restituirci le opere o di informare l’Interpol, i servizi segreti ucraini se le sono tenute e hanno provato a rivenderle”, spiega al Foglio Geerdink.

 


Igor Klimenko, l'agente del Gubop


 

L’emittente ucraina Hromadske, con un’inchiesta molto approfondita basata su fonti dei servizi segreti, ha appurato che in qualche modo Klimenko e altri membri di quella squadra del Gubop ha proposto quei quadri a membri di primo piano della politica e dei servizi segreti. L’indagine dei giornalisti e quella condotta da Arthur Brand convergono su due nomi: Valentyn Nalyvaichenko, ex capo dell’Sbu, e Oleg Tyahnybok, ex parlamentare e attuale leader del movimento antisemita di estrema destra Svoboda. Gli inquirenti olandesi scoprono anche una connessione tra Tyahnybok e Humenyuk, l’ex comandante della milizia Oun che si presentò all’ambasciata olandese a trattare i quadri: nelle ultime elezioni amministrative, Borys si candidò tra le fila di Svoboda come vicesindaco di Kiev. Christina Ravlyuk, portavoce di Tyahnybok, ha confermato ai giornalisti di aver conosciuto Humenyuk ma, con toni piuttosto coloriti, ha smentito qualunque coinvolgimento: “Quanti chili di marijuana hanno pagato i servizi segreti russi agli olandesi per mettere in circolazione stupidaggini simili? Piuttosto andate a guardare nell’Fsb. Loro stanno montando questo caso”. L’Fsb è un’unità di élite dei corpi speciali russi, più nota come “Gruppo Alfa”. La presenza di unità speciali straniere inviate da Mosca in Crimea è da sempre una delle questioni più spinose del conflitto nelle regioni orientali ed è oggetto di accuse reciproche tra Kiev e Mosca, la prova, dicono gli ucraini, che la Russia ha avviato un’operazione espansionistica in piena regola in Crimea. I quadri rubati diventano così strumento di propaganda per due versioni contrapposte: quella filo russa, che accusa del furto i servizi segreti ucraini, e quella di Kiev, che invece addossa le responsabilità alle squadre speciali russe.

 


Il leader di Svoboda, Oleg Tyahnybok


 

 

“Scatole nere”

 

“Finora le autorità ucraine non hanno avviato alcuna indagine”, ci dice il direttore del museo olandese, “e la collaborazione di Kiev è stata quasi nulla”. L’intera vicenda ha finito per influenzare le propensioni di voto per il referendum del 6 aprile. L’Olanda è l’ultimo paese dell’Unione europea a doversi ancora pronunciare sull’accordo di associazione con Kiev, un’intesa che secondo alcuni analisti prelude al suo futuro ingresso nell’Ue e che, nell’immediato, predispone la libera circolazione di uomini e beni. “La strage del volo MH17 e il caso dei quadri rubati, secondo i sondaggi, porteranno a una vittoria del ‘no’”, dice Geerdink, che parla di un’opinione pubblica olandese “molto scossa”, che non vuole avere niente a che fare con un paese che finora ha portato solo guai. Il referendum non è vincolante, ma è difficile che il governo decida di ignorare la volontà popolare. Il presidente ucraino Poroshenko ha assicurato di voler collaborare con gli inquirenti olandesi e con l’Interpol e di voler intercedere con i servizi segreti per ritrovare le tele. Finora però non è andato oltre i buoni propositi. “Con il referendum olandese l’Ucraina avrebbe tutto da perdere. Ma vede – continua il direttore del museo – la storia di questi quadri dimostra che anche dopo la rivoluzione in Ucraina è rimasto in piedi un sistema di scatole nere, al cui interno si rinnovano poteri corrotti su cui nemmeno Poroshenko può intervenire”. Anche il ministro degli Esteri di Kiev Pavlo Klimkin e il ministro dell’Interno Arsen Avakov  hanno ripetuto che la vicenda è orchestrata da “personaggi che tentano di infangare l’immagine del paese in vista del voto olandese”, con un riferimento implicito ai separatisti filo russi di Donetsk.

 

Intanto, nel piccolo museo di Hoorn hanno allestito un’intera sala a ricordo dei quadri rubati. Ai muri restano le cornici vuote lasciate dai ladri dieci anni prima. “Serve a ricordare a tutti i visitatori quanto è accaduto”, spiega Geerdink mostrando la sala con le luci soffuse. “A me non interessa la politica. Voglio solo che quelle opere tornino da noi, che siamo i legittimi proprietari. In caso contrario, parte della nostra storia e della nostra cultura resterà come una pagina bianca in un libro”.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.