Antoni Macierewicz

Crisi costituzionale e generali dell'esercito che si dimettono in massa. Cosa succede in Polonia?

Francesco Bonicelli

Si è aperta una crisi nell’equilibrio tra i poteri dello stato, e intanto c’è il mistero di cinque generali che si sono dimessi per ragioni ignote. C’entrano il ministro della Difesa, e un governo sempre più controverso

Si è aperta una crisi nell’equilibrio tra i poteri dello stato in Polonia, dopo che mercoledì la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale una legge che aumentava i poteri del governo sulla Corte stessa. La legge è stata fatta approvare a dicembre dal partito Libertà e giustizia, vincitore della maggioranza assoluta in Parlamento alle ultime elezioni, e la Corte ne ha annullato la validità definendola come un’inferenza nel principio della divisione dei poteri dello stato. In tutta risposta, il governo ha annunciato che ignorerà la sentenza, con la quale è in corso una più ampia battaglia sulla nomina di alcuni giudici effettuata dall’esecutivo precedente. Dalla vittoria del partito della premier Beata Szydło, che ha segnato il ritorno al potere di Jarosław Kaczyński, il governo polacco è stato criticato duramente in sede europea per alcune misure volte, secondo i critici, a restringere l’autonomia del potere giudiziario e della libertà di stampa. Ma i riverberi del pugno di ferro usato dal nuovo esecutivo si fanno sentire molto oltre, per esempio nell’esercito, dove cinque generali si sono dimessi nelle ultime settimane, uno dopo l’altro, e tutti guardano ad Antoni Macierewicz, il nuovo e incendiario ministro della Difesa.

 

Che Macierewicz ne avrebbe combinata una grossa si intuiva da febbraio, quando il Guardian aveva riportato le sue dichiarazioni su un “complotto giudaico internazionale”. Oggi, dopo le dimissioni dei generali, è di nuovo al centro di uno scandalo. Ex insegnante di storia ai tempi degli scioperi studenteschi del 1968 con altri noti dissidenti polacchi, arrestato, liberato, Macierewicz  fu fra i fondatori del Kor, il comitato di autodifesa degli operai, con Adam Michnik e Jacek Kuron. Aderì a Solidarnosc ma in opposizione a Walesa si rifiutò di partecipare a quella tavola rotonda fra dissidenti, sindacati e vertici comunisti che avrebbe portato la Polonia alla democrazia nel 1989. Fu ministro dell'Interno nel 1991 e capo del controspionaggio polacco nel 2006, per approdare infine nel 2010 alla presidenza della commissione parlamentare di inchiesta sul disastro aereo di Smolensk, nel quale il 10 aprile di quell'anno persero la vita l'allora presidente polacco Lech Kaczynski (già noto per la sua intransigenza ultracattolica, antirussa e antitedesca) e altri vertici dello stato. Stavano andando a commemorare la tragedia dell'eccidio di Katyn del 1941, a lungo negato e ancor oggi minimizzato dai responsabili, i russi.

 

Macierewicz, già fautore di una caccia alle streghe da Guerra fredda come capo del controspionaggio, ha annunciato nell'ultimo mese l'espulsione dall'esercito dei membri formati e nominati prima del 1990, ha tolto ai generali la competenza consultiva in fatto di acquisti di armamenti e secondo Gazeta Wyborcza (giornale di Adam Michnik) ha sottoposto gli ufficiali a test discriminatori in merito al disastro aereo di Smolensk – se pensi che sia stato un attentato russo sei con noi, altrimenti sei fuori – bloccando inoltre gli scatti di carriera per età e congelando le pensioni.

 

Roman Imielski, firma della Gazeta Wyborcza, ha titolato il 5 marzo scorso: “I generali scappano dall'esercito”. Cinque generali su 23 si sono dimessi il primo del mese: sono tutti nati negli anni Sessanta, e sono stati nominati generali intorno al 2005, ben dopo quindi la caduta del comunismo. Sono, secondo le indiscrezioni, Ireneusz Bartniak, Janusz Bronowicz, Marian Ambroziak, Stanislaw Olszanski, Andrzej Kusnierek. Così è intervenuto il viceministro, Bartosz Kownacki, alla radio, scusandosi per la situazione spiacevole e lamentandosi dell'intromissione dei media in un segreto di stato.

 

[**Video_box_2**]Il governo oppone un no comment alle critiche, aggiungendo che i validi sostituti a quei generali non mancheranno e il loro gesto avventato non indebolirà la Polonia. Nei paesi post sovietici sono frequenti i casi di ribellione del potere militare a quello politico. L'esercito dei paesi post socialisti è ancora in buona parte formato dai vecchi custodi dell'ortodossia sovietica. Negli anni Ottanta il generale polacco Wojciech Jaruzelski si mantenne fedele al nuovo corso riformista di Stanislaw Kania, su direttiva moscovita, fino a quando Brezhnev e Andropov non decisero che la misura fosse colma, il 13 dicembre 1981. Anche il Natale di Ceausescu, 1989, fu celebrato dai vertici di un esercito formatosi a Mosca e all'obbedienza a Mosca, che prontamente, obbedendo al nuovo corso gorbacioviano, si liberò del vecchio dittatore megalomane rumeno. Ma quello che succede oggi in Polonia appare sostanzialmente diverso. I generali sono troppo giovani per rispondere all’ideologia sovietica e le motivazioni elencate più che altro danno l'idea che il megalomane sia, questa volta, un ministro della Difesa.

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