il caso
Giudici che diventano pm: i cambi di funzione in Cassazione mandano in tilt la propaganda del No
Pm per 23 anni, poi giudice in Cassazione per 8 anni, infine di nuovo pm sempre in Cassazione: è la singolare carriera del magistrato Costantini. Ma non è l'unico: sono tante le toghe che alla Suprema Corte cambiano casacca, a dispetto delle tesi sostenute da chi si oppone alla riforma Nordio
Pubblico ministero per 23 anni, poi giudice in Cassazione per 8 anni, infine di nuovo pm sempre in Cassazione. E’ il singolare percorso di carriera seguito dal magistrato Antonio Costantini, nominato lo scorso 15 agosto sostituto procuratore in Cassazione dopo aver svolto per otto anni, sempre in Cassazione, la funzione di giudice. Prima del salto alla Suprema Corte, nel 2017, Costantini aveva ricoperto il ruolo di pm a Taranto, Lecce e Brindisi. Com’è stato possibile questo doppio salto carpiato, visto che in molti – soprattutto gli oppositori della riforma costituzionale firmata Nordio – affermano che la riforma Cartabia ha reso sostanziale la separazione delle carriere? La risposta è duplice. Primo: non è vero che la riforma Cartabia ha separato le carriere in magistratura (del resto, se così fosse, non ci sarebbe stato bisogno di approvare una riforma costituzionale).
La riforma approvata nel 2022 ha stabilito che le toghe nell’arco della loro carriera possono svolgere soltanto un cambio di funzioni (da giudicante a requirente o viceversa). Il passaggio di funzioni comporta il trasferimento del magistrato in un distretto di Corte d’appello diverso rispetto a quello di provenienza. Insomma, quando i promotori del No al referendum sostengono che la riforma Nordio ha il solo scopo di ridurre l’autonomia della magistratura perché la separazione delle carriere nella sostanza esiste già, in realtà dicono una colossale bugia. La riforma Cartabia ha reso ancora più rigorosa la disciplina sul cambio di funzioni, ma questo non ha nulla a che vedere con la separazione delle carriere, che implica percorsi professionali separati, sottoposti alla gestione di due Consigli superiori della magistratura diversi.
Il secondo elemento da tenere in considerazione è che i paletti previsti dalla riforma Cartabia sui cambi di funzione non si applicano ai passaggi di funzione in Cassazione. E’ questa la ragione che ha permesso al magistrato Costantini di compiere i suoi salti di funzione da pm di Brindisi a giudice di Cassazione, e infine pm sempre in Cassazione. Ma sfogliando il bollettino del ministero della Giustizia si scopre una realtà “fantastica”. Il 15 agosto sono stati decretati 16 trasferimenti di magistrati alla procura generale della Cassazione (tra cui, appunto Costantini). Ebbene, su 16 nomine ben 8 (cioè la metà) hanno comportato un cambio di funzione, cioè il passaggio dalla funzione di giudice a quella di pm: oltre a Costantini (che addirittura era consigliere proprio in Cassazione), sono stati nominati pm della Suprema Corte Michele Cisterna (giudice del tribunale di Roma), Maria Elena Gamberini (giudice d’appello a Palermo), Maria Luisa Miranda (giudice del tribunale di Napoli), Tiziana Assunta Orrù (giudice del lavoro a Roma), Claudia Pedrelli (giudice a Roma), Pasquale Sansonetti (giudice fuori ruolo) e Gianna Maria Zannella (giudice d’appello a Roma).
Insomma, tutti vogliono fare i pubblici ministeri in Cassazione, grazie anche alle lacune della riforma Cartabia.
Il 31 marzo 2024 si era registrata un’infornata di pubblici ministeri alla Suprema Corte persino più impressionante. Su 13 magistrati nominati pm di Cassazione addirittura 9 svolgevano le funzioni giudicanti. Anche in questo caso uno di loro, Aldo Esposito, era già giudice in Cassazione. Gli altri magistrati trasferiti alle funzioni di pm furono Michele Di Mauro (giudice d’appello a Roma), Cinzia Parasporo (giudice al tribunale di Roma), Marco Patarnello (giudice di sorveglianza a Roma), Stefano Pepe (giudice addetto al Massimario della Cassazione), Olga Pirone (giudice d’appello a Roma), Andrea Postiglione (giudice al tribunale di Roma), Giuseppe Sassone (giudice al tribunale di Napoli) e Gaspare Sturzo (giudice al tribunale di Roma).
Sono evidenti gli effetti paradossali dell’esclusione della Cassazione dai limiti previsti per i passaggi di funzione. La procura generale della Suprema Corte è infatti diventata la meta preferita dei giudici di tutta Italia. In alcuni casi persino dei giudici già in servizio presso la stessa Cassazione. Con il paradosso che a piazza Cavour un magistrato può ricoprire il ruolo di giudice un giorno e, poche ore dopo, passare dall’altra parte della barricata ed essere pubblico ministero. Alla faccia della tutela dell’immagine di imparzialità della magistratura.