
toghe politiche
I magistrati ora attaccano la riforma costituzionale nelle requisitorie. Alla faccia della separazione dei poteri
Il pm di Torino Paolo Toso durante la requisitoria finale di un processo definisce "preoccupante" la riforma in discussione in Parlamento. Una palese esondazione nel campo della politica. Per Nordio e Csm tutto normale?
Pur di contrastare la riforma della separazione delle carriere ora i magistrati usano persino le requisitorie. Ha dell’incredibile quanto avvenuto mercoledì al tribunale di Torino, durante il processo a carico di due agenti di polizia accusati di arresto illegale. Durante la requisitoria, il pubblico ministero Paolo Toso ha chiesto la condanna per i due imputati e poi ha attaccato la riforma costituzionale in esame al Parlamento: “Questo è un caso che rende preoccupante il progetto di separazione delle carriere dei magistrati. E’ stata l’autonomia del giudizio a permetterci di operare un vaglio critico degli elementi che ci sono stati forniti”, ha detto Toso. Una palese esondazione nel campo della politica, alla faccia del principio di separazione dei poteri e dei doveri di equilibrio e riserbo in capo ai magistrati.
Toso ha argomentato la sua affermazione spiegando che quando la procura del capoluogo piemontese cominciò a occuparsi della vicenda il fascicolo, aperto sulla base dei rapporti degli stessi agenti, era a carico di due giovani, il primo dei quali denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e il secondo per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. La possibilità di procedere a “un vaglio critico”, ha evidenziato Toso, ha consentito di approfondire la questione e di verificare le anomalie contenute nella documentazione.
Cosa c’entri il “vaglio critico” del pm con la riforma della separazione delle carriere è un mistero. Quest’ultima prevede infatti la separazione dei percorsi professionali dei pubblici ministeri e dei giudici, mantenendo tutte le garanzie di autonomia e indipendenza per entrambe le categorie, anche attraverso l’istituzione di due Consigli superiori della magistratura, costituiti per due terzi proprio da rappresentanti delle toghe. Insomma, anche dopo l’eventuale approvazione finale della riforma (e probabile referendum confermativo), i pubblici ministeri italiani potranno continuare a procedere a un “vaglio critico” di qualsiasi questione, anche quelle che riguardano le condotte degli agenti delle forze dell’ordine, ambito che non viene minimamente toccato dal provvedimento in discussione in Parlamento.
Le parole del pm torinese Toso, comunque, risultano paradossali non tanto per la loro inconsistenza sul piano tecnico-giuridico, ma per la loro pesante valenza politica. La requisitoria dovrebbe servire al pubblico ministero per riassumere i fatti, le prove e le argomentazioni a sostegno dell’accusa, e a formulare le proprie conclusioni sull’eventuale applicazione di una sanzione penale. Vedere una requisitoria essere usata per fini di critica politica, peraltro nei confronti di provvedimenti ancora sotto esame del Parlamento, fa rigirare nella tomba Montesquieu, oltre a far sorgere la domanda se per il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Csm si sia di fronte a un fatto normale (e chissà cosa ne penserà anche l’Associazione nazionale magistrati).
C’è da dire che a Torino sembra essere diffusa tra i pm una concezione piuttosto singolare della requisitoria. Lo scorso aprile su queste pagine abbiamo raccontato la particolare requisitoria tenuta dal pm Gianfranco Colace al termine del processo “Sanitopoli”: il pm nella sua requisitoria non solo ha risposto indirettamente a un’interrogazione parlamentare presentata dopo una nostra inchiesta sull’operato della polizia giudiziaria torinese (scambiando evidentemente l’aula di giustizia per il Parlamento), ma ha anche chiesto la condanna di tre imputati affermando: “Chiedo la condanna anche se so che la Corte non potrà che assolvere”.
Alla fine gli imputati sono stati effettivamente assolti. Ma se il pm Colace sapeva che la Corte non poteva far altro che assolvere (come poi è avvenuto) ciò significa che era consapevole della debolezza delle proprie accuse, e quindi avrebbe dovuto chiedere lui stesso l’assoluzione. Resta il mistero di un modo di procedere così singolare. Colace, per la cronaca, è stato sanzionato lo scorso marzo dal Csm con il trasferimento di sede e di funzioni, e con la perdita di un anno di anzianità (sanzione non ancora esecutiva), per aver usato a processo circa 500 intercettazioni realizzate nei confronti dell’allora senatore Stefano Esposito senza autorizzazione del Parlamento, dunque in violazione della Costituzione e della legge.
Insomma, alla procura di Torino il principio costituzionale di separazione dei poteri sembra non essere molto chiaro. L’uso di una requisitoria da parte di un pm per criticare la riforma costituzionale costituisce l’apice di un fenomeno che meriterebbe l’attenzione delle istituzioni.