Il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, Teo Luzi 

il retroscena

Dietro alla solidarietà a Mori, il fastidio dei Carabinieri per certi pm d'assalto

Ermes Antonucci

Perché le perquisizioni della procura di Caltanissetta all’Aisi e l’ultima pazza indagine di Firenze contro il generale Mori rischiano di complicare i rapporti fra le procure e l’Arma in giro per l’Italia

Il comunicato stampa di solidarietà al generale Mario Mori, indagato nell’ennesima pazza inchiesta sulle stragi mafiose del 1993, costituisce un atto senza precedenti da parte dell’Arma dei carabinieri, che va ben oltre l’espressione di solidarietà professionale e umana nei confronti dell’ex comandante del Ros. Scavando a fondo si scopre che dietro l’irrituale presa di posizione dell’Arma si cela un certo fastidio, ormai piuttosto diffuso, dei Carabinieri, soprattutto quelli applicati alla polizia giudiziaria, rispetto alle iniziative di alcune “procure d’assalto”, come quella di Firenze. Mettere in croce per la quarta volta con accuse infamanti un generale che, come si legge nella nota, “con il suo servizio ha reso lustro all’istituzione in Italia e all’estero”, per l’Arma appare, oltre che assurdo, una mancanza di rispetto nei confronti del proprio lavoro da sempre svolto per il paese. Ma si stratta solo dell’ultimo episodio di insofferenza da parte dei Carabinieri rispetto alle mosse di alcune procure. 

 

Lo scorso dicembre rivelammo su queste pagine una notizia piuttosto incredibile: nell’ambito dell’indagine sull’ex capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, e sull’agenda rossa di Paolo Borsellino, la procura di Caltanissetta si è spinta a disporre perquisizioni persino nella sede dell’Aisi, cioè i servizi segreti interni, dove lavora la figlia (indagata) proprio di La Barbera. Una forzatura non da poco sul piano istituzionale. Ebbene, i pm di Caltanissetta si presentarono in prima persona alla sede dell’Aisi, mentre non presero parte all’operazione i Carabinieri, che, a quanto risulta, espressero forti perplessità rispetto a un’iniziativa così muscolare.

 

Ovviamente non si è di fronte a un atto di ribellione. Non solo perché questo è del tutto incompatibile con la cultura di servizio che da sempre guida l’azione dell’Arma, ma anche perché i Carabinieri distaccati presso gli uffici requirenti sono chiamati a svolgere le attività richieste dai pubblici ministeri. E’ il codice di procedura penale a stabilire (articolo 327) che “il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria”. Tra i pm e la polizia giudiziaria, tuttavia, si sviluppa inevitabilmente una dialettica, ed è di questo che bisogna tener conto quando si esaminano i rapporti fra magistratura e forze di polizia.

 

Una vicenda piuttosto recente aiuta meglio a comprendere cosa c’è dietro al caso di Caltanissetta e la presa di posizione dell’Arma in favore di Mori. Giovedì scorso l’ex procuratore di Milano Francesco Greco è stato ascoltato come testimone al Csm nell’ambito del procedimento disciplinare a carico del pm milanese Paolo Storari, che nel marzo del 2020 consegnò a Piercamillo Davigo i verbali coperti da segreto degli interrogatori di Piero Amara sulla fantomatica loggia Ungheria. 

 

Greco ha spiegato che riteneva Amara poco credibile e che per questo era convinto che andassero trovati riscontri alle sue parole prima di iscrivere nel registro degli indagati le decine di persone da lui nominate come associate alla loggia, su cui invece spingeva Storari. Tra i nomi citati da Amara c’era anche quello dell’allora comandante generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana (che in seguito, quando l’indagine sulla loggia è stata archiviata, ha proceduto a querelare per calunnia Amara). Durante la testimonianza Greco ha spiegato molto chiaramente perché, oltre all’assenza di riscontri, non autorizzò l’immediata iscrizione nel registro degli indagati di Zafarana: “Il mio problema era fattuale. Il procuratore della Repubblica deve avere il comando della polizia giudiziaria e deve proteggerla. Questo lo si fa in tanti modi: facendogli avere gli encomi, avendo un buon rapporto. Il punto di fondo è che noi non potevamo rinunciare al rapporto con la Guardia di Finanza. Per questo quando lessi quel nome dissi ‘porca miseria’, questo proprio non ci voleva. Ho detto che per me era un grosso problema e sarei stato un procuratore della Repubblica molto superficiale se non lo avessi detto”. 

 

Il discorso di Greco vale ovviamente anche per i Carabinieri distaccati presso la polizia giudiziaria. I Carabinieri lavorano col massimo dell’impegno al servizio della magistratura e dello stato, ma pretendono rispetto e leale collaborazione con le altre istituzioni. Così le perquisizioni della procura di Caltanissetta all’Aisi e l’ultima pazza indagine di Firenze contro Mori rischiano di complicare i rapporti fra le procure e l’Arma in giro per l’Italia. 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]