malagiustizia

L'accanimento infinito contro Dell'Utri (e Berlusconi)

Ermes Antonucci

I pm di Firenze hanno ottenuto il sequestro di 11 milioni contro Dell’Utri, ma per il tribunale di Palermo i soldi ricevuti dal Cav. sono leciti e frutto di un lungo rapporto di amicizia. "Mai provati accordi fra Berlusconi e la mafia"

“Conclusioni semplicistiche”, “tesi suggestiva ma indimostrata”, “congetture investigative”. E’ con queste parole, piuttosto dure nei confronti dei pm, che il tribunale di Palermo nei giorni scorsi ha respinto la richiesta di confiscare il patrimonio di Marcello Dell’Utri e dei suoi famigliari, perché non c’è nessuna prova che queste ricchezze, frutto soprattutto delle donazioni ricevute nel corso degli anni da Silvio Berlusconi, abbiano una natura illecita o mafiosa. E’ forse per nascondere questo ennesimo flop che giovedì la procura di Firenze ha avviato l’ennesima iniziativa giudiziaria contro Dell’Utri, rilanciata in pompa magna dagli organi di informazione nonostante l’irrisorietà della contestazione. 

 

I pm fiorentini hanno accusato infatti l’ex senatore di non aver comunicato le variazioni del proprio stato patrimoniale, dovute soprattutto alle donazioni ricevute dal suo amico storico Silvio Berlusconi tramite regolari bonifici. Per questo i pm sono riusciti a ottenere il sequestro preventivo di quasi undici milioni di euro nei confronti di Dell’Utri e sua moglie. La notizia del sequestro è bastata per rilanciare la tesi dei magistrati fiorentini, secondo cui i soldi donati da Berlusconi a Dell’Utri costituiscono il prezzo che l’ex premier avrebbe pagato per convincere il suo amico storico a non metterlo in mezzo nei processi sulla mafia affrontati negli ultimi anni.

 

 Nel 2017 la procura di Firenze, con l’aggiunto Luca Tescaroli, ha riaperto per l’ennesima volta l’indagine a carico di Berlusconi e Dell’Utri basata sull’accusa di essere i mandanti esterni delle stragi di Cosa nostra nel biennio 1993-1994. Vista l’impossibilità di raccogliere elementi a sostegno di questo assurdo teorema, l’inchiesta ha finito per concentrarsi sui presunti finanziamenti che Berlusconi avrebbe ricevuto dalla mafia tra gli anni Settanta e Ottanta per lanciare le sue aziende. Di conseguenza, Tescaroli e i suoi colleghi hanno passato al setaccio tutti i flussi di denaro che hanno riguardato la Fininvest, e anche quelli fra Berlusconi e Dell’Utri. 

 

I bonifici effettuati (alla luce del sole) da Berlusconi a Dell’Utri per aiutarlo ad affrontare le spese legali per i processi e le ripercussioni sul piano famigliare sarebbero così diventati improvvisamente la prova di un accordo tacito volto a ottenere il silenzio dell’ex senatore. Roba da fantagiustizia.

 

Ma i teoremi fiorentini non sembrano fare breccia altrove e soprattutto all’esame dei giudici. Nel negare la confisca del patrimonio di Dell’Utri, il tribunale di Palermo ha infatti preso in esame anche le “risultanze” raggiunte dalla procura di Firenze, sottolineando come queste finiscano per smentire in realtà le tesi dei pm. Scrivono i giudici: “Nessun elemento concreto depone per ritenere tutte le entrate di Marcello Dell’Utri (dunque anche quelle derivanti dallo svolgimento di attività professionale presso le società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Silvio Berlusconi, e finanche gli emolumenti per la carica di parlamentare) illecite in quanto derivanti da una sorta di ‘inquinamento’ genetico”.  

 

Non si può neanche sostenere, aggiungono, che gli incarichi affidati da Berlusconi a Dell’Utri “sarebbero frutto di una coartazione mafiosa”: “Tale conclusione, infatti, oltre che estremamente semplicistica e indimostrata, si scontra con la successiva evoluzione dei rapporti fra i due e con il più volte rinnovato (finanche nelle proprie disposizioni testamentarie, come notorio) senso di amicizia e riconoscenza mostrato da Berlusconi nei confronti di Dell’Utri e posto alla base degli ingenti flussi finanziari veicolati in suo favore”

 

Questi flussi finanziari, chiarisce il tribunale, hanno sempre avuto “natura lecita”, mentre la tesi del silenzio serbato da Dell’Utri circa i rapporti fra Berlusconi e Cosa nostra “pur se estremamente suggestiva, presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico”. 

 

Insomma, l’inchiesta della procura di Firenze sembra sempre più basarsi sulla fuffa. L’impressione, però, è che l’accanimento giudiziario contro Dell’Utri (e Berlusconi) non troverà mai fine.

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]