Errori e paradossi

Il pazzo processo sulla strage di Piazza della Loggia

Ermes Antonucci

Dopo quasi cinquant'anni, la procura di Brescia accusa due persone di aver partecipato all'attentato. Uno aveva 16 anni e oggi si ritrova, a 65 anni, a rispondere davanti al tribunale dei minorenni. Gli errori dei giudici intanto rallentano il processo

Sta diventando sempre più tragicomico il nuovo processo sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia del 1974, in corso proprio nel capoluogo lombardo. L’attentato, avvenuto il 28 maggio di 49 anni fa durante una manifestazione antifascista, costò la vita a otto persone e il ferimento di altre 102. Per la strage sono già stati condannati all’ergastolo in via definitiva i neofascisti Carlo Maria Maggi (deceduto) e Maurizio Tramonte. Qualche anno fa, tuttavia, la procura bresciana ha aperto un nuovo filone di indagine, sulla base di alcune fotografie scattate subito dopo la strage e alcune testimonianze, accusando i neofascisti veronesi Marco Toffaloni e Roberto Zorzi di aver avuto un ruolo operativo nella strage.

 

In particolare Toffaloni, che al momento vive in Svizzera, sarebbe stato in piazza quella mattina, mentre Zorzi, che oggi vive negli Stati Uniti, è accusato di averne condiviso il piano da Verona. Entrambi gravitavano nell’orbita di Ordine nuovo. C’è però un “problema”: il giorno dell’attentato Toffaloni non era maggiorenne, aveva 16 anni. Per queste ragioni, il processo nei confronti di Toffaloni per l’accusa di strage si sta celebrando di fronte al tribunale dei minorenni di Brescia. Questo nonostante la delicatezza del reato contestato e nonostante Toffaloni oggi abbia 65 anni. I paradossi della giustizia italiana

 

Come se non bastasse, a tutto ciò si sono aggiunti gli errori dei giudici chiamati a esprimersi sulla vicenda. Lo scorso aprile il giudice dei minorenni di Brescia, Angelica Nolli, ha rinviato a giudizio Toffaloni con l’accusa di strage, accusandolo di aver agito “quale autore materiale” dell’attentato. A settembre, però, il tribunale dei minorenni di Brescia ha annullato il rinvio a giudizio, rispedendo il procedimento al giudice per le udienze preliminari, perché – come evidenziato dalla difesa di Toffaloni – agli atti non risultava un’elezione di domicilio valida dell’imputato, circostanza che ha portato ad annullare tutte le notifiche. 

 

Martedì scorso, chiamata di nuovo a esprimersi sul caso, la gup del tribunale dei minorenni di Brescia, Laura D’Urbino, ha di nuovo rinviato a giudizio Marco Toffaloni. Con ogni probabilità, però, anche questa volta tutto dovrà ripartire da capo, perché la giudice sembrerebbe essersi “dimenticata” di lasciare spazio alla richiesta del pubblico ministero e all’arringa della difesa prima di comunicare la decisione finale, come la legge impone. Una vicenda che ricorda vagamente quella avvenuta ad Asti nel 2019, quando il tribunale lesse in aula la sentenza di condanna di un imputato ancor prima di sentire l’arringa della difesa (il processo venne poi annullato). 

 

Il processo nei confronti di Toffaloni comincerà il sette marzo. La difesa dell’imputato farà subito presente la “dimenticanza” della giudice e con molta probabilità tutto tornerà, per la terza volta, nelle mani di un gup, che dovrà decidere di nuovo sul rinvio a giudizio di Toffaloni. 

 

Visto che negli ultimi giorni si è parlato tanto di “pagelle” per i magistrati, è inevitabile chiedersi se gli errori emersi nel processo saranno presi in considerazione dal Csm nella valutazione della professionalità delle toghe coinvolte, anche in prospettiva del loro avanzamento di carriera. 

 

Intanto a colpire, per l’ennesima volta, è l’immagine di una magistratura presa a rincorrere i misteri del passato. Il caso di Toffaloni, accusato per la strage di Piazza della Loggia a quasi 50 anni dai fatti, tanto da essere imputato a 65 anni di fronte al tribunale dei minorenni, è soltanto l’ultimo. Pochi giorni fa abbiamo raccontato l’iniziativa della procura di Caltanissetta, che, a distanza di quasi trent’anni, ha fatto perquisire le case dei famigliari di Arnaldo La Barbera, ex capo della squadra mobile di Palermo, in cerca dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. E cosa dire delle indagini della procura di Firenze sulle stragi del 1993-94, a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri? L’inchiesta fuffa sulla Trattativa stato-mafia ha fatto scuola.

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