Il vertice

I pm antimafia avvisano Meloni: "No alle riforme della giustizia"

Ermes Antonucci

I magistrati impegnati nella lotta alla mafia criticano le riforme ipotizzate dal governo: abolizione dell'abuso d'ufficio, intercettazioni, separazione delle carriere. La premier: "No a scontri tra poteri"

Non è stato un plotone di esecuzione, anzi, tutto si è svolto in un “clima di grande dialogo e collaborazione”. Di certo, però, il capo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dnaa), Giovanni Melillo, e i vertici delle ventisei procure distrettuali antimafia non hanno risparmiato critiche nei confronti del governo in occasione dell’incontro che si è tenuto lunedì pomeriggio a via Giulia con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, accompagnata dal sottosegretario Alfredo Mantovano e il Guardasigilli Carlo Nordio. Dopo aver accolto i rappresentanti dell’esecutivo, Melillo e i procuratori hanno tenuto una serie di interventi incentrati soprattutto sul tema della lotta alla criminalità organizzata. Se alcuni magistrati hanno preferito dare risalto alla particolare situazione criminale del proprio territorio, altri si sono spinti fino ad avanzare riflessioni più generali sull’utilità di alcune riforme nell’agenda del governo, esprimendo perplessità sull’abolizione dell’abuso d’ufficio (considerato dai pm come un importante “reato spia”), la riforma delle intercettazioni, la separazione delle carriere

 

Le critiche sono giunte, come fanno notare fonti vicine alla premier, in un’atmosfera di “collaborazione istituzionale”, ma sono arrivate comunque a bersaglio, come dimostra l’intervento tenuto da Meloni al termine della visita: “Quando la politica e la magistratura non riescono a dialogare adeguatamente e sembra che ci sia un’alterità, allora si fa un grande favore ai nostri avversari. Penso che non giovi a nessuno. Mi aspetto che anche quando non fossimo completamente d’accordo sulle norme che vanno portate avanti, questo non diventi uno scontro tra poteri. Perché si possono avere punti di vista diversi, ma ciò non vuol dire che non stiamo lavorando per lo stesso risultato. Perché si lavora sempre per lo stesso datore di lavoro, lo stato italiano, e contro lo stesso avversario”. 

 

Messi da parte alcuni slogan (come “tanti anni fa eravamo conosciuti perché esportavamo la mafia, oggi perché esportiamo l’antimafia”), ciò che rimane della visita di Meloni alla Direzione nazionale antimafia è soprattutto l’invito rivolto ai pm antimafia a “collaborare”, sempre, anche in caso di disaccordo. 

 

Un invito che ora dovrà essere accolto dall’ala più “movimentista” della magistratura antimafia. Basti pensare che solo cinque giorni prima della visita di Meloni alla sede della Dnaa, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri (che è anche capo della Direzione distrettuale antimafia napoletana, ed era presente all’incontro con la premier) interveniva, ospite di Otto e mezzo su La7, attaccando a testa bassa le riforme ipotizzate da Nordio sulla giustizia, come l’abolizione del reato dell’abuso d’ufficio, la prescrizione e la stretta sulle intercettazioni: “E’ uno scandalo”. “Penso che Nordio la prima cosa che dovrebbe fare è scrivere un rigo: la riforma Cartabia va abolita – aggiungeva Gratteri – Si deve necessariamente partire da questo, perché la riforma Cartabia nel sistema penale processuale ha introdotto tante novità che hanno rallentato i processi, che saranno ancora più lenti nei prossimi anni”.

 

C’è da dire che anche il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, ascoltato lo scorso giugno dalla commissione Antimafia, si è detto contrario ad alcun “arretramento sul versante delle intercettazioni”, affermando di “non conoscere intercettazioni inutili, perché sono disposte da un giudice con un provvedimento motivato, procedendo per reati gravi”. 

 

Un pensiero condiviso da altre toghe poste ai vertici delle Direzioni distrettuali antimafia, come Marcello Viola, procuratore di Milano (“Negli ultimi anni si è registrato un costante calo della quantità di intercettazioni, dalla riforma Orlando non c’è stata nessuna fuga di notizie”), e Giovanni Bombardieri, procuratore di Reggio Calabria (“Le intercettazioni sono di fondamentale importanza nelle investigazioni”). 

 

Insomma, l’invito a collaborare da parte di Meloni si innesta su un contesto fatto di continue tensioni tra magistratura e politica. L’importante sarà non arrivare a “scontri tra poteri”.