numeri pazzi

Il "miracolo" (poco credibile) della giustizia penale

Ermes Antonucci

Secondo i dati forniti dal ministero, la durata media dei processi penali in Italia sarebbe diminuita di un terzo rispetto al 2019, raggiungendo e superando con tre anni di anticipo l'obiettivo del Pnrr. Un trionfo difficile da credere

La notizia è di quelle che fanno saltare sulla sedia: l’Italia ha risolto il problema della lentezza della giustizia penale. Secondo l’ultimo monitoraggio svolto dal ministero della Giustizia, infatti, il nostro paese ha (avrebbe, il condizionale come vedremo è d’obbligo) ridotto addirittura di un terzo la durata media dei processi penali rispetto al 2019, raggiungendo e superando con tre anni di anticipo l’obiettivo fissato dal Pnrr: la riduzione del 25 per cento dei tempi dei processi entro il 2026. Un trionfo senza precedenti. Un sollievo per tutti gli italiani, abituati a vivere lunghi calvari giudiziari. Ma sono tanti gli elementi che spingono a dubitare del “miracolo” italiano.

 

I dati riferiti da Via Arenula nel suo ultimo rapporto risultano statisticamente poco credibili. Se nel 2020 e nel 2021, soprattutto a causa della pandemia, si è registrato un aumento significativo della durata media dei processi penali rispetto al 2019 (rispettivamente +38,9 per cento e +7,5 per cento), la situazione sarebbe poi improvvisamente cambiata: nel 2022 la durata dei processi si sarebbe ridotta del 10,4 per cento, mentre nel primo semestre del 2023 sarebbe addirittura crollata del 29,3 per cento (sempre rispetto al 2019). Insomma, nel giro di un anno e mezzo la giustizia italiana non solo avrebbe recuperato i ritardi dovuti alla pandemia, ma avrebbe migliorato le sue performance a un tasso mai registrato prima, tanto da raggiungere con tre anni di anticipo l’obiettivo fissato dal Pnrr: la durata media dei processi penali sarebbe scesa da 1.393 a 989 giorni (contro l’obiettivo di 1.045 giorni fissato per il 2026).

 

Il dato appare ben poco credibile soprattutto se si considera che nel frattempo non è intervenuta alcuna modifica strutturale del sistema giudiziario. Dal 2019 a oggi nessun nuovo magistrato è entrato in servizio, tanto che l’organico della magistratura risulta carente di 1.652 unità, per una scopertura nazionale pari al 15 per cento. Le novità introdotte dalla riforma Cartabia (su indagini preliminari, processo in assenza, procedibilità a querela), per quanto importanti, non appaiono in grado di determinare svolte dirompenti, mentre la riforma dell’improcedibilità non ha ancora avuto tempo di attuarsi.

 

Interpellata dal Foglio, la Direzione generale di statistica del ministero della Giustizia ha confermato la bontà dei dati pubblicati, legandoli alla spinta fornita dall’introduzione dell’ufficio per il processo e dalla fissazione di obiettivi a livello comunitario (che avrebbe indotto i dirigenti degli uffici giudiziari a definire nuovi modelli organizzativi). A saperlo che sarebbe  bastato così poco per risolvere i problemi della giustizia italiana… Ma a meno di non voler considerare tutti quanti dei creduloni, i dati forniti da Via Arenula restano un mistero. Anche per la stessa Commissione europea.