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L'editoriale del direttore

Peggio dell'autocomplotto di Meloni c'è solo il complottismo dell'Anm

Claudio Cerasa

Un governo contro la democrazia, nemico della Costituzione, complice delle mafioserie, alleato di Gelli. Il complottismo dei magistrati può diventare pericoloso. Unire i puntini. E preoccuparsi

Peggio del ridicolo autocomplotto della politica c’è solo il pericoloso complottismo dei magistrati. La scorsa settimana, la maggioranza di governo ha denunciato goffamente la presenza di un famigerato “assedio” della magistratura finalizzato a indebolire l’esecutivo. Le forme con cui la maggioranza ha denunciato l’accaduto sono quelle che conoscete. Prima è stata autorizzata la diffusione di una velina attribuibile a Palazzo Chigi (“fonti di Chigi dicono che”). Poi sono stati autorizzati alcuni ministri a parlare del tema (“le inchieste contro di noi sono sospette”, ha detto il ministro Lollobrigida a questo giornale). Infine, è stata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ad aver legittimato il contenuto della velina (la quale velina accusava una parte della magistratura di “svolgere un ruolo attivo di opposizione”) lasciando però intendere che il caso giudiziario più sospetto, quello per così dire “più politico” tra i vari con cui la maggioranza sta facendo i conti, è quello che riguarda il sottosegretario Delmastro. “Credo – ha detto Meloni – che il giudice non dovrebbe sostituirsi al pm formulando l’imputazione quando il pm non intende esercitare l’azione penale”. Sul Foglio, abbiamo definito l’assedio evocato dalla maggioranza come una barzelletta. Come qualcosa di più simile a un autocomplotto che a un complotto. E il modo in cui il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha scelto di gestire il caso del figlio accusato di violenze sessuali dimostra che l’autocomplotto della maggioranza è sempre più un tema all’ordine del giorno (una volta completato l’interrogatorio di garanzia fatto al figlio, il presidente La Russa dovrebbe forse interrogare se stesso per capire se negare le indagini sulla sim del figlio intestata al presidente del Senato sia un modo per aiutare il figlio o un modo per trasformare l’inchiesta in un affare di stato). Una settimana dopo la scombinata evocazione dell’assedio, la scena di fronte alla quale ci si ritrova oggi somiglia molto a una “self fulfilling prophecy”: una profezia che si autoavvera.

Il numero uno dell’Anm, il magistrato Giuseppe Santalucia, ieri in una intervista a “Radio Anch’io” ha evocato la presenza di un allarme democratico e ha scelto di schierare i magistrati italiani su una posizione estremista. “Fare dell’azione penale un’azione discrezionale, e certamente prima o poi sotto il controllo politico, la vediamo una cosa pericolosa per la democrazia”. Giorni prima, lo stesso Santalucia aveva espresso profondo sdegno per le posizioni della maggioranza offrendo un ulteriore spunto di riflessione: “Non si arretra – ha detto Santalucia – quando si tratta di difendere i valori della Costituzione”. Si potrebbe dire che entrambe le affermazioni di Santalucia rasentano il ridicolo. Sia perché ad aver trasformato in questi anni l’azione penale in un atto del tutto discrezionale è stata proprio la magistratura, che in alcuni casi ha utilizzato i suoi pieni poteri in modo arbitrario, senza dover rendere conto a nessuno dei propri errori, senza dover rendere conto a nessuno delle proprie scelte, senza dover rendere conto a nessuno dei numerosi casi in cui l’adozione della custodia cautelare è stata arbitrariamente utilizzata come strumento di pressione investigativa, senza dover rendere conto a nessuno delle indagini fuffa aperte grazie a norme vaghe, opache, indefinite, che permettono di trasformare un atto in un crimine sulla base di un sospetto non supportato dai fatti e senza dover rendere conto a nessuno delle inchieste costruite facendo affidamento esclusivamente non sulla forza delle prove ma sulla forza del processo mediatico. Sia perché coloro che si sono autodefiniti, non si capisce su quale base costituzionale, i “difensori della costituzione” sono gli stessi che generalmente la Costituzione la calpestano ogni giorno, rendendo un orpello della democrazia l’articolo 27 della Costituzione – l’imputato non deve essere considerato colpevole sino alla condanna definitiva – e facendo di tutto per evitare, come prescrive l’articolo 111 della Costituzione, che ogni processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, all’interno di un percorso che garantisca alla persona accusata di un reato di essere informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico e di avere diritto a una durata ragionevole del processo. La questione più interessante del discorso di Santalucia però è un’altra. Ed è la scelta di “attivare” due espressioni che nella storia recente dei rapporti tra la magistratura e la politica non hanno mai portato a nulla di buono. Un governo nemico della Costituzione, si è detto. Un governo pericoloso per la democrazia, si è aggiunto. Un governo “eversivo”, ha aggiunto ieri, dall’alto dei suoi infiniti successi giudiziari, il magistrato Nino Di Matteo, uno dei protagonisti della non fortunata saga legata alle inchieste sulla trattativa stato-mafia (zeru tituli), secondo il quale oggi vi sarebbe “un disegno unico nelle riforme del governo che attuano il programma fondativo di Forza Italia e affondano le radici nel disegno della Loggia P2”. Un governo che potrebbe fare regali alla mafia, ha aggiunto infine l’onorevole Scarpinato, magistrato palermitano in forza al Movimento 5 stelle, convinto che l’abolizione di un reato che il governo non vuole abolire, quello sul concorso esterno in associazione mafiosa, “eleverebbe di molto il rischio di privare lo Stato di un importante strumento di contrasto alla mafia”.

Non sono elementi come gli altri. Sono gli elementi ricorrenti del complottismo giudiziario. Elementi che puntano a sollecitare una forma di resistenza da parte della magistratura che nella storia recente del nostro paese è stata diverse volte attiva e non solo passiva. E d’altronde, se la politica viene descritta come eversiva, come pericolosa per la democrazia, come dannosa per la Costituzione, come letale per la lotta alla mafia. E se la magistratura ha il dovere morale di occuparsi non solo di chi commette reati ma anche di chi mette a rischio la Costituzione. Se tutto questo è vero, è lecito temere che i pubblici ministeri più d’assalto possano usare i propri poteri discrezionali per indebolire, whatever it takes, chi sta provando a indebolire il tessuto democratico del nostro paese, miscelando le ipotesi di reato incerte con l’azione penale obbligatoria e giocando con un mix che, come denunciato mesi fa su questo giornale da Luciano Violante, “offre purtroppo ai magistrati la possibilità di utilizzare ipotesi di reati evanescenti per concentrarsi più sulle persone da indagare che sui reati da dimostrare” (funziona così, disse ancora Violante: “Si usa un’ipotesi di reato non ben limitata, si apre un’indagine su una persona, si cerca tutto ciò che in una persona possa essere considerato rilevante dal punto di vista della morale oltre che del penale e si usa il circo mediatico per dare legittimità alla propria azione”). Alla luce di tutto questo, verrebbe da dire che, riforme a parte, la maggioranza di governo avrebbe un modo chiaro per fare ordine: ristabilire i confini netti tra potere giudiziario e potere politico attraverso un rafforzamento dell’articolo 68 della Costituzione, l’autorizzazione a procedere per le indagini contro i parlamentari, svuotato trent’anni fa da un Parlamento ostaggio del potere giudiziario. In mancanza di questa volontà politica, l’unico modo per evitare che l’assedio giudiziario passi dalla fase della barzelletta a quella della realtà è invitare i magistrati non ideologizzati, quelli per capirci che hanno stroncato le velleità delle procure militanti con le loro sentenze (vedi la boiata della trattativa stato-mafia), a non aver paura, a farsi coraggio e a ricordare ai procuratori d’assalto che una magistratura che fa politica, individuando nemici da abbattere, è una magistratura che ogni giorno compie un passo ulteriore per calpestare la Costituzione, per minacciare il nostro tessuto democratico e per perdere credibilità. La vicepresidente dell’Anm, Alessandra Maddalena, due giorni fa ha accusato il governo di essere deciso “a delegittimare la magistratura, offrendo ai cittadini l’immagine di pubblici ministeri e giudici faziosi”. Verrebbe da dire che, vista la storia recente della nostra Repubblica, a trovare un modo per delegittimare la magistratura, offrendo ai cittadini l’immagine di pubblici ministeri faziosi, ci ha pensato in questi anni brillantemente la stessa magistratura. Con indagini fuffa. Con inchieste a orologeria. Con pataccari trasformati in eroi. E con ipotesi di reato evanescenti utilizzate per concentrarsi più sulle persone da indagare che sui reati da dimostrare. Peggio del ridicolo autocomplotto della politica c’è solo il pericoloso complottismo dei magistrati.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.