Simone Uggetti, con il suo avvocato dopo la prima assoluzione (Ansa)

L'ultimo dannato

“Vorrei incontrare Schlein. Dovremmo difendere Nordio dai manettari ”. Parla Uggetti

Salvatore Merlo

“La segretaria del Pd ascolti quel che dicono i sindaci sulla riforma della giustizia. C’è un problema nel mescolarsi col manettarismo del M5s”. Intervista all’ex sindaco dem di Lodi, assolto martedì scorso per la seconda (e definitiva) volta dall'accusa di turbativa d'asta

“Sa cosa mi piacerebbe oggi? Mi piacerebbe incontrare Elly Schlein. Avere anche solo mezz’ora per raccontarle le ragioni per le quali sulla riforma della giustizia sarebbe opportuno ascoltare i nostri sindaci. I sindaci del Pd”. Per ben sette anni le cattive coscienze giudiziarie hanno sbranato Simone Uggetti, l’ex sindaco di Lodi assolto martedì scorso per la seconda (e definitiva)  volta.  Era maggio del 2016. Uggetti venne descritto come il simbolo del malaffare del Pd. Arrestato con un provvedimento che avrebbe spaventato Robespierre e confortato Stalin: l’imputato veniva descritto come personalità “negativa e abbietta”. Secondo l’accusa era colpevole di turbativa d’asta per aver favorito, nella gestione di una piscina, una società controllata a metà dal comune. Nozioni di antropologia vagamente lombrosiana applicate a un reato minore. Fu spedito a San Vittore per questo.

 

Sui giornali si collegava direttamente il suo caso al governo di centrosinistra: la prova che il governo Renzi fosse il governo del malaffare. “E io manco ero renziano”, ride adesso Uggetti. “Ero responsabile della mozione di Bersani nel lodigiano, si figuri. Bersani mi è stato vicino. Un po’ meno mi ha difeso Renzi. Ma va bene. Mi saltarono addosso  perché in questo paese si usa la giustizia per fare politica. Ed è uno dei mali oscuri dell’Italia. Anche di questo vorrei parlare con Schlein, se si potesse”. La segretaria del Pd non l’ha chiamata dopo l’assoluzione? “Non la conosco, ma credo che se volesse il mio numero si trova. Ce l’hanno in tanti”. Cosa le direbbe? “Le direi: ‘Cara segretaria, io son un compagno che è stato militante del Pds Ds Pd nella buona e nella cattiva sorte.  Ho sempre seguìto il partito e ci ho creduto. Adesso ti prego di ascoltare me e i sindaci. In Italia c’è un problema con la giustizia. C’è un problema di equilibrio tra poteri.  C’è un problema nel mescolarsi col manettarismo del M5s”. 

 

Ma Elly Schlein proprio l’altro giorno ha abbracciato Giuseppe Conte. Ed ecco che Simone Uggetti sorride. “Non sono contro gli abbracci”, dice. “Però personalmente li farei più selettivi”. I grillini furono i più violenti contro di lei, assieme alla destra. “Un incrocio infernale. Ancora oggi c’è un giornale corrivo con il grillismo che ha messo il mio nome in prima pagina insieme a Berlusconi e Davigo. Roba da matti”. Di Maio la difese, le chiese scusa dopo la prima assoluzione. “E mi ha fatto piacere, anche se mi ha danneggiato”. Perché danneggiato? “Perché a quel punto gli attacchi che si erano sopiti, si ridestarono. Avevano smesso di mettermi alla gogna, perché non c’era più Renzi. Ma ripresero a mettermi alla gogna perché adesso dovevano colpire Di Maio che stava uscendo dal M5s”. A chi si riferisce? “Al giornale di Marco Travaglio”.

 

Cos’è la gogna? “E’ quella forma di autotortura che mi imponevo quando per anni mi mettevo a leggere tutti gli insulti e gli auguri di morte che ricevevo sui social. Mi chiedevo: dove ho sbagliato?”. A suo figlio cosa ha detto? “Ancora è piccolo, e non capisce. Un giorno gli racconterò tutta questa storia, che per fortuna è finita bene”. Assolto, ma con la formula della lieve entità. Diranno che non è una vera assoluzione? “Sono stato assolto due volte dalla Corte d’appello di Milano. I giudici non vanno bene soltanto quando fanno sentenze che piacciono a loro”. C’è una solidarietà tra la persecuzione giudiziaria e la lapidazione mediatica che l’ha coperta di insulti e che l’ha descritta come   schiuma della terra per la storia di una piscina comunale? “C’è l’inciviltà. C’è la violenza. C’è l’uso strumentale della giustizia a fini politici”. Perché chi parla di giustizia giusta, nel Pd, a volte è guardato come un infiltrato? “Perché ci siamo persi qualcosa per strada, da Tangentopoli in poi. Ma si può cambiare. Nel Pd c’è tanta cultura del diritto e delle libertà”.

Che ne pensa della riforma di Nordio?  “Molte delle uscite pubbliche di Nordio sono condivisibili. E ho il ragionevole dubbio che molte delle sue posizioni siano indigeste a larghi strati della destra”. La sinistra lo attacca, anche il Pd: percepiscono che è l’anello debole e indifeso del governo? “Forse. Ma sarebbe meglio fare una battaglia sui contenuti, che rende di più di una battaglia contro una persona. Trovare dei punti di convergenza con un ministro che non è perfettamente in linea con la propria maggioranza aprirebbe contraddizioni nel fronte avverso, per citare una vecchia cosa che dicevamo nelle nostre sezioni tanti anni fa”. E dunque Schlein dovrebbe sostenere quel che c’è di buono nella riforma di Nordio? “Sì, e per due ordini di motivi. Il primo è che sarebbe giusto: nel senso che esiste un problema con la giustizia in Italia”. Il secondo motivo? “Che è anche utile. Nordio è un cortocircuito nella destra manettara”.

 

Per diventare garantisti bisogna prima passare i guai con la giustizia? “Subire un’ingiustizia sulla tua pelle ti fa cambiare idea su tante cose”. Come D’Alema con Berlusconi? “Ho letto che l’ha definito un perseguitato. Capisco quelle parole”. Il Pd come si è comportato con lei in questi anni? “Il Pd è fatto di persone. Alcune mi sono state molto vicine, altre sono state un po’ meno attente e altre ancora sono state proprio distratte. Ora vorrei però che la mia piccola sofferenza fosse utile ad aprire nel Pd una riflessione serena sul garantismo e la riforma della giustizia”. Schlein la chiamerà? “Non lo so. Ma sarebbe fantastico poterle parlare di persona. Non ho la presunzione di far cambiare idea a qualcuno, ma mi porto addosso una brutta  storia dalla quale forse si può trarre  qualcosa di positivo”.
 

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.