Piero amara ospite a "Piazza pulita" (Ansa)

Il caso

Amara e la loggia Ungheria: un manifesto sull'Italia dei pataccari

Luciano Capone

La procura di Milano accusa di calunnia l’avvocato per aver indicato 66 persone come membri della massoneria. Ma è la stessa procura che tentò di portarlo nel processo Eni-Nigeria. Le storture del circo mediatico giudiziario

Il successo dei pataccari in Italia è un indicatore dello stato di salute delle istituzioni. Perché l’attenzione che riescono a conquistare nella società non dipende dalle loro abilità, bensì dalla credulità dei loro interlocutori. Dove, al di fuori dell’Italia, magistrati e giornali avrebbero mai potuto dare credito a un soggetto come Massimo Ciancimino per il processo del secolo sulla Trattativa? In quale paese, per anni, si sarebbe mai potuto parlare seriamente del fumettistico “Signor Franco” che stava dietro a ogni mistero e non aveva un volto? Dove poteva mai succedere che, mentre i magistrati andavano alla caccia del fantomatico “Signor Franco” il testimone che se l’è inventato portava in giro per l’Italia candelotti di dinamite nell’auto con l’aiuto inconsapevole della scorta fornita dalla procura?

 

E’ solo in questo contesto che si può capire un personaggio come Piero Amara, accusato di calunnia (lo stesso reato commesso da Ciancimino Jr.) dalla procura di Milano per gli interrogatori in cui indicò falsamente 66 persone come membri della fantomatica “loggia Ungheria”. Eppure la procura di Milano, che ora lo vuole processare, tentò di portare Amara nell’altro processo del secolo, quello Eni-Nigeria, con le sue insinuazioni calunniose sul giudice Tremolada. Amara cerca semplicemente di fare i propri interessi e salvarsi dai processi dicendo ai pm ciò che a loro piace sentirsi dire. E lo stesso fa con i giornalisti. Quindi cosa c’è di meglio di una bella loggia massonica in cui ci sono Denis Verdini, Luigi Bisignani e Silvio Berlusconi? E poi vertici delle forze dell’ordine, alti magistrati, giudici costituzionali, politici, consiglieri del Csm e perfino il segretario Stato del Vaticano Parolin? Mancano Licio Gelli e Paul Marcinkus, ma solo perché deceduti. Lo scenario di una nuova P2 che controlla tutto era una polpetta troppo ghiotta per magistrati e giornalisti creduloni, che poi questa carne avariata la rifilano ai cittadini.

 

Piercamillo Davigo, ad esempio, ci ha creduto subito. “Amara dichiarava di essere appartenente a un’associazione massonica segreta che era la prosecuzione della P2 –  ha detto a Brescia nel processo in cui è imputato per rivelazione del segreto –. Aveva detto che il Csm precedente era totalmente controllato dalla loggia Ungheria. Il problema era che quel consiglio aveva effettuato circa mille nomine di magistrati direttivi e semi direttivi. Ho pensato fosse un colpo sferrato all’ordine giudiziario”. Davigo era scioccato da questa loggia potentissima e perciò non ha seguito le vie  formali: per non far scoprire l’indagine. Ma oltre che credulone è anche chiacchierone, e così ha spifferato a un sacco di persone dei verbali secretati: dai membri del Csm alle segretarie, fino a un politico nella tromba delle scale e senza cellulari (per paura di essere intercettati). E così, spettegolando nella massima segretezza, ha diffuso la calunnia nei confronti del collega del Csm Sebastiano Ardita. Ma Amara non è il problema, ne è un sintomo. L’anomalia è il circo mediatico giudiziario che dà spazio alle sue esibizioni.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali