l'intervista

"Sconfitti i dietrologi dell'antimafia". Parla Salvatore Lupo

Ermes Antonucci

“Non serviva la sentenza della Cassazione per capire che la trattativa stato-mafia non è mai esistita. L'accusa si basava sul presupposto che Cosa nostra avesse vinto, ma non è così", dice lo storico dell'Università di Palermo

"Sono contento del verdetto e del fatto che persone che sono state così a lungo imputate, da innocenti, si siano finalmente liberate da questa spada di Damocle. L’iter, come si sa, è stato interminabile, e il processo non è stato solo uno. C’è stata una serie di processi ‘paralleli’, che però alla fine hanno dato tutti lo stesso risultato”. Così, intervistato dal Foglio, lo storico Salvatore Lupo commenta la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha messo la parola fine al processo sulla cosiddetta “trattativa stato-mafia”, assolvendo gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, e l’ex senatore Marcello Dell’Utri. “Tuttavia – aggiunge Lupo – posso rallegrarmi fino a un certo punto, perché ho sempre detto fin dall’inizio che il mio giudizio non dipendeva dalle decisioni adottate in sede giudiziaria. Ho sempre detto che l’impianto dell’accusa non stava in piedi dal punto di vista storico-politico. Quindi, quand’anche fosse stato dimostrato che i carabinieri del Ros avessero commesso dei reati, questo non avrebbe affatto significato che ci fosse stata una trattativa tra la mafia e lo Stato”.

 

Un termine, trattativa, del tutto “improprio” secondo Lupo, “tant’è vero che non esiste un reato di trattativa nel codice penale”. Tuttavia, evidenzia lo storico, “il tentativo di far passare come una trattativa quei comportamenti ha portato a una drogatura del dibattito pubblico, alla quale hanno contribuito gli stessi soggetti protagonisti del processo sul fronte dell’accusa”. “Una parte dell’opinione pubblica resterà convinta che i carabinieri del Ros sono colpevoli”, nota Lupo: “Ci si basa su un preconcetto, cioè che la verità delle questioni di mafia vada sempre ritrovata in luoghi inconcepibili e innominabili, in un gioco del rilancio all’infinito, che non può essere intaccato da alcun ragionamento o sentenza”. 

 

La verità è che “la mafia non ha vinto”, come titola un celebre volume firmato da Lupo con Giovanni Fiandaca: “Tutto l’impianto dell’inchiesta sulla Trattativa presupponeva che la mafia avesse vinto occultamente, ma così non è andata – dice lo storico – Tutte le rivendicazioni del papello, se tali si possono ritenere, non si sono mai realizzate. Già questa semplice constatazione di fatto bastava per rivelare la contraddizione interna dell’idea della Trattativa. Poi, ripeto, i tribunali avrebbero potuto anche rintracciare reati, ma così non è andata e comunque non avrebbe cambiato la constatazione di fondo, che qualsiasi cittadino italiano, se ne avesse voglia, potrebbe fare: la mafia non ha vinto. La mafia di oggi, o per meglio dire le mafie di oggi non sono assolutamente minacciose come lo è stata Cosa nostra fino al 1993”. 

 

Ciò che non è chiaro all’opinione pubblica, prosegue Lupo, “è che la lotta alla mafia non è cominciata nel 1993, ma alla fine degli anni settanta”: “E’ andata avanti con una serie di successi e insuccessi, e per tutto questo periodo il tentativo della mafia di trovare qualche copertura è proseguita con continuità. Quella che viene definita come la strategia del 1993, cioè di alternare le minacce e le blandizie, è stata la strategia di Cosa nostra almeno dal 1981 in poi”. 

 

A causa delle sue affermazioni controcorrente, anche dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, lei è stato oggetto di offese e calunnie. C’è chi si è spinto a inserirla nella categoria della “borghesia mafiosa”. Come ha vissuto queste accuse? “A questa rappresentazione della borghesia mafiosa e del negazionismo non ci sto proprio. Ho scritto libri di una certa importanza. In nessuna logica, se non quella faziosissima, posso essere ritenuto un nemico dell’antimafia. Capisco che siano temi sui quali ci sono divisioni profonde nella società, ma a essere calunniato in questo modo io non ci sto. Da studioso, di fronte a certi eccessi, ho detto la mia, ma questo non significa che si debba ragionare in una logica di buoni e  cattivi. Queste accuse mi hanno molto dispiaciuto. Ma ho il coraggio delle mie idee, quindi dico: pazienza”. 

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