Marco Travaglio (foto Ansa)

editoriali

L'Eni e il circo mediatico-giudiziario: l'assoluzione definitiva passa quasi inosservata

Redazione

Dopo la sentenza sul caso Nigeria, grande imbarazzo tra i giustizialisti. Anni di prime pagine e richieste di dimissioni dei vertici dell’Eni sulla base degli atti di indagine e ora che la vicenda si conclude quasi nulla

E’ vero che è in corso una crisi di governo, in un contesto di guerra in Europa e di rialzo dei costi dell’energia con conseguenti ricadute economiche e rischio che l’instabilità politica si trasformi in finanziaria. Pertanto era naturale che mercoledì le sorti del governo Draghi abbiano occupato tutte le prime pagine, e anche le seconde e le terze, dei giornali italiani. Ma di certo maggiore attenzione poteva essere prestata all’assoluzione definitiva di tutti gli imputati del processo Eni-Nigeria, dopo che la procura generale di Milano, con una scelta probabilmente senza precedenti, ha deciso di non presentare appello contro la sentenza di assoluzione di primo grado, criticando inoltre in termini pesantissimi la procura di Milano per un processo che non sarebbe dovuto nemmeno iniziare.

 

Questa disattenzione sorprende soprattutto da parte dei media che per circa otto anni hanno dato ampissimo spazio a quella che era ritenuta la più grande tangente della storia, sposando totalmente le tesi dei pm De Pasquale e Spadaro e dei loro inattendibili “supertestimoni”Anni di articoli e prime pagine e richieste di dimissioni dei vertici dell’Eni sulla base degli atti di indagine e quasi nulla quando la vicenda giudiziaria viene definitivamente chiusa con un’assoluzione totale. Il Fatto quotidiano, ad esempio, che come linea editoriale ha adottato le tesi della pubblica accusa, si è limitato a un breve articolo a pagina 13. Senza commenti.

 

Nessuna scusa neppure sul Domani dove il direttore Stefano Feltri, che sul caso Eni-Nigeria al nuovo giornale ha portato le tesi di quando era al Fatto, ovvero la richiesta di dimissioni di Descalzi, ora fornisce una singolare ricostruzione della vicenda in cui comunque, a suo avviso, l’Eni ne esce male. E per questo motivo, scrive sempre Feltri, non dovrebbe essere rinnovato il mandato di Descalzi affinché ci sia “un nuovo inizio” per l’Eni. In sostanza Descalzi doveva essere cacciato perché imputato e ora dovrà andarsene perché assolto. La dimostrazione che il giustizialismo ha poco a che fare con la giustizia.