Il caso di Paul Haggis, ora liberato, dice molto di come lavorano i giudici

Ermes Antonucci

Il regista ha trascorso sedici giorni ai domiciliari con l'accusa di stupro. Per la gip "era incapace di resistere ai propri istinti sessuali". Ora, però, la stessa giudice lo ha liberato fornendo una ricostruzione radicalmente diversa

Il regista e sceneggiatore premio Oscar, Paul Haggis, è tornato in libertà dopo sedici giorni trascorsi agli arresti domiciliari con le accuse di violenza sessuale e lesioni aggravate nei confronti di una donna di 28 anni di nazionalità inglese. Gli abusi, secondo l’accusa, sarebbero avvenuti dal 12 al 15 giugno a Ostuni, dove la star di Hollywood avrebbe dovuto condurre delle masterclass per un festival cinematografico. Dopo sedici giorni di arresti e di sputtanamento mediatico a livello internazionale, le accuse nei confronti di Haggis si sono drasticamente ridimensionate.

 

Se nella prima ordinanza che disponeva gli arresti domiciliari, la giudice delle indagini preliminari del tribunale di Brindisi, Vilma Gilli, aveva sottolineato “l’assoluta incapacità” di Haggis “di controllare i propri istinti e di desistere dai propri propositi in un contegno di prevaricazione e dominanza”, nella nuova ordinanza di revoca degli arresti la stessa gip ha delineato un’immagine del regista radicalmente diversa. Per la gip, infatti, il racconto della ventottenne inglese, presunta vittima di violenza sessuale, fatto nel lungo incidente probatorio del 29 giugno, “non solo ha confermato l’assenza di contegni violenti costrittivi da parte dell’indagato al fine di consumare gli atti sessuali ma ha rivelato una complessa vicenda che sfuma l’originario giudizio espresso nella ordinanza” che aveva disposto gli arresti domiciliari per Haggis.

 

Nell’ordinanza, il magistrato spiega che “le modalità di incontro tra indagato e persona offesa, la spontanea permanenza” della donna “presso la residenza dell’indagato anche successivamente agli abusi, i momenti di convivialità tra loro durante le giornate o l’ordinaria messaggistica dei propri impegni/spostamenti, le modalità di commiato adottate dalla persona offesa, sono espressione di una complessità di interazioni tra le parti che, anche laddove meritevole di approfondimento, allo stato affievolisce il giudizio negativo della personalità di Haggis quale soggetto incline a esercitare violenza, fisica o psichica, in danno di terzi”. Insomma, colui che in fretta e furia era stato indicato come un uomo “incapace di resistere ai proprio istinti sessuali”, cioè come un incontrollabile predatore sessuale, agli occhi del medesimo magistrato sembra improvvisamente non essere più tale.

 

La vicenda, a parte confermare la tendenza degli organi di informazione ad alimentare il meccanismo della gogna mediatico-giudiziaria (con echi giunti fino all’altra sponda dell’oceano), ribadisce anche la propensione dei giudici, in particolar modo quelli delle indagini preliminari, ad appiattirsi alle tesi avanzate dalla pubblica accusa e soprattutto ad avanzare, con una certa indolenza e pigrizia, giudizi sulla personalità dei soggetti indagati dal taglio moraleggiante se non psicoanalitici.

 

Così, tornano ad esempio alla mente le parole impiegate dal gip di Genova, Paola Faggioni, per motivare gli arresti domiciliari nei confronti dell’ex di Autostrade Giovanni Castellucci nella recente inchiesta riguardante la sicurezza di alcuni tratti autostradali: “Una personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata ad una logica strettamente commerciale e personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva”. Oppure il passaggio in cui il gip di Matera Angela Rosa Nettis nel 2018 pose agli arresti domiciliari il governatore della Basilicata, Marcello Pittella, in un’inchiesta sulle raccomandazioni e sui concorsi truccati nella sanità, definendolo il “deus ex machina” di una “distorsione istituzionale nella sanità lucana” (lo scorso dicembre Pittella è stato assolto).

 

E ancora, torna alla mente la “spiccata personalità criminale”, secondo il gip di Messina Monia De Francesco, dell’allora neo eletto consigliere regionale siciliano Cateno De Luca, posto agli arresti domiciliari con l’accusa di evasione fiscale (anch’egli assolto lo scorso gennaio). Anche se le parole più indimenticabili resteranno quelle con cui il gip Aldo Morgigni nel 2010 autorizzò l’arresto dei principali manager di Fastweb e Telecom Italia Sparkle (tra cui Silvio Scaglia, Stefano Mazzitelli e Mario Rossetti): “Una delle frodi più colossali mai poste in essere nella storia nazionale”. Vennero tutti assolti.

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