“Protesta dei magistrati inopportuna. Le leggi le fa il Parlamento”. Parla Flick

Ermes Antonucci

Per l'ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte costituzionale, la magistratura con la minaccia di sciopero contro la riforma del Csm "continua a dilapidare la sua già scarsa credibilità": "La vicinanza tra queste iniziative e le prossime elezioni del Csm, inoltre, conferma il permanere della correntocrazia". 

La protesta dei magistrati mi sembra inopportuna nel contenuto, nel metodo e nelle ragioni. I magistrati hanno tutto il diritto di promuovere iniziative per questioni legate alla loro posizione di dipendenti statali, ma lo sciopero non può costituire l’occasione per far valere orientamenti politici o per contestare i contenuti di scelte legislative, peraltro ancora oggetto di discussione in Parlamento. Le leggi in questo paese le fa il Parlamento”. Intervistato dal Foglio Giovanni Maria Flick, già ministro della Giustizia e presidente emerito della Corte costituzionale, commenta la minaccia di sciopero avanzata dalle correnti della magistratura contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, su cui la Guardasigilli Marta Cartabia è riuscita, dopo faticose trattative, a raggiungere un accordo nella maggioranza.

 

Proprio martedì, in “curiosa” concomitanza con l’approdo del testo di riforma all’aula della Camera, l’Associazione nazionale magistrati annuncerà le iniziative di mobilitazione contro la riforma, con le correnti che spingono per l’opzione più radicale: lo sciopero. Una possibilità prefigurata nei giorni scorsi dallo stesso presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia. A colpire Flick è proprio il momento scelto dall’Anm, cioè quello “in cui il Parlamento si accinge a varare una riforma che sarà oggetto di dibattito, nel quale anche i magistrati potranno far sentire la propria voce. Mi pare inaccettabile l’idea che in questa fase la magistratura associata voglia far valere pressioni. La vicinanza tra queste iniziative e le prossime elezioni del Csm, inoltre, conferma il permanere della correntocrazia”, afferma l’ex ministro della Giustizia.

 

“Mi pare problematico che la magistratura continui a dilapidare un patrimonio di credibilità e di fiducia che ha accumulato nel tempo attraverso comportamenti di questo genere”, aggiunge Flick, prima di riconoscere che la magistratura di credibilità “già ne ha dilapidata abbastanza” negli ultimi anni, soprattutto dopo l’emergere dello scandalo Palamara sulle “nomine pilotate” al Csm.

 

“Se le scelte della politica dovessero tradursi in violazioni dei principi fondamentali della Costituzione relativi all’indipendenza della magistratura e all’esercizio della funzione giurisdizionale vi sono già strumenti da poter attivare, primo fra tutti il ricorso alla Corte costituzionale. Ma l’idea di tradurre il dissenso in uno sciopero, cioè in un’astensione dall’adempimento dai propri doveri di lavoro, non mi pare assolutamente giustificata”, dice Flick, “anche perché il diritto fondamentale di sciopero non può arrivare fino al punto di condizionare quelle che sono le scelte legislative del paese, attraverso il Parlamento”.

 

“Stiamo assistendo – prosegue il presidente emerito della Consulta – a un dibattito che mi pare sia andato largamente al di là del dibattito politico e giuridico sui contenuti della riforma. Credo che da parte di alcuni componenti della magistratura si sia dimostrata un’ostilità preconcetta nei confronti della riforma, così come dalla parte della politica si sia dimostrata da parte di qualcuno una sorta di desiderio di ritorsione nei confronti degli errori compiuti da alcuni magistrati. Credo che non sia questo il clima in cui si possano fare le riforme, un clima fatto di reciproci battibecchi e reciproche contrapposizioni. Inoltre, non si può risolvere la crisi della magistratura attraverso micro interventi spot su singoli frammenti processuali o ordinamentali”.

 

Eppure, in una recente intervista il presidente dell’Anm si è spinto addirittura ad affermare che la riforma in discussione “riporterà la magistratura al periodo pre-costituzionale”. “Non condivido assolutamente una valutazione di questo genere”, commenta Flick. “Credo che alcuni esponenti della magistratura e alcuni orientamenti della correntocrazia abbiano cercato di riconoscere alla magistratura posizioni e atteggiamenti che non sono quelli che la Costituzione giustifica. La Costituzione dice che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, cura l’indipendenza e l’autonomia esterna e interna della magistratura, ma non attribuisce alla magistratura un potere di condizionare le riforme. Le leggi in questo paese le fa il Parlamento. Tutti i contributi culturali e istituzionali sono ben accetti, ma non fino al punto di condizionare le riforme stesse”, spiega Flick.

 

“E’ un’esperienza – aggiunge – che io stesso ho vissuto a mie spese, quando mi sono ritrovato a svolgere l’incarico di ministro della Giustizia. In molti ritenevano che il disco verde alle riforme potesse venire solo se vi fosse il placet delle correnti della magistratura. Tutto questo è avvenuto anche perché la politica ha lasciato che ciò capitasse e non ha opposto a questo atteggiamento, a mio avviso inaccettabile, un discorso costruttivo di contrapposizione e di fermezza”.

 

“Il problema di fondo – conclude Flick – è che la politica ha abdicato a certi suoi compiti e ha lasciato che questi venissero assunti dalla magistratura. Ma la Costituzione attribuisce alla magistratura e ai giudici il compito di accertare responsabilità di persone singole attraverso il giudizio su fattispecie specifiche, non quello di affrontare problemi di sistema. L’albero della giustizia dovrebbe dare due frutti: il frutto della ragionevole durata del processo e il frutto della ragionevole prevedibilità del diritto, che si collega al principio della certezza. Non siamo stati in grado di dare nessuno di questi due frutti alla giustizia italiana”.

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