Il sarcasmo dei pm di Brescia contro l'assoluzione di Storari per i verbali dati a Davigo

Ermes Antonucci

La procura fa ricorso contro l’assoluzione del pm milanese, perché un magistrato dovrebbe conoscere le leggi che ogni giorno è chiamato a interpretare e applicare

“Non è certamente frequente imbattersi in una sentenza di assoluzione per il riconoscimento di errore di diritto per ignoranza inevitabile della legge extrapenale, specie se ad essere imputato è un magistrato della Repubblica, soggetto che interpreta e applica le norme per professione”. Non usa mezzi termini la procura di Brescia nel ricorso depositato in corte d’appello contro la sentenza di assoluzione con cui il gup bresciano, Federica Brugnara, lo scorso 7 marzo ha assolto il pm milanese Paolo Storari dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio, per aver consegnato nell’aprile 2020 all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo (rinviato a giudizio per la medesima vicenda) i verbali secretati degli interrogatori resi dall’avvocato Piero Amara sulla fantomatica “loggia Ungheria”.

 

L’assoluzione di Storari era apparsa fin da subito a dir poco sorprendente. Il giudice bresciano aveva infatti ritenuto sussistente l’elemento oggettivo del reato, reputando non autorizzata la rivelazione del segreto d’ufficio in favore di Davigo, ma aveva poi escluso l’elemento soggettivo, ritenendo “scusabile” la condotta di Storari, “convinto di interloquire con un soggetto (Davigo, nda) legittimato a ricevere quelle informazioni e di veicolarle allo stesso per finalità istituzionali”.

 

Storari aveva consegnato copia di quei verbali con lo scopo di chiedere tutela in quanto, a suo dire, l’allora procuratore Francesco Greco e la sua vice Laura Pedio avevano messo un freno alle indagini per far luce se le dichiarazioni di Amara fossero veritiere o calunnie. La trasmissione dei verbali, però, come ricorda la procura di Brescia, sarebbe al più dovuta avvenire, come recitano chiaramente alcune circolari del Csm, al comitato di presidenza dello stesso Consiglio Superiore, di cui però Davigo non faceva parte: “Storari – scrivono i pm – ha pertanto consegnato atti di indagine a un soggetto diverso da quelli autorizzati per legge a riceverli, allargando indebitamente la platea dei destinatari della rivelazione”.

 

“Può un sostituto procuratore consegnare atti di indagine in formato word a un consigliere del Csm nel salotto di casa sua, senza formalizzare alcunché e quindi senza spiegare le ragioni dell’uscita di tali atti dal perimetro investigativo?”, è l’interrogativo posto in maniera chiara, e anche con una certa meraviglia, dai pm bresciani, i quali forniscono risposta nettamente negativa.

 

La procura bresciana evidenzia, inoltre, come sia stato lo stesso Storari ad ammettere di non essersi minimamente informato sulla procedura da seguire in merito alla fuoriuscita dei verbali. Il pm si affidò alle parole di Davigo circa la legittimità della rivelazione, senza poi neanche valutare autonomamente la fondatezza delle rassicurazioni ricevute, dunque “con un comportamento sicuramente negligente (e non ‘scusabile’ come invece definito in sentenza), specie se commesso da un magistrato”.