Mattarella al Plenum del CSM nel 2020 (LaPresse)

Proposte strong di Pisapia per onorare l'invito di Mattarella sulla giustizia

Giuliano Pisapia

Il presidente della Repubblica ha rotto un tabù, ha detto che i cittadini non hanno la certezza del diritto che è la base di una convivenza civile e democratica. Urgono riforme

Sergio Mattarella è stato chiarissimo: la riforma della giustizia è urgente e necessaria. Lo ha detto da presidente della Repubblica rieletto e da presidente del Csm e lo ha detto davanti al Parlamento a Camere riunite in modo che non potessero essere equivoci sui destinatari del suo messaggio. La riforma, o meglio le riforme, sono urgenti non solo per gli scandali, le inchieste, le accuse reciproche tra magistrati che hanno caratterizzato gli ultimi anni, ma anche perché i cittadini, come ha spiegato Mattarella “non devono avere il timore di decisioni arbitrarie che, in contrasto con la doverosa certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone”. Il Capo dello Stato ha rotto un tabù, ha detto che i cittadini non hanno la certezza del diritto che è la base di una convivenza civile e democratica.

   

Il primo passo da fare – che però senza le altre riforme finirebbe con essere insufficiente – è quello di cambiare la legge elettorale per la composizione del Csm. Una riforma che sarà attuata già concretamente il prossimo luglio quando sarà rinnovato l’attuale Consiglio dopo quattro anni di mandato che hanno visto la caduta della credibilità di un organo costituzionale fondamentale per l’esercizio della giurisdizione che è una delle basi della nostra democrazia. Un obiettivo condivisibile ma non credo che possa bastare un intervento ‘tecnico’ sulla legge elettorale per ottenere questo risultato finché la stessa magistratura organizzata non sceglierà di operare una vera rivoluzione interna ponendo fine alle ingerenze sui candidati da eleggere e abbandonando le logiche pseudo partitiche. Occorrono personalità che una volta elette siano veramente autonome e indipendenti sia dalla politica che dalle stesse correnti. Sarebbe utile prevedere collegi elettorali  piccoli in modo che i singoli magistrati votino i colleghi di cui possono conoscere direttamente la serietà, la credibilità e la professionalità.

 

Un altro punto controverso è quello delle nomine a “pacchetto”, una prassi diventata regola che ha permesso di dividersi tra le correnti i ruoli dirigenti negli uffici giudiziari. Un sistema che non sempre ha premiato il merito, ma spesso la fedeltà correntizia.  E’ evidente, oltre che giusto, che solo scelte basate  sulle qualità dei candidati può superare un’impasse che attualmente danneggia gravemente la credibilità della magistratura. Il ‘bilancino’ tra le correnti non può più essere il criterio per la scelta dei magistrati che devono guidare tribunali, procure, Corti d’appello o per la Corte di Cassazione. Ruoli peraltro diventati ancora più importanti rispetto al passato dopo la riforma che ha rafforzato i poteri di chi guida gli uffici giudiziari.

   

Un aspetto sempre più importante è poi quello relativo alla funzione del Csm di “giudice” dei magistrati creando una situazione per cui i controllori sono votati da chi deve essere controllato e, in alcuni casi, sanzionato. Da tempo sono convinto della necessità di trovare una soluzione innovativa che preveda un diverso organo che valuti le eventuali sanzioni disciplinari. E’ una soluzione complicata ma indispensabile che deve avere come presupposto una totale autonomia e indipendenza. Per questo è del tutto condivisibile la proposta avanzata da Luciano Violante perché venga introdotta un’Alta Corte delle Magistrature costituita con criteri analoghi a quelli della Consulta. Sarebbe quello il giudice per le decisioni amministrative e disciplinari.

 

Quanto ai magistrati che si candidano a ruoli pubblici, debbono essere posti limiti chiari sia rispetto alla candidatura nel Distretto in cui operano sia sul rientro in ruolo al termine del proprio mandato. Per chi invece è stato eletto è necessario evitare una volta per tutte il sistema delle “porte girevoli”. Chi ha deciso, del tutto legittimamente, di iniziare un’esperienza politica non può poi riprendere il ruolo “super partes” di chi fa parte della magistratura. Sul principio in Parlamento c’è una ampia maggioranza ma poi le stesse forze politiche si indignano quando questi casi riguardano altri partiti ma finiscono a loro volta per candidare magistrati, più o meno conosciuti, nella speranza, spesso dimostratasi errata, che possano riportare grandi consensi. Mattarella è stato applaudito da tutto il Parlamento quando ha sottolineato che la giustizia è un “elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della vita della nostra società’. Ulteriori ritardi sarebbero quindi inaccettabili, non solo rispetto all’Europa ma anche verso i nostri concittadini.

 
Giuliano Pisapia
europarlamentare e vicepresidente commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo