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la campagna #freemenendez

La cronaca nera s'incrocia con la “wokeness” e su TikTok si rifanno i processi

Greta Privitera

Ogni mese c’è un processo sbagliato, un animale da salvare, un’ingiustizia che finisce nel mirino dei giovani “giuristi” social. L'ultimo caso è la vicenda dei fratelli Menendez. Un potere enorme e un grande rischio

Per Sofia, 16 anni, la questione è semplice: Lyle e Erik hanno ucciso i genitori con quindici colpi di pistola, sbagliatissimo. Li hanno trucidati, hanno dilapidato il patrimonio di famiglia tra viaggi, ristoranti (comprati), Rolex e macchine di lusso, ma l’ergastolo non lo meritano perché quel padre e quella madre abusavano di loro fisicamente e psicologicamente da quando erano piccoli. 

 

Qualche settimana fa, nella pagina dei “Per te” di TikTok, a Sofia è uscito il video di una tiktoker che spiegava la vicenda dei Menendez, due fratelli americani che nel 1996 sono stati condannati per omicidio. La semi influencer spiegava agli altri giovani utenti come erano andate le cose e li esortava a unirsi alla battaglia per chiedere la revisione della pena, secondo lei ingiusta. Sofia, incuriosita, ha cliccato sul video seguente. Poi su quello dopo ancora, e ancora fino a scoprire che TikTok è invaso da clip di adolescenti – soprattutto americani – che in massa stanno pubblicando spezzoni del processo Menendez, condividevano le loro opinioni sul caso, chiedendo la stessa cosa a colpi di cancelletto: #freemenendez. L’hashtag ha riportato in superficie una storia finita nel dimenticatoio che ora fa quattrocento milioni di visualizzazioni sui social, numeri che Hollywood si sogna. Ma non è solo una questione di visualizzazioni e like. 

 

La potente tribù di TikTok ha già fatto partire una petizione su Change.org da centinaia di migliaia di firme, e su Instagram pagine come @projectmenendez hanno organizzato una campagna per scrivere lettere da inviare a Gavin Newsom, governatore della California, con la richiesta di commutare la sentenza. Sofia si è appassionata così tanto alla vicenda che anche lei è andata su YouTube e si è riguardata tutto il processo, uno dei primi registrati e mandati in onda da Court Tv, che, oltre a essere stata l’emittente pioniera del true crime è stata anche la televisione che negli anni Novanta ha trasformato la storia dei fratelli Menendez in un fenomeno pop.

 

In breve, è andata così: il 20 agosto 1989, Erik e Lyle, 18 e 21 anni, sono entrati nella villa di famiglia a Beverly Hills dove vivevano Jose Menendez, il padre milionario, e la madre Kitty. A turno, hanno sparato una raffica di colpi che ha ucciso i genitori. Inizialmente gli inquirenti pensavano si trattasse di un omicidio di stampo mafioso, ma poi l’amante dello psicologo che seguiva i due ragazzi ha portato alla polizia una cassetta dove c’era registrata la loro confessione, e tutto è iniziato. Sofia dice: “Durante il processo, a un certo punto raccontano di quando il papà abusava di loro in doccia, uno strazio”.  Nel 1989, gli abusi sessuali non avevano la stessa rilevanza mediatica che hanno oggi, e la testimonianza in lacrime dei fratelli fu respinta come un tentativo disperato di sfuggire alla pena massima: per la giuria erano due avidi truffatori. In effetti, se i Menendez fossero accusati oggi, la storia potrebbe avere un finale diverso. 

 

In questa vicenda, si sono incrociati due binari: la passione dei più giovani per il true crime e la maggiore sensibilità per i diritti dei minori e delle donne, portati avanti da movimenti come quello del #metoo. La fiction ha incontrato la realtà e ha fatto crescere esponenzialmente l’attenzione dei tiktoker sui Menendez, e politici e commentatori tv ne stanno riparlando. Ad alcuni è sorto un dubbio: ma se si rileggessero tutti i vecchi casi giudiziari con le lenti di oggi, probabilmente se ne dovrebbe rivedere la gran parte. 

 

C’è un’altra questione che rischia di diventare pericolosa. Nelle scorse settimane, su TikTok era diventato virale il caso di Sophia Juarez, una bambina rapita nel 2003. Ogni mese c’è un processo sbagliato, un animale da salvare, un’ingiustizia che finisce nel mirino dei giovani “giuristi” che si fanno sentire. Un potere enorme che può diventare uno strumento di mobilitazione dell’opinione pubblica, ma che se mal gestito potrebbe essere usato anche in modo improprio. Il rischio è che il sistema giudiziario, la politica, l’opinione pubblica diventino ostaggio della forza mediatica dei social, finendo per essere di fatto costretti a intervenire, a volte anche fuori tempo massimo. Prima i compagni di classe di Sofia si consigliavano serie Tv come “How to get away with murder”, oggi si sono appassionati anche alla storia dei Menendez in un mix surreale tra fiction e vita. Dalla cella, i fratelli ringraziano.

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