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La grave indifferenza per lo stalking giudiziario contro Mannino

Paolo Cirino Pomicino

Accusato, incarcerato, assolto e ora nuovamente preso di mira dai magistrati di Palermo in cerca di scalpi giudiziari. Ora basta

Sino a quando gli italiani dovranno avere la pazienza di sopportare in silenzio le marachelle di un gruppo di procuratori della repubblica di Palermo eterodiretti dal canuto Giancarlo Caselli? Ci riferiamo alla vicenda giudiziaria di Calogero Mannino accusato prima di concorso esterno mafioso e poi di essere stato uno degli autori della famosa trattativa Stato-mafia. Anni di carcere e assoluzioni a gogò di Mannino non hanno fiaccato lo stalking che Caselli, Scarpinato, Ingroia e Di Matteo ed altri di quello strano ufficio di Palermo che hanno praticato per 25 anni contro Calogero Mannino, uno degli uomini di punta della democrazia cristiana nazionale. Perché a guardare bene la vicenda proprio di stalking si tratta e la riprova l’ha dato l’ultimo ricorso della procura generale di Palermo retta da Scarpinato, collega e collaboratore stretto di Giancarlo Caselli. Mi chiedo: perché bisogna avere rispetto di chi non si scusa per il male e il danno che ha fatto quando dei parlamentari, dei singoli ministri, dei presidenti del consiglio si dice di tutto e di più senza che nessuno alzi un sopracciglio? La separazione dei poteri significa che uno di quelli è al di sopra degli altri?

 

Noi abbiamo trattenuto la nostra indignazione per anni sino a quando abbiamo letto il ricorso alla Cassazione della procura generale di Palermo contro l’ennesima assoluzione di Mannino. In quella sentenza abbiamo letto una puntuale e circostanziata critica dei comportamenti tenuti dall’accusa. Forse sarebbe necessario che quella sentenza venisse inviata alla procura di Caltanissetta per verificare se ci siano elementi sui quali indagare.

 

Ma torniamo al ricorso in Cassazione contro Mannino. La procura generale di Palermo non contesta alcunché nel merito anche perché non potrebbe farlo per legge dopo due assoluzioni con formula piena ma s’inventa un qualcosa che testimonia lo spirito di persecuzione di cui abbiamo parlato. Il motivo addotto è un’originale cavillo che non sta né in cielo né in terra. I grandi persecutori chiedono che la cassazione riconosca una possibile illegittimità costituzionale della sentenza assolutoria emessa dalla corte di appello di Palermo per non aver voluto ascoltare i pentiti Giovanni Brusca, Francesco Onorato e Filippo Bisconti e rinvii alla Corte costituzionale il tutto perché esamini la vicenda mandando così la palla sugli spalti. Naturalmente non vale il fatto rilevato dalla stessa corte di appello di Palermo che i pentiti citati da Scarpinato e compagni siano stati più volte sentiti nei vari processi a carico di Mannino risoltisi tutti con assoluzioni con formula piena. E perché mai dopo 24 anni di collaborazione con la giustizia e dopo diverse deposizioni dinanzi a più corti di giustizia Brusca, Onorato e Bisconti dovrebbero ricordare cose avvenute in un tempo lontano? Non è forse lecito sospettare che, ad esempio, il più noto dei due, Giovanni Brusca, possa essere stato sollecitato a “ricordare più attentamente” qualcosa? Ricordiamo male o nel 1996, due mesi dopo il suo arresto, Brusca, dichiarando di volersi pentire, cominciò a parlare di Luciano Violante e del suo famoso volo del dicembre 1993 Roma-Palermo con l’allora presidente della commissione antimafia? La vicenda di Brusca è piena di misteri non ultimo il fatto che è rimasto forse l’unico degli arrestati per l’omicidio Falcone e di tanti altri cui non sono stati applicati gli sconti di pena previsti dalla legge per i pentiti di mafia visto che è in carcere da 24 anni. Probabilmente pur avendo lo status di pentito i magistrati inquirenti non lo ritengono affidabile del tutto.

 

Noi speriamo che la Cassazione reputi irricevibile un siffatto ricorso per la assoluta inconsistenza delle motivazioni fatto da una procura i cui comportamenti dovranno richiedere prima o poi una commissione di inchiesta parlamentare anche perché nel fantasioso processo sulla trattativa Stato-mafia emergeranno presto omissioni, depistaggi e fantasie a tutela di altre questioni. Ma di questo avremo modo di parlare prendendo ancora una volta atto che i procuratori della repubblica non sempre si mostrano all’altezza, purtroppo, dei loro colleghi giudicanti.

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