Il capo della polizia Franco Gabrielli, assieme al procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo e al generale Vittorio Tomasone (foto LaPresse)

Il procuratore di Napoli prova a fermare la gogna mediatico-giudiziaria

Ermes Antonucci

Giovanni Melillo ha adottato un ordine di servizio volto a disciplinare criteri e modalità di rilascio di copia dei provvedimenti giudiziari ai giornalisti per garantirne un accesso paritario e regolamentato

Roma. Mentre l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni approvata nel 2017 resta bloccata per volere dei grillini, per la prima volta una procura cerca di mettere un freno al corto circuito mediatico-giudiziario, spesso basato su notizie e intercettazioni penalmente irrilevanti. Il procuratore capo di Napoli, Giovanni Melillo, ha infatti adottato un ordine di servizio volto a disciplinare criteri e modalità di rilascio di copia dei provvedimenti giudiziari agli organi di informazione. Il documento trae spunto dalle linee guida approvate dal Csm lo scorso anno in materia di comunicazione degli uffici giudiziari, e si fonda sull’articolo 116 del codice di procedura penale, secondo il quale “durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti”. Ora questa facoltà viene riconosciuta anche ai giornalisti, con particolare riferimento agli atti compiuti nella fase delle indagini preliminari e non più coperti da segreto. L’obiettivo principale è quello di garantire ai giornalisti un accesso paritario e regolamentato ai provvedimenti giudiziari (specialmente le misure di custodia cautelare), evitando così che pochi cronisti “selezionati” continuino a ottenere le carte sottobanco, e spesso in maniera parziale, grazie alla benevolenza di inquirenti, investigatori o avvocati. Il rilascio di copia di provvedimenti non coperti dal segreto investigativo agli organi di informazione che ne facciano richiesta – si legge nell’ordine di servizio – deve infatti considerarsi “funzionale ad assicurare, da un lato, il corretto esercizio del diritto di cronaca e, dall’altro, il soddisfacimento dell’interesse pubblico a un’informazione obiettiva e trasparente in relazione a fatti di rilevanza e interessi collettivi”.

 

Dopo aver riconosciuto ai giornalisti parità di accesso agli atti, il documento si premura di stabilire dei criteri attraverso cui evitare che dagli uffici giudiziari fuoriescano notizie prive di rilevanza penale o potenzialmente lesive della riservatezza delle persone coinvolte e dell’andamento delle indagini.

 

E’ il procuratore della Repubblica, su segnalazione dei procuratori aggiunti, a valutare la sussistenza dei presupposti che legittimano il rilascio della copia dei provvedimenti agli organi di informazione che ne facciano richiesta, fermo restando i divieti di pubblicazione previsti dal codice di procedura penale, “sotto il profilo sia della cessazione del segreto, sia della ricorrenza dell’interesse pubblico all’informazione dei fatti oggetto del provvedimento, sia della presenza di eventuali controindicazioni alla divulgazione dello stesso”.

 

Il rilascio della copia deve rispettare alcuni criteri: non deve interferire con le investigazioni in corso e con l’esercizio dell’azione penale e deve avere luogo nel rispetto del segreto delle indagini e del principio di riservatezza; non deve ledere la tutela dei diritti dei soggetti coinvolti nel procedimento o dei terzi; deve avvenire evitando ogni ingiustificata comunicazione di dati sensibili o la diffusione di notizie e immagini potenzialmente lesive della dignità e della riservatezza delle vittime e delle persone offese dai reati, in particolari se minori.

 

A puntellare l’ordine di servizio ci pensa la circolare adottata nel 2016 dal precedente procuratore capo di Napoli, Giovanni Colangelo, che ha stabilito i criteri da seguire per evitare la diffusione di intercettazioni inutilizzabili o irrilevanti. Al pari di una circolare adottata anche dalla procura di Roma, il documento ha imposto alla polizia giudiziaria di non inserire le intercettazioni irrilevanti per le indagini nei verbali delle operazioni (i cosiddetti brogliacci) né nelle annotazioni di polizia giudiziaria. In caso di dubbio in merito alla rilevanza della conversazione, la polizia giudiziaria riferisce al pm, che dà disposizioni al riguardo.

 

Ovviamente bisognerà aspettare per vedere se, nella pratica di tutti i giorni, le novità introdotte dal procuratore Melillo serviranno a evitare il riproporsi dei soliti meccanismi della gogna mediatico-giudiziaria. E ovviamente sarebbe preferibile che a stabilire le regole fosse il legislatore, anziché le singole procure. Ma vista l’opposizione in Parlamento del Movimento 5 stelle, che nella gogna ci sguazza, tocca accontentarsi.