Sede Purdue Pharma (Foto LaPresse)

Giustizia o risarcimento? Il dilemma del grande processo agli oppiacei

Il caso non e’ chiuso con la bancarotta di Purdue

Roma. Il colosso farmaceutico americano Purdue ha fatto tutto ciò che era in suo potere per raccontare la procedura di bancarotta da poco presentata come il modo più rapido e certo per risarcire i milioni di americani danneggiati dalla dipendenza da OxyContin e altri oppiacei prodotti dall’azienda. Un patteggiamento, dice Purdue, eviterebbe “un caleidoscopio di processi in tribunale” che costerebbe all’azienda, tanto per avere un’idea, 263 milioni di dollari in spese legali soltanto per quanto riguarda il 2019. Tutti soldi che non finirebbero nelle tasche di chi ha sporto denuncia. La bancarotta darebbe immediata soddisfazione alla parte lesa, spartirebbe con una complicata ristrutturazione l’ingente patrimonio di Purdue così com’è ora (circa 10 miliardi di dollari) e, in cambio, chiuderebbe all’istante i 2.600 procedimenti aperti negli Stati Uniti e al momento accorpati presso una corte federale dell’Ohio.

 

Il gigante che in decenni di menzogne e campagne di marketing fuorvianti ha trasformato gli antidolorifici in una piaga sociale su larga scala finisce gambe all’aria e chi ha subito danni si prende la fetta di bottino che gli spetta. Un bel lieto fine, no? La storia è più complicata di così. Purdue ha pianificato questa manovra con cura. E’ almeno dall’estate del 2018 che la famiglia Sackler, dinastia americana favolosamente ricca e proprietaria di Purdue, lavora per organizzare un patteggiamento vantaggioso. Quando sono finiti sotto il vociante boicottaggio degli studenti di Harvard e di altre università d’élite, per via dei fondi che generosamente versavano, i Sackler ha messo a capo del board di Purdue Steve Miller, uno dei più noti specialisti di ristrutturazioni, e si sono affidati allo studio legale Davis, Polk & Wardwell, esperti di diritto fallimentare. Il progetto prevede lo smantellamento di Purdue e la cessione di Mundipharma, un’altra controllata in Inghilterra, in cambio della protezione della famiglia Sackler, che tecnicamente non è sotto processo. Se l’accordo proposto alle procure americane andrà in porto, i Sackler perderanno il gioiello di famiglia, ma loro molto probabilmente non saranno perseguibili e non dovranno ammettere alcuna colpa. E rimarrà loro qualche altro gioiello che hanno sapientemente nascosto prevedendo la bancarotta, come il miliardo di dollari che secondo la procura di New York hanno trasferito in vari conti esteri a nome di uno dei membri della famiglia. Se la caveranno, secondo un conteggio ancora da confermare, sborsando 3 miliardi di dollari, finanziando il resto dei risarcimenti proprio con i proventi dell’OxyContin. In pratica, la bancarotta dell’azienda rischia di trasformarsi in una specie di vittoria per le “persone che sono fra le più responsabili della scia di morte e distruzione che l’epidemia di oppiacei ha lasciato dietro di sé”, come ha detto il procuratore generale della North Carolina, Josh Stein.

 

Stein è uno fra i ventiquattro procuratori generali che non vogliono accettare il patteggiamento, e propende invece per infilarsi in quel caleidoscopio di cause legali che l’azienda descrive come un pantano che darà risarcimenti incerti e in tempi biblici. In realtà, i critici del compromesso dicono anche che le stime offerte dalla proprietà sull’ammontare che effettivamente sarà risarcito sono esagerate, così da indurre le parti ad accettare un accordo che alla prova dei fatti si rivelerà più svantaggioso per la parte lesa di come è presentato. Altri ventiquattro procuratori propendono invece per l’accordo, insistendo sulla priorità di risarcire le vittime. Il caso Purdue configura un dilemma della giustizia: accettare un accordo che lascia a piede libero i responsabili ma risarcisce le vittime, oppure inseguire fino alla fine la famiglia Sackler, affrontando incertezze e lungaggini di migliaia di processi? La procuratrice generale di New York, Letitia James, una delle voci al centro del dibattito ha sintetizzato così una conclusione a cui diversi degli attori coinvolti sono arrivati: “Qualunque accordo tolga agli americani miliardi di dollari, permetta ai Sackler di fuggire dalle loro responsabilità e lasci che questa famiglia continui a fornire le sue droghe al mondo è un pessimo accordo”.