Kunstmuseum di Christ & Gantenbein (foto Jean-Pierre Dalbéra via Flickr)

Svizzeri in Giappone

Michele Masneri

Emanuel Christ e Christoph Gantenbein hanno scelto un fotografo italiano per illustrare le loro opere

Con un’azzardata profezia, poco prima di morire, Le Corbusier disse che tre erano i paesi negati per l’architettura moderna: l’Olanda, il Giappone e la Svizzera (che poi era il suo di nascita). La storia lo ha smentito abbastanza clamorosamente: Arata Isozaki è appena diventato l’ottavo Pritzker Prize nipponico, per non parlare dell’onda lunga olandese che comincia con Rem Koolhaas e finisce con Winy Maas, leader degli MVRDV e attuale direttore di Domus.

 

In Svizzera, invece, particolarmente a Basilea, vanno forte le coppie: Herzog&deMeuron, Diener&Diener e ora Christ& Gantenbein. Questa città in cui il fiume Reno era frontiera tra l’impero romano e i barbari, dove negli anni Settanta gli unici immigrati erano gli italiani di Pane e cioccolata, ora è diventata una città ricchissima con i due colossi farmaceutici Novartis e La Roche, multiculturale e internazionale come provato dalle fondamentali Art Basel e Baselworld - le due fiere più importanti al mondo per l’arte e per gli orologi.

 

Emanuel Christ e Christoph Gantenbein sono nati (bene) qui, hanno lavorato dai Pritzker locali Herzog&deMeuron e poi si sono messi in proprio: oggi sono due splendidi quarantenni autori di poche opere ma di ottimo livello sparse fra Svizzera e Germania, su cui svetta l’ampliamento del locale Kunstmuseum, grigio ma impercettibilmente illuminato da scritte digitali che scorrono come in una piccola Times Square in bianco e nero. Naturalmente amano l’Italia dove hanno casa, e italiano è il fotografo che da tempo hanno scelto per illustrare le loro opere: Stefano Graziani. Il 20 marzo a Tokyo presso la Hillside Gallery apre una mostra di fotografie e modellini promossa dall’ambasciata svizzera in Giappone , “The Last Act of Design”, a significare che l’ultimo atto del loro lavoro è quello in cui consegnano l’edificio a Graziani per eternare il momento di presa di possesso della vita sull’architettura.

 

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