La strage di Bologna e le altre: basta con l'archeologia giudiziaria

Redazione

Le vittime vanno ricordate, ma attenzione a chi specula sulla verità

La commemorazione della strage di Bologna, a 37 anni dalla tragedia, continua a suscitare commozione per un dolore che non si placa e non si placherà mai nella memoria dei famigliari delle vittime. Questo dolore merita il massimo rispetto. Possiamo invece porci qualche domanda sulla polemica politica e giudiziaria che si accompagna a ogni 2 di agosto e che si inscrive in una sorta di archeologia giudiziaria che caratterizza in particolare il nostro paese. Dall’inchiesta sulla presunta trattativa tra stato e mafia, alla vicenda di Piazza Fontana, all’abbattimento dell’aereo civile che sorvolava Ustica, sono molte le questioni che vengono periodicamente sollevate, in generale con l’accusa allo stato di non essere riuscito o, peggio, di non aver voluto fare giustizia. Si chiede la verità, ma una specifica verità, quella di cui sono convinti gli attivisti o, in certi casi, gli inquirenti, anche se non ci sono prove per dimostrare la fondatezza di queste suggestioni. Allora si ricorre alla denuncia di occultamenti, di un uso strumentale del segreto di stato, anche quando, come in questi casi, in realtà non c’è nessun segreto da rivelare.

 

E’ diffusa l’opinione che questo accade perché “solo in Italia” certi misteri restano irrisolti, ma non è così. Casi clamorosi, come l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy o le circostanze che portarono alla morte della principessa Diana, per citare solo i più noti, hanno suscitato interrogativi e sospetti ancora assai diffusi. Ma a questi non si dedicano appuntamenti istituzionali, solo ricerche giornalistiche e storiche, com’è giusto che sia. La giustizia non sempre arriva fino in fondo, né qui né altrove, ma a un certo punto deve lasciare il campo alla storia, invece che all’archeologia giudiziaria.

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