Quanto vale la pista palestinese nella strage di Bologna

Massimo Bordin

Il direttore del Tempo, Gianmarco Chiocci, ha scritto che sulla cosiddetta pista palestinese ho proposto dati sbagliati. Tocca replicare

E’ bello ricevere lettere direttamente stampate sul giornale. Il direttore del Tempo, Gianmarco Chiocci, ha scritto che sulla cosiddetta pista palestinese ho proposto dati sbagliati. Tocca replicare. “Solo un blog di vecchi brigatisti”, scrive, sostiene che Thomas Kram non faceva parte del “gruppo Carlos”. A quel blog, ma anche ad altri, aggiungerei, Chiocci contrappone una velina dei “servizi segreti bulgari”. Benissimo. Giudichi il lettore. In compenso Chiocci nota come alla presenza a Bologna il giorno della strage di una conclamata militante di Carlos “faccia cenno un testimone”. No, il cenno lo fanno gli investigatori al testimone. Non gli credono e spiegano bene perché. Vengo imputato di aver scritto che dalle perizie sull’esplosivo nulla accusa i palestinesi. Chiocci scrive che le perizie “sono un buco nero” e non danno “alcuna certezza”. Appunto. Ma la cosa che più lo ha irritato è il confronto fra gli angosciati telegrammi del colonnello Giovannone e i contemporanei “dettagliati piani di attentati” nel mondo neofascista. Ha ragione. Non sono piani soltanto, sono attentati veri. Segnano tutto l’anno precedente. Nel maggio 1979 cinquantacinque chilogrammi di dinamite esplodono sulle mura di Regina Coeli, un mese prima una superiore quantità di esplosivo scoppia in Campidoglio. Prima era stata colpita la Farnesina, dopo fallirà un attentato ancora più potente davanti al Csm. I piani ulteriori, che pure ci sono, li possiamo lasciar perdere. Basta a dire che la pista palestinese vale meno di quella neofascista, che pure, per come l’hanno messa i pm, è debole. Tutto qui. Le insinuazioni sulla oggettiva convergenza con i servizi, devo invece dare atto, hanno regalato momenti di divertimento a me e a chi mi conosce.