La maglia rosa Joao Almeida sul Passo dello Stelvio (foto Foto Fabio Ferrari/LaPresse) 

giro di tavole

Hindley vince, Kelderman in rosa. Lo Stelvio riscrive il Giro d'Italia

Giovanni Battistuzzi

Lo spettacolo del Passo in corsa e quell'inseguimento di colori che affascinano lo spettatore, ma che i corridori non sono riusciti a vedere. Il saluto galante e coraggioso di Almeida alla maglia rosa e il tempo che non è mai galantuomo. Almeno per Nibali

Dall’alto il Passo dello Stelvio in questa stagione è un inseguirsi di colori, un mescolarsi di tinte. Una prevalenza di grigio roccia macchiato abbondantemente di bianco e più giù un fuggire di verde brillante dove il giallo di foglie autunnali cerca di assumere una predominanza che non sarà mai assoluta. 

 

Solo le aquile o gli elicotteri riescono a scorgere questo incanto rigato dal nero della strada. Più giù, mentre si cerca di muovere le pedivelle per far scorrere le ruote sull’asfalto di quel azzardo ingegneristico progettato da Carlo Donegani per volere dell'imperatore Francesco II d'Asburgo, nulla di tutto ciò è visibile. Soprattutto se c’è una maglia rosa da staccare o inseguire, una tappa da percorrere, una penultima occasione da sfruttare per riscrivere ciò che sinora è stato. La diciottesima tappa del Giro d’Italia 2020, la Pinzolo – Laghi di Cancano, è un lungo rincorrersi, un lungo tentativo di scombinare tutto, di ricreare.  

 

I corridori hanno assecondato totalmente allo spirito della montagna, che è indomito e indisponente di suo. Nient’altro potevano fare. La strada che porta allo Stelvio è attraente, ha una voce suadente, un canto a cui non si può resistere. La sua perfidia la si scopre dopo, mentre il cuore accelera e il fiato s’accorcia e solo una cosa diventa essenziale: evitare di resistergli, continuare a farsi male e sperare che gli altri se ne facciano di più. 

 

La compassione è un sentimento che non deve esistere mentre si scala una montagna infinita. O almeno in un grande Giro.  

 

Non l’ha avuta Rohan Dennis quando si è messo davanti al gruppo poco dopo metà ascesa e ha iniziato a sparpagliare uomini e ambizioni. Davanti due pariglie: quella della Ineos con lui e Tao Geoghegan Hart e quella della Sunweb con Wilko Kelderman e Jai Hindley. Il gioco delle coppie è durato poco. L’australiano ha accelerato ancora, ha sparigliato tutto, lasciando a bocca aperta, ma non ancora asciutta, Kelderman. Ha continuato così sino in cima e poi a scendere e ancora a salire verso il traguardo. Lì è durato qualche centinaio di metri, poi non ha retto, ha lasciato al compagno la strada spianata. E l’inglese non ha potuto far altro che continuarlo il gioco. Solo che non era più quello di prima. Perché Kelderman era staccato ma non spacciato, inseguiva, anche se a distanza, la maglia rosa che Joao Almeida aveva iniziato a seminare lungo i tornanti della Cima Coppi. Perché Hindley non si schiodava dalla sua schiena e una mano non poteva darla per ragioni (e opportunità) di squadra, rimaneva a ruota e sordo agli incitamenti di Tao. Nemmeno un non posso è uscito dalle sue labbra sulla strada che portava alle Torri di Fraele. Nemmeno un grazie dopo il passaggio primo e a mani alzate sotto lo striscione d’arrivo. Hindley ha vinto la volatina. Geoghegan Hart ha sconvolto ciò che c’era, ha allargato tutto a tal punto da restringerlo in quindici secondi. Quindici battiti d’orologio che separano la nuova maglia rosa, Wilko Kelderman, dal terzo posto, quello che occupa ora l’inglese della Ineos.

 

foto Massimo Paolone/LaPresse
 

Almeida i laghi di Cancano li ha visti quasi cinque minuti dopo Hindley e Geoghegan Hart. Nelle loro acque si è rispecchiato per l'ultima volta in rosa dopo un inseguimento coraggioso e disperato, dopo aver provato a resistere. Ha abdicato con la galanteria di chi sa che un giorno sarà di nuovo suo. A quel colore ha dato un arrivederci, non certo un addio.

 

A vederlo dall’alto lo Stelvio ricorda, soprattutto quando la pancia mormora, un piatto di pizzoccheri. Il grigio puntinato di nero della pasta e macchiato dal bianco del formaggio che si mescola al verde bosco delle verze di prima brina che tentano di fuggire dal giallo delle patate. 

 

Pizzoccheri che Vincenzo Nibali ha divorato più volte salendo tra cime innevate, ha reso pesanti e indigeste a tanti. Non oggi. Lo Squalo a far corsa coi migliori ci ha provato, a reggere l’incedere omicida di Dennis pure. Ha dovuto desistere. Ha poi iniziato a rincorrere. Una rincorsa che meno affascinante di un’avanguardia, ma tant’è. Il tempo non è mai galantuomo, checché ne dicano i detti.