Il distanziamento sociale di Jérôme Cousin non basta. Al Tour de France vince Ewan

Il francese è un'anima da fuga. L'ha centrata oggi alla Grande Boucle. In Portogallo aveva fatto di meglio: otto giorni di fila, ma con la propria ragazza. Sisteron però ha premiato il velocista australiano che ha fatto la gincana tra i rivali

Giovanni Battistuzzi

Jérôme Cousin è uno che, almeno in bicicletta, ha sempre preferito il distanziamento sociale all'assembramento. Meglio in pochi, ancor meglio da soli piuttosto di dover convivere carreggiate e spazi con un centinaio, a volte abbondante, di corridori. Qualcosa di normale per uno che ha iniziato in pista con l'inseguimento individuale. Jérôme Cousin da quando ha iniziato a correre tra i professionisti, era il 2011, ha cercato la fuga spesso, l'ha centrata parecchie volte, l'ha portata all'arrivo alcune. E in qualche caso ha pure vinto.

  

Una volta, alla Parigi-Nizza, attaccandosi alla ruota di Nils Politt per decine e decine di chilometri, dando pochi cambi e assai rapidi, fingendo mancanza di mal di gambe e scarsezza di energie. Energie che ha ritrovato di colpo al traguardo, beffando il tedesco. Dopo l'arrivo si scusò. Si giustificò dicendo che per lui era importantissimo vincere, che aveva passato un periodo così così, che “a furia di essere sempre fregato, volevo fare per una volta il furbo anch'io”. Politt si limitò a dire che chi troppo si giustifica è perché ha qualcosa da nascondere. Jérôme Cousin non aveva però niente da nascondere. Perché se una qualità gli è stata sempre riconosciuta dai suoi direttori sportivi, è quella di non risparmiarsi, di vivere in una sorta di venerazione per la fuga, quasi se essere avanguardista per un giorno fosse già una vittoria. E questo, almeno per chi dirige una squadra professionistica, proprio un bene non è. Ma far conti di watt e di calorie spese non è affare di chi il ciclismo lo vede da bordo strada o dal divano. Perché a quelli che il ciclismo lo vedono da bordo strada o dal divano uno come Jérôme Cousin non può non piacere.

  

E non può non piacere per tante motivi, primo fra tutti perché ai calcoli energetici preferisce la speranza di arrivare, o perché anche se sa di essere spacciato, se ne frega della logica e continua a darci dentro. D'altra parte “questo è il mio lavoro, fortunatamente mi pagano per inseguire il niente, i sogni”.

  

Anche oggi nella terza tappa del Tour de France Jérôme Cousin ha provato a inseguire il niente, i sogni. Prima in compagnia di Anthony Perez e Benoît Cosnefroy, poi, una volta che i suoi due compagni (Perez è caduto in discesa e ha dovuto abbandonare il Tour) avevano ottenuto un buon bottino punti dei Gran Premi della montagna, da solo. Questione di obbiettivi: i suoi colleghi cercavano la maglia a pois, il corridore della Total Direct Energie solo la fuga. E questa è una questione di passione. La stessa che ha contagiato anche la sua ragazza, un tempo disinteressata alla bicicletta, ora pronta a seguirlo per mezzo Portogallo. Loulé è lì che vive. Lì che lavora. Jérôme quando può la raggiunge. Così è successo in passato così è successo anche a marzo. L'amore si sa fa fare i chilometri. L'ha capito bene dopo qualche mese pure la sua ragazza.

  

Doveva stare una settimana, il lockdown l'ha tenuto lì oltre due mesi. “Ero andato lì per allenarmi. Poi la pandemia di Covid-19 ha avuto un'accelerata e non hanno cancellato il volo di ritorno. Poco male mi sono detto, la situazione sanitaria in Portogallo era migliore che in Francia, lì stavo bene e quindi sono rimasto” ha detto all'Ouest-France.

 

Un po' ha fatto vita domestica, un po' si è allenato, un po' ha aiutato gli operai che stavano sistemando le strade sotto casa della sua fidanzata. Perché, ad eccezione della bici, Jérôme Cousin è uno a cui piace, e molto, la compagnia. Poi, già che c'era, si è andato a vedere il Portogallo. Ovviamente in bici. “Inizialmente avevamo programmato di pedalare lungo il confine con la Spagna e tagliare il paese in due per arrivare a Lisbona. Circa 800 in sei giorni. Lì, dato che la mia ragazza era felice e non troppo stanca, abbiamo deciso di continuare. Altri due giorni, altri trecento e passa chilometri per vedere cosa c'era un po' più a nord. Volevamo vedere Sintra in particolare. È stato meraviglioso”.

 

Oggi Jérôme Cousin era curioso di vedere com'era Sisteron. Il gruppo pure. Ha vinto la volontà dei più. Poi ci ha pensato Caleb Ewan a imporre la sua facendo una gincana tra i rivali.

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