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Il primo Giro dell'Emilia di Fausto Coppi

Giovanni Battistuzzi

Il 10 agosto 1941 l'Airone conquistava la prima vittoria nella classica emiliana dopo aver fatto infuriare l'Avucatt Eberardo Pavesi e lasciato a dieci minuti Gino Bartali. Un racconto

Il Giro dell'Emilia del 1941 è il primo vinto da Fausto Coppi. Successivamente conquisterà anche le edizioni del 1947 e del 1948. Il racconto "Toro", che trovate nel libro "Alfabeto Fausto Coppi" (Ediciclo) di Giovanni Battistuzzi e Gino Cervi, è liberamente tratto da ciò che raccontò di Pietro Chiappini a Sergio Neri in Coppi vivo.

 


 

Bologna, 10 agosto 1941

 

Si alzò dal letto che erano le sette e mezza. Sentiva le gambe stranamente vuote e un groppo all’altezza del cuore che non l’aveva fatto quasi dormire. I pensieri si erano rincorsi nella testa per tutta la notte: un’inquietudine che non riusciva a descrivere. Quando vide il suo viso riflesso nel piccolo specchio di quella stamberga che chiamavano albergo, si scoprì invecchiato di vent’anni: gli occhi cerchiati di nero, la pelle tirata a tal punto da far sembrare il suo naso ancor più grande.

 

L’indomani sarebbe dovuto rientrare in caserma e la sola idea gli dava il voltastomaco. Si sentiva addosso una malsana nostalgia di casa, avrebbe voluto stare tra le sue colline, rimanere in silenzio a osservare quello che aveva visto mille volte: il tramestio contadino, il volo delle beccacce, l’impuntarsi della cavalla.

 

Infilò la tuta e scese a controllare la sua bicicletta. L’aria non era ancora soffocante, una brezza leggera gli accarezzava il profilo. Si sentì un po’ meglio. La verdona era lì, ben ingrassata e tirata a lucido.

 

La sala delle colazioni. Un brusio sordo. Déja vu. Mario Ricci e Pietro Chiappini erano nella stessa posizione della sera prima, vestiti alla stessa maniera, gli stessi discorsi. Lo invitarono a sedersi.

 

“Pavesi ha dato il via libera oggi. Gino dice di non sentirsi bene”, esordì Ricci.

 

“Fausto, te che pensi di fare?”, chiese Chiappini.

 

Coppi li guardò stralunato, cercava le parole ma queste sembravano essere finite dentro un pozzo senza fondo. Alzò le spalle. “Ho dormito male, sono tutto rotto. Se riesco vado subito in fuga, provo a vincere il traguardo di Modena e poi mi ritiro”.

 

Sulla linea di partenza i corridori si presentarono con la lena dei giorni di noia. E con la stessa lena partirono. Dall’asfalto saliva già un calore per niente invitante, il venticello del primo mattino era soltanto un ricordo: non si muoveva una foglia e in molti iniziarono a inveire contro Eolo e similari. Dal fondo del gruppo Bartali guidava la falange dei borbottii. Mancavano una trentina di chilometri al traguardo volante, un centinaio all’arrivo e nulla sembrava smuovere la quiete del gruppo. Coppi si portò nelle prime posizioni, annusò l’aria stantia di buona volontà e mise il naso fuori. Uno scatto e via, solo, verso la fine delle fatiche di giornata. Nella solitudine i gomitoli neri di pensieri iniziarono a srotolarsi.

 

Lo lasciarono andare. Soltanto quando si avventurarono all’inseguimento altri due corridori, i Bianchi e quelli della Viscontea iniziarono a menare un po’ sulle pedivelle. Era meglio controllare subito che dannarsi dopo.

 

Fausto passò solo sotto il traguardo. Si fermò a bordo strada poco dopo per salire sull’ammiraglia. L’Avucatt iniziò a urlargli contro.

 

“Basta mi ritiro”.

 

“Ma ti te sé mat! Hai cinque minuti sul gruppo e stanno arrivando in due”.

 

Cinque minuti? Rimase stupito, non aveva neppure sforzato troppo. “No, no, vado a casa”.

 

Gli occhi di Pavesi divennero rossi e l’uomo si trasformò in un toro. Arrotolò il giornale e si scagliò verso il ragazzino impertinente, mentre i due inseguitori li superavano divertiti. Coppi sapeva benissimo che quando l’Avucatt si intestardiva su qualcosa non c’era alternativa che fare quello che diceva. Risalì in sella e in pochi minuti riprese gli avanguardisti. Filarono via veloci sino alle colline, poi uno alzò bandiera bianca. Coppi guardò Enrico Mollo. Mollo fissò Fausto. “Alé”.

 

Salirono e discesero i monti verso Bologna mentre dietro a loro il vuoto abbondava. Quando Coppi accelerava, Mollo imprecava, ma non perdeva un metro. Così per una, due, cinque volte. Alla sesta il fiato gli finì, le gambe non risposero, le imprecazioni si fecero più forti. Lo rivide dopo l’arrivo. Allo stesso modo di tutti gli altri, ma dieci minuti prima.

 

Quando Ricci arrivò dietro a un Bartali che borbottava ancora, prese Coppi in disparte e sorridendo gli fece: “Meno male che ti dovevi ritirare”. 

 

Fausto abbassò gli occhi, si grattò il naso, strinse i denti. Poi, sottovoce, un sibilo: “Io v’ho aspettato, ma voi non arrivavate. E chi glielo spiegava poi al Pavesi”.

 


 

Da allora il percorso del Giro dell'Emilia è cambiato molte volte. Quest'anno la corsa partirà da Casalecchio di Reno e si concluderà sul San Luca.

 

Il percorso

 

 

L'altimetria

 

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