Il Fausto Coppi ritrovato

Giovanni Battistuzzi

In un volume Andrea Schiavon ripropone l'Airone che si è raccontato e l'Airone che Carlin ha raccontato su Tuttosport. Un viaggio dentro il ciclismo del Campionissimo per riscoprire l'uomo: un abbraccio di cui sentivamo il bisogno

La sensazione è quella che si prova nel trovarsi su di una pedana dei tuffi, quando si è fermi, persi e concentrati a ripassare i movimenti e le tempistiche giuste per non sbagliare quei movimenti e quelle tempistiche che si conoscono a memoria, che sono state provate chissà quante centinaia di volte. Eppure ogni volta è quasi come fosse la prima, perché replicare il replicato è sempre qualcosa di nuovo, l'ingresso in acqua sarà sempre una sorpresa anche se sorpresa non dovrebbe essere.

  

I tuffi, raccontava l'americano Samuel Lee – il primo atleta a conquistare due medaglie olimpici dalla piattaforma dei dieci metri –, “non sono altro che un salto nel conosciuto”, eppure “questo conosciuto rappresenta sempre un'avventura, una scoperta, come quando ci si trova davanti a propria moglie e parlandole ci si focalizza su qualche dettaglio del suo viso che ancora non si era colto pur avendolo visto migliaia di volte”. Il tuffo è un salto nel futuro che allo stesso tempo è un salto nel passato, una serie di giri e pose che non si possono dimenticare.

 

Un po' come andare in bicicletta. Un po' come quando si ha a che fare con i grandi della bicicletta. Perché quelle dei corridori che hanno fatto la storia del ciclismo sono vite che conoscono un po' tutti. Sono una corsa a tappe tra vittorie divenute celebri, tra modi di essere divenuti familiari, tra ricordi e immaginazioni condivise, quasi fossero vicini di casa, parenti, amici. E si sa che dopo un po' tutto questa aria familiare e parentale stufa, rimesta cose già viste e già vissute, costringendo la curiosità in un angolo, la voglia di scoprire e approfondire dietro a una lavagna, in castigo.

 

Non sempre però rimettere mano al passato, riproporre il già visto dà questa eco. A volte la sorpresa per ritrovare ciò che forse si è sentito, ma mai davvero letto, ci abbraccia. Ed è un abbraccio morbido, del quale si sentiva il bisogno. Quello che ci si sente addosso quando ci si trova in mano un librone pieno di colore, nonostante prevalga il bianco, il nero e il grigio tortora, uno di quelli da divano che richiama pensieri di pipe e caminetto.

 

Un librone che racchiude in sé Fausto Coppi. Il Fausto Coppi che si racconta, ed è rarità, iniziando così quel viaggio in tre puntate che è stata la sua storia (almeno sino al 1950): “Mentre mi accingo a rievocare per gli sportivi i momenti più significativi della mia vita sento il bisogno di fare una confessione, di togliermi subito un peso che quasi mi opprime il cuore: per la prima volta soffro di timor di panico”. Il Fausto Coppi che è stato raccontato da un maestro del giornalismo italiano, quel Carlo Bergoglio, per brevità Carlin. Ed è un Coppi antico che riappare nuovo, visto in presa diretta, osservato, seguito, a volte origliato, il più delle volte narrato. “Il nostro Coppi” è tutto questo, è un racconto di quello che Coppi è stato preso direttamente dalle (prime) pagine di Tuttosport. Un ricordo di com'era e di come eravamo, un'immersione in cronache che non erano soltanto cronache, in articoli di giornale che articoli di giornale non potevano essere considerati soltanto tali. Andrea Schiavon le ha riprese, ha dato loro nuova vita, nuova luce, le ha intervallate da piccoli racconti che sono della stessa tempra e della stessa classe di quelli del suo illustre predecessore. “Il nostro Coppi” (che trovate in edicola con Tuttosport a richiesta e che se non trovate in edicola potete trovarlo qui) è qualcosa che dovrebbe essere esteso, diventare davvero nostro, di noi amanti di questo sport.

Di più su questi argomenti: