Nove anni senza Franco Ballerini

Franco Ballerini ha vinto sedici corse in sedici anni di professionismo, ha fatto vincere otto medaglie ai suoi corridori in sette anni. Uno che le cose le faceva per bene perché le faceva "per amore"

Giovanni Battistuzzi

Scriveva Antoine Blondin che il bello del ciclismo era quello di "dare ragazze ai single, fratelli al figliounico, padri spirituali agli orfani". Insisteva Antoine Blondin che la stranezza del ciclismo era quella di "avere una memoria familiare", concedere "uno slancio d'animo e amore a qualsiasi dei suoi figli". Riassumeva Antoine Blondin che l'eccezionalità del ciclismo era quella di essere legata a un marchio, "quello che la bicicletta ti stampa nel cuore, quello che non puoi cancellare in alcun modo". Per questo, "come nell'amore, che quando svanisce lascia traccia in noi, così nel ciclismo quando un amato se ne va, in realtà non se ne va davvero".

 

Franco Ballerini se ne è andato nove anni fa. Franco Ballerini è rimasto, rimane, rimarrà.

 

Franco Ballerini guardava (quasi) tutti dall'alto in basso, ma solo per statura, avesse potuto avrebbe fatto il contrario. Franco Ballarini diceva che il ciclismo "è fatica e volontà, ma soprattutto faccia tosta, quella che si deve avere con se stessi per non mollare". Franco Ballerini diceva di avere origini toscane, "ma un po' fiamminghe", che aveva "più amore per la bici che per me stesso, che sennò mica si spiega il fatto di trovare piacere a correre sul pavé". Franco Ballerini era convinto che "pedalare è il miglior modo redimere la testa, per l'anima non ancora, ma ci si può lavorare".

 

Franco Ballerini era uno e centomila: l'amico di tanti, "uno di cui ci si poteva fidare", raccontò Paolo Bettini, il simpatico burlone, "aveva una battuta buona per qualsiasi occasione", disse Johan Museeuw, il perfetto professionista, il corridore di talento, il ct vincente.

 

Franco Ballerini ha vinto sedici corse in sedici anni di professionismo, ha fatto vincere otto medaglie ai suoi corridori in nove anni: quattro ori mondiali e uno olimpico.

 

Franco Ballerini era uno sincero: "Sono stato fortunato, se non avessi avuto Cipollini, Bettini, Ballan forse l'Italia non avrebbe vinto così tanto e io sarei considerato un brocco". Alfredo Martini con Franco Ballerini andava d'accordo, gli dava spesso ragione, quella volta no: "Franco non fu fortunato, fu un ottimo psicologo, riuscì a tirare fuori il meglio dai suoi uomini. E poi da conoscitore intelligente delle dinamiche di gara, si trasformò anche in grande stratega".

 

Franco Ballerini era uno meticoloso, uno che faceva le cose per bene, e le faceva per bene perché in realtà le faceva "per amore". Come quella volta che si fece tre volte ogni settore di pavé per capire com'era davvero. Era il 1990 e a Roubaix c'era arrivato per la seconda volta in vita sua: fu diciannovesimo. Rimase due giorni in più per rifare il percorso, per capirne i segreti, "perché un corridore deve capire tutto di una corsa che sente un po' sua". L'anno successivo arrivò quinto. Nel 1993 fu secondo, per pochi centimetri e un eccesso di bontà, che altro non era che ingenuità. “Io sono vecchio, portami con te al traguardo, tanto tu sei giovane cosa ti costa? Non c'è storia! Tanto mi batti anche con la sigaretta in bocca”, gli disse il suo compagno d'avventura, Gilbert Duclos-Lassalle. Lui se lo portò dietro e il francese vinse. Pianse quel giorno Franco Ballerini: "Ho perso, so solo che ho perso. Volevo vincere questa corsa l' ho persa e non la vincerò mai più. Non la farò mai più". Fortunatamente non mantenne la promessa.

 

 

Non mantenne neppure un'altra promessa, quella che fece il 4 febbraio ad Alfredo Martini: "Ci vediamo alla Strade Bianche, ti passo a prendere". Non passò a prenderlo. Terminò il suo viaggio su di un muretto nella località Case al Vento, comune di Serravalle Pistoiese mentre faceva da navigatore al Rally Ronde di Larciano.

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