Di là dal Penice, tra le biciclette

Giovanni Battistuzzi

Domani si corre la seconda edizione della Gran Fondo del Penice. Ed è una buona notizia, perché una gran fondo che continua avvicina un territorio alle bici, rende queste due componenti indivisibili

Il Monte Penice è un vecchio di un eleganza antica. Domina incontrastato da sempre quel lenzuolo di terreno che è un po' Lombardia, un po' Piemonte, un po' Emilia, ma lo fa con tranquillità, conscio di avere fascino, clivi boscosi e freschi e quella pelata in cima, dove tutto si può vedere: il mare, la pianura padana e poi ancora più in là, l'arco alpino, sino alla grande piramide del Corno scuro, il Finsteraarhorn. Ci adoravano il sole da sempre, poi a un sant'uomo di Genova, che nemmeno era arrivato l'anno mille, gli apparve la Madonna e costruirono un tempietto. Ci pensarono i monaci dell'abbazia di San Colombano di Bobbio a costruirci un santuario come si deve. Il posto meritava, fosse vera o meno l'apparizione. Raccontava Alfredo Pasotti, due tappe vinte al Tour de France e una al Giro, che sul Penice "testava la gamba", perché "salir fino in cima con la macchina è bello, ti godi il panorama, ma arrivarci in cima c'è più gusto, il panorama te lo conquisti". Raccontava Raffaele Di Paco, sprinter e passista di classe eccellente, che una volta che era vicino a Piacenza per "cose di squadra", vide "una ragazza meravigliosa. In una settimana la convinsi a uscire, la portai in cima al Penice per almeno baciarla. Mi andò male, ma il panorama era spettacolare comunque".

  

Domenica su dal Penice se sarà bello l'arco alpino brillerà in lontananza e così pure il mare dalla parte opposta. Se il tempo sarà meno clemente gli occhi di chi sarà in cima guarderanno altro. Scorgeranno macchie colorate che seduti sulla bicicletta scaleranno il passo, raggiungeranno il culmine e poi esploreranno la discesa, in picchiata verso la pianura. Perché domenica su queste strade si correrà la Gran Fondo del Penice, quella che da Zavattarello parte e a Zavattarello arriva, toccando il meglio che questo terra ha da offrire, che sono colli pavesi, che sono monti appenninici, che sono salite e discese, tremila metri di dislivello in 142 chilometri se si decide di fare il lungo, duemila metri in 85 se si affronta il corto.

  

E' la seconda edizione, è il secondo sforzo organizzativo della Asd Sant’Angelo Edilferramenta e dall’Amministrazione comunale di Zavattarello e Varzi, con il supporto dei gruppi di Protezione Civile di Pavia e di Alessandria e alle Province di Pavia, Piacenza e Alessandria, è soprattutto un modo per pedalare e scoprire luoghi che sono periferia del grande ciclismo, ma che vale la pena di vedere. Perché, raccontava Umberto Eco, "se non si passa per Bobbio almeno una volta nella vita è una gran perdita". Perché, raccontò Hugo Koblet, che qui rimase qualche settimana per allenarsi, "terre così meravigliose per il ciclismo ce ne sono poche", terre in cui le "strade sono precise, sembrano tagliate apposta per sistemare la gamba". E quasi sembra destino allora che Ti-Rex bike, che i telai nel milanese li taglia precisi e apposta per chi pedala, abbia deciso di sponsorizzare l'evento (assieme a wd40, Named sport, Agressive, Edilferramenta e OgTM).

 

Una gran fondo che nasce è sempre una buona notizia, certifica un amore che non sbiadisce, quello della bicicletta. Una gran fondo che continua lo è ancor di più, avvicina le bici a un territorio, rende queste due componenti indivisibili.

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