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In Europa è finito il tempo delle incertezze

Matteo Scotto

Insieme o divisi. Non esistono compromessi. Per tutti i cittadini europei è arrivato il momento di scegliere chiaramente da che parte stare. 

Eccoci qua. In Europa siamo arrivati al dunque. Anche noi europei abbiamo raggiunto quel passaggio fondamentale del processo di sviluppo della propria identità politica. Insieme o divisi. Questo ci costringe a guardarci seriamente in faccia prima di urlare ai quattro venti “Europe is back”, come molti stanno facendo in modo un po’ avventato. Come al solito, servivano una serie di crisi esterne e interne per delineare un quadro politico e tracciare la linea che separa gli schieramenti in campo. Saranno poi le nostre coscienze di cittadini europei a decidere da che parte stare. Insieme o divisi. Non ci sono terze vie, non ci sono scorciatoie, non ci sono livelli di grigio. O di qua, o di là. È un mutamento già visto e stravisto su entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico, culla di quello che chiamiamo Occidente, nella formazione di entità politiche più o meno grandi, più o meno variegate, più o meno omogenee. Insieme o divisi. Qui sta il punto su cui darci una chiara risposta. Dovremmo smetterla di parlare di crisi nel senso esteso di un momento di difficoltà in cui ci troviamo. Al contrario, dovremmo vivere la crisi nel suo significato originale di scelta, domandandoci come vogliamo affrontare la storia, la nostra storia europea. Con le sue difficoltà, i suoi momenti di gioia, le sue incertezze, i suoi successi. Insieme o divisi. È una scelta tutto sommato semplice. Se c’è una cosa che abbiamo capito in Europa, è che un’integrazione mista, a geometrie variabili cosiddetta, dove ognuno va dove gli pare, non ha nessuna speranza di durare. Il Presidente francese Emmanuel Macron l’ha ricordato nel summit di Davos: «non si può aspettare che tutti attorno al tavolo siano d'accordo, se alcuni sono pronti a integrarsi di più che si muovano». È finito il tempo delle incertezze. L’Unione europea non può più giocare il ruolo di nano politico isolata nel suo angoletto del continente euroasiatico, sotto la beata ala protettiva dei giovani eredi americani. Quell’America, non esiste più. I problemi di oggi e di domani dobbiamo risolverceli da soli. E ci sono sono solo due modi per farlo. Insieme o divisi. Trump c’entra fino a un certo punto. C’entra soprattutto l’Unione europea e quello che è in grado di fare e di rappresentare, potenzialmente. L’Ue ha sviluppato un suo modello, con una chiara visione economica, sociale e ambientale, già riconosciuto a livello globale. È tardi ormai per tornare indietro. L’Europa difende il libero mercato, lo stato di diritto, il cosmopolitismo, l’ambiente e la giustizia sociale. Non si può pensare di rinegoziare dall’interno tali convinzioni, come alcuni Stati membri stanno cercando di fare. I cittadini di questi paesi lo dovrebbero capire, scegliendo di conseguenza da che parte stare. Lo stesso vale per noi italiani, che presto ci troveremo alle urne a doverci fare la stessa domanda. Insieme o divisi. Dentro o fuori l’Europa. Non esistono fantomatici compromessi senza moneta unica o senza regole. Quest’ultime semmai si negoziano, ma per stare in una qualunque comunità esse vanno rispettate. Si tratta di una scelta profonda, netta, che non intacca la nostra identità culturale, bensì politica. Dobbiamo scegliere a quale autorità e a quali istituzioni dare la nostra fiducia in Europa. Se vogliamo affidarci interamente ed esclusivamente al nostro Stato nazionale, siamo fuori. Oltremanica hanno voluto così, con tutte le conseguenze del caso. Se invece riteniamo che la sovranità debba e possa essere condivisa a partire dal livello locale fino a quello europeo, ammettendo che l’Ue sia la sola in grado di garantire in ultima istanza la nostra sicurezza fisica, economica e ambientale, allora siamo dentro. Così a noi cittadini la responsabilità del nostro futuro, forse mai così grande come di questi tempi.