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Quanto potere ha il contadino europeo (pure sulla guerra)

Paola Peduzzi e Micol Flammini

Polonia e Ungheria non vogliono il grano ucraino, von der Leyen le premia. Il soft power dell’Ue, le proteste degli agricoltori e la potenza di un trattore

Ursula von der Leyen si è piegata alle richieste simil-ricatto della Polonia e dell’Ungheria sul grano dell’Ucraina. I governi di Varsavia e di Budapest avevano imposto un blocco ai cereali e ad altri prodotti agricoli ucraini, violando le regole dell’Unione europea sul commercio e infliggendo un colpo inatteso ma forte al sostegno senza sbavature promesso a Kyiv nella guerra della Russia. La presidente della Commissione ha però offerto loro un premio: 100 milioni di euro di aiuti aggiuntivi per gli agricoltori e misure di salvaguardia d’emergenza per impedire che il grano ucraino sia venduto nei loro mercati. La proposta della von der Leyen è stata illustrata in una lettera ai capi di stato e di governo di Bulgaria, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia. Anche i governi di Sofia e Bratislava hanno imposto un blocco a seguito della decisione di Varsavia e Budapest. “Sono pienamente consapevole delle preoccupazioni che avete espresso sull’aumento delle importazioni di alcuni prodotti agricoli ucraini”, ha scritto von der Leyen: dopo un pacchetto da 56,3 milioni di euro di aiuti adottato a marzo, “ora ci stiamo preparando  a presentare un secondo pacchetto di sostegno finanziario da 100 milioni di euro” per gli agricoltori. “Vorrei anche informarvi che la Commissione europea adotterà misure preventive” per reagire al deterioramento della situazione dei produttori dell’Ue di specifici prodotti, come grano, mais colza e semi di girasole”, ha spiegato von der Leyen. Le misure preventive si tradurranno nel divieto di importare questi prodotti ucraini nei mercati dei cinque paesi, consentendone solamente il transito per esportarli verso altri stati membri dell’Ue o verso il resto del mondo. Ma, dati i costi di trasporto e il livello di prezzo sui mercati mondiali, i cereali ucraini rischiano di restare in Ucraina. Von der Leyen, anziché far scattare procedure di infrazione e chiedere di fare un sacrificio per aiutare Kyiv, ha preferito offrire un compromesso politico a chi vìola apertamente le regole, lasciando così intendere che gli interessi degli agricoltori europei potrebbero essere più forti della solidarietà all’Ucraina.

 

Il vantaggio personale e il resto. Le chance della von der Leyen di essere confermata alla presidenza della Commissione, come vorrebbe, aumentano man mano che fa favori (e distribuisce soldi) ai leader che dovranno nominarla nel 2024. Ma questa concessione a Polonia e Ungheria potrebbe incoraggiare comportamenti pirateschi da parte di altri stati membri. Se per esempio l’Ue approverà l’accordo di libero scambio con il Mercosur, niente un domani impedirà alla Francia (o a qualsiasi altro stato membro) di imporre un blocco alla carne di manzo importata dal Brasile per pretendere centinaia di milioni di euro di compensazioni per i propri agricoltori e allevatori. Il compromesso sul grano ucraino mette in discussione la credibilità della Commissione come istituzione che fa l’interesse generale sulla base di dati reali ed evidenze scientifiche. Contrariamente a quanto accaduto con il primo pacchetto di aiuti da 56,3 milioni di euro, l’esecutivo comunitario non è stato in grado di dare spiegazioni su come è arrivato a stimare 100 milioni di danni. Il sospetto è che la cifra tonda serva da effetto annuncio per smussare le tensioni con le capitali. Un funzionario della Commissione ha ammesso che la decisione è stata motivata da ragioni politiche: “Cinque primi ministri e presidenti si sono rivolti direttamente alla presidente von der Leyen” durante un Consiglio europeo. L’agricoltura “è un settore politico molto sensibile”, ci ha spiegato un’altra fonte della Commissione: “Nelle nostre decisioni dobbiamo basarci sulle evidenze, ma anche tenere conto delle preoccupazioni di quelli che garantiscono la sicurezza alimentare in Europa”. 

 

La presidente della Commissione propone 100 milioni di euro aggiuntivi agli agricoltori dell’est sotto pressione. Le conseguenze

 

Il nazionalismo e il grano. La politica nazionale ha molto a che vedere con lo scontro sul grano ucraino. Il premier ungherese, Viktor Orbán, ha l’abitudine di scaricare la responsabilità delle difficoltà economiche del suo paese sull’Ue. La decisione di Varsavia, che è il governo più convinto e attivo nel sostegno a Kyiv, di imporre un blocco all’Ucraina ha fornito a Orbán un’insperata possibilità di fare un dispetto a Bruxelles senza rimanere isolato. La Polonia andrà a elezioni in autunno e, secondo i sondaggi, il Partito legge e giustizia (PiS) potrebbe perdere la maggioranza dei seggi. Ogni voto conta, ma contano ancora di più i voti degli agricoltori, che costituiscono una fetta importante della base elettorale del PiS. La decisione di bloccare le importazioni di grano e altri prodotti agricoli ucraini è stata annunciata dal leader del PiS, Jaroslaw Kaczynski, durante una riunione di partito. L’elenco dei prodotti banditi va ben oltre il grano e include frutta, verdura, latte, formaggi e carne. “Non lasceremo mai gli agricoltori senza aiuti”, ha assicurato il premier polacco, Mateusz Morawiecki. L’accordo annunciato lunedì tra Kyiv e Varsavia prevede lo stesso meccanismo proposto da von der Leyen: il grano ucraino potrà transitare dalla Polonia, ma non potrà essere importato per essere venduto sul mercato polacco. Il governo Morawiecki, come quello degli altri quattro paesi, sarà libero di decidere a quali agricoltori finiranno i 156,3 milioni di aiuti complessivi previsti dai due pacchetti.  L’unica imposizione della Commissione è che i criteri siano oggettivi e non discriminatori, e Varsavia potrà anche decidere di versare il doppio di quanto previsto dalla von der Leyen a ogni singolo beneficiario. 

 

Quanto pesa la Pac. A partire dal primo gennaio del 2023, è entrata in vigore la cosiddetta “nuova Pac”, la Politica agricola comune negoziata nel 2021 e che durerà fino al 2027. L’obiettivo di questa riforma era rendere la Pac più verde, più equa e più legata ai risultati. Il quadro pluriennale dell’Ue per il periodo 2021-2027 ammonta a 1,21 trilioni di euro (a prezzi correnti), a cui si sommano ulteriori 808 miliardi di euro provenienti dal NextGenerationEu. Lo stanziamento totale per la Pac ammonta a 386,6 miliardi di euro, suddivisi nei cosiddetti “due pilastri”: i sussidi diretti agli agricoltori e il sostegno allo sviluppo rurale. Storicamente la spesa europea a sostegno degli agricoltori è sempre stata molto elevata, negli anni Ottanta quasi il 70 per cento del budget europeo era destinato alla Pac. Oggi questa percentuale è in calo – attorno al 35/40 per cento – ma è comunque molto rilevante e al centro delle discussioni più accese dei paesi europei in sede di bilancio. Questo dato è importante per due ragioni: la prima è che quando parliamo di Green Deal e di transizione energetica  stiamo parlando anche di agricoltura e del suo futuro, con ripercussioni che già si intravedono in alcune parti d’Europa dove il Green Deal è già considerato un costo certo cui opporsi. La seconda è che per quanto stiamo a discutere di autonomia strategica, di digitale e di spazio, e per quanto questi temi siano determinanti per definire il progetto futuro dell’Ue, il collegio elettorale più grande e più influente (e forse anche più esigente) resta quello degli agricoltori. 

 

Le mucche brasiliane. Il tour cinese e mediorientale di Lula ha fatto preoccupare l’Ue: il presidente brasiliano, accolto un po’ ovunque con un gran sollievo dopo la stagione tumultuosa del suo predecessore Bolsonaro, era considerato un interlocutore affidabile per Bruxelles. Ora che si è messo a dire a che gli americani (e quindi i loro alleati, cioè gli europei) incoraggiano la guerra in Ucraina e che invece farebbero meglio a cercare la pace, e tutto questo è riuscito a dirlo durante la sua visita in Cina aggiungendo tremori alla già vacillante posizione dell’Ue nei confronti di Pechino, il calore nei confronti di Lula è diventato ghiaccio. Non soltanto per l’Ucraina, sia inteso: la grande attesa dell’Ue nei confronti del presidente brasiliano riguarda l’accordo di cooperazione commerciale con il Mercosur che garantisce a Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay investimenti e accesso (reciproco) al mercato europeo. Quando il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, era andato a Brasilia, aveva spiegato quanto fosse strategico questo accordo specificando la possibilità per l’Ue di ottenere il litio che serve alle batterie e che oggi è tra i minerali più scarsi che ci sono a causa di politiche che poco hanno a che fare con il commercio. L’accordo con il Mercosur oggi serve in particolare per diversificare, per allargare le proprie alleanze e non dipendere più dalla Russia ma nemmeno dalla Cina. E’ strategico per entrambi i contraenti, insomma, e soprattutto è già di fatto negoziato. Ma ci sono alcuni paesi, tra tutti spicca la Francia ma c’è anche l’Italia, che non vogliono andare avanti con l’accordo in particolare perché temono che ci sia un’invasione di carne brasiliana nel mercato europeo che potrebbe causare un danno agli allevatori del nostro continente. Le ragioni che vengono citate per giustificare questa resistenza sono altre, ma tutti sanno che il problema principale sono le mucche brasiliane. Ma sottomettendosi alle pretese degli allevatori, l’Ue rischia di sperperare l’efficacia del principale strumento di soft power a sua disposizione: il commercio. Così facendo poi è difficile però allargare la propria alleanza al Brasile e legarlo a sé e anche fare la voce grossa se Lula dice le brutture che ha ripetuto in questi giorni. 

 

L’accordo con il Mercosur è fermo, in Olanda e Belgio c’è una mobilitazione contadina. Gli interessi in gioco

 

I contadini olandesi e belgi. Quando i contadini olandesi si misero a manifestare contro il Green Deal muovendo i loro trattori, alcuni dissero: attenzione, questi sono i nuovi gilet gialli. Quando questi stessi contadini si organizzarono in un partito, il Movimento contadino-cittadino (Bbb), altri dissero: attenzione, questi si impongono alle elezioni locali e poi non possiamo più ignorarli. Quando la leader del Bbb, Caroline van der Plas, ex deputata conservatrice che ha dovuto anche lasciare la campagna elettorale perché continuava a ricevere minacce di morte, si è presentata davanti alle telecamere la sera delle elezioni provinciali e ha detto, con gli occhi sgranati: “Gente, ma cosa cazzo è successo?”, era tardi per le analisi e gli avvertimenti. Al voto di metà marzo, il partito dei contadini ha preso in alcune zone più del 30 per cento, si è rosicchiato l’estrema destra e l’estrema sinistra, e ha celebrato la sua leader-così-diversa-da-tutti-gli-altri. Questo voto cosiddetto antisistema è stato incentivato dalla protesta contro il taglio alle emissioni e tutte le rilevazioni lo danno in crescita. Ed è anche contagioso. I contadini belgi protestano e si mobilitano per le stesse ragioni, cioè contro i limiti imposti ai composti azotati contenuti nei fertilizzanti, negli escrementi degli animali e nelle urine con lo scopo di ridurre l’inquinamento del suolo e dell’acqua. Il primo ministro belga, Alexander De Croo, che ha intercettato il potenziale distruttivo di queste manifestazioni e che ha già visto l’effetto che può fare quando il governo delle Fiandre è quasi caduto proprio per questi limiti, ha già chiesto all’Ue maggiore “flessibilità” che è il modo diplomatico per dire: dateci margini di manovra per tenere buoni gli agricoltori. Si incontrerà anche con il collega olandese, Mark Rutte, perché servono sostegno e coordinamento.


Tutto questo parlare di trattori ci ha subito riportate sui campi ucraini, devastati dalle bombe di Putin e dalla sua volontà di piegare fisicamente ed economicamente l’Ucraina. Il trattore è il simbolo della prima resistenza di Kyiv, c’è sulla maglietta che indossiamo spesso anche noi: ha un girasole come portafortuna e trascina un carro armato russo. Sarebbe davvero un guaio se fosse proprio un trattore il primo segnale di una crepa tra l’Europa e l’Ucraina. 


(ha collaborato David Carretta da Bruxelles)