EuPorn-Il lato sexy dell'Europa

Quanto freddo può sentire l'Unione europea

Paola Peduzzi e Micol Flammini

Abbiamo percorso le vie del gas russo per capire cosa può accadere se Putin interrompe le forniture. Tre scenari e i consigli di un pugile

Il presidente americano, Joe Biden, ha promesso di inviare tremila truppe aggiuntive in Europa orientale. La maggior parte sarà destinata alla Polonia e alla Romania ed è una risposta alla minaccia della Russia, che dice di non essere soddisfatta delle risposte avute dagli Stati Uniti e dalla Nato riguardo alle sue preoccupazioni sulla sicurezza e che continua a schierare militari e mezzi lungo i confini dell’Ucraina. Gli Stati Uniti portano addosso la macchia dell’Afghanistan, per Biden l’Ucraina è quasi una questione di cuore, i rapporti con l’Ue sono altalenanti e tutti questi fattori concorrono a mandare con forza un unico messaggio a Mosca: questa volta non ci coglierai impreparati. Gli europei, che all’inizio della crisi ai confini di Kiev, avevano visto parlottare americani e russi con troppa assiduità si erano sentiti esclusi dalle trattative e sentivano le paure di una nuova Yalta, ora accolgono con un sospiro  il sostegno americano: un po’ in ordine sparso, ma in generale apprezzano. Gli ucraini hanno guardato questo show di aiuti con molta attenzione, hanno festeggiato l’arrivo dei missili anticarro Javelin con speranza e soddisfazione, sono contenti che l’America non volti lo sguardo, anche se non approvano sempre i messaggi sull’attacco imminente.

 

Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, che oltre a essere il primo cittadino della capitale ucraina è anche un ex campione di pugilato, ha rilasciato un’intervista alla Zeit in cui ha detto che era più facile essere campione dei pesi massimi che fare il  sindaco. “Nella boxe ho sempre avuto un solo avversario  alla volta, in politica arrivano da ogni parte”. Klitschko ha già messo in conto un’invasione della Russia, ha detto che, nel caso, combatterà personalmente, ma ci ha tenuto a sottolineare di non essere nel panico. Poi ha mandato un po’ di messaggi diretti. Uno all’ex cancelliere tedesco  Gerhard Schröder che accusa l’Ucraina di bellicismo. Gli ha detto: “Mi chiedo davvero a nome di quale paese parli: probabilmente più per la Russia e per il suo amico Putin che per la Germania, giusto?”. Poi uno agli europei: “Vogliamo far parte della famiglia europea. Un paese democratico e moderno”. Infine uno alle politiche energetiche dell’Ue e della Germania: “Se la Germania vuole sostenere l’Ucraina, allora deve dire addio al Nord Stream 2. Naturalmente capisco che il gasdotto sia un bene per l’economia tedesca. Ma la dipendenza dalla Russia è pericolosa”. L’energia è una questione centrale in questa disputa rischiosa  e armata con Mosca, in questo clima di quasi guerra che porta gli ucraini ad allenarsi con i fucili di legno e con quelli veri. Putin è molto bravo a trasformare tutto in un’arma e tra le mani ne ha una molto potente: il gas. L’Europa ne è dipendente. E gli europei da un po’ si stanno domandando: che succede se Putin ci lascia al freddo? 

 

Può farlo davvero? Gli ultimi dati Eurostat sull’importazione europea di gas dalla Russia risalgono al 2019. E in quell’anno l’Ue importava il 41 per cento del suo gas da Mosca. Se Putin decidesse di lasciare Bruxelles senza gas, gli europei non si troverebbero al freddo in due giorni, ma la dipendenza da Mosca rimane elevata. Secondo l’Economist, che si è chiesto anche quanto convenga a Putin interrompere le forniture, per Gazprom, la società russa che gestisce l’estrazione e l’esportazione del gas naturale, interrompere le forniture vorrebbe dire perdere tra i 203 e i 228 milioni di dollari al giorno. La Banca centrale russa potrebbe ripagare le perdite, ma Gazprom dovrebbe anche fare i conti con la propria credibilità: quando non ci saranno più le tensioni con Kiev, sarà complicato per gli europei fidarsi di nuovo. E non solo, l’interruzione delle forniture sarebbe sotto gli occhi di tutti: chi si fiderebbe più della Russia che gioca con i rubinetti del gas? La Russia ha un mastodontico progetto energetico con la Cina, il raddoppiamento del Power of Siberia, che è l’equivalente asiatico del Nord Stream 2: un grandissimo affare per Mosca. Il gasdotto sarà lungo 2.600 chilometri e Pechino, che è in crisi energetica, ne ha un gran bisogno. Dovrebbe iniziare le sue operazioni nel 2030 e sarà gestito da Gazprom, che ne avrà la proprietà assieme alla China national petroleum.

Chi si fiderebbe più di Gazprom se usa il gas come rappresaglia? E’ un brutto messaggio che allontana anche gli investitori

Gli amici dell’Ue. L’Europa da qualche settimana si chiede come potrebbe fare senza gas russo. L’avversario l’ha individuato, adesso sta individuando gli amici. Uno le è venuto incontro: gli Stati Uniti. Biden ha rilasciato una dichiarazione con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sulla sicurezza energetica e si sono impegnati a far fronte agli choc delle forniture di gas “incluse quelle che potrebbero risultare da un’ulteriore invasione dell’Ucraina”. L’Amministrazione americana ha avviato contatti diplomatici con produttori di gas naturale liquefatto (Gnl) per verificare se possono rifornire gli europei. Per spedizioni di Gnl dagli Stati Uniti, l’Europa ha ormai superato l’Asia: circa due terzi dei volumi di gas americano sono andati in Europa a gennaio. Nonostante la buona volontà di Biden però, l’aiuto americano potrebbe non bastare, così la von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel hanno avuto conversazioni telefoniche con l’emiro del Qatar, ma l’Ue sta lavorando anche su altri fronti: Azerbaigian, Egitto e Algeria. Ci si muove su ogni strada, cercando di limitare la dipendenza dalla Russia che è percepita sempre più come una minaccia. Da quasi tutti, tranne che da Viktor Orbán, che è andato a Mosca a pietire più gas, e dalla Germania, ma ci torneremo tra un po’.

 

I tre scenari. In caso di rappresaglia da parte di Putin, l’Ue sta prendendo in considerazione tre scenari: interruzione parziale delle forniture di gas, interruzione grave e interruzione totale. Il think tank Bruegel ha provato a rispondere alla domanda “cosa accadrebbe in caso di taglio di forniture da parte di Mosca”. La risposta non è confortante, perché la conclusione è che le misure per sostituire il gas russo non saranno sufficienti a reggere oltre questo inverno. Il Bruegel ha preso prima in considerazione l’eventualità che l’interruzione riguardi solo il 2022: le riserve sono ai minimi, la domanda globale è ai massimi e i prezzi sono triplicati in un anno. Non sono previsti scenari peggiori per quest’anno, nonostante la Russia abbia già iniziato a usare l’arma del gas, destabilizzando il mercato europeo con la decisione di Gazprom di non accettare forniture aggiuntive, la scelta più difficile che l’Ue potrebbe essere chiamata a prendere è il taglio delle forniture in alcuni settori. Per il 2022, seppur arrancando, si andrebbe avanti. Il think tank ha poi studiato cosa potrebbe accadere se la Russia tagliasse il gas anche nei prossimi anni. La risposta: “Dal lato dell’offerta è disponibile una certa capacità di importazione inutilizzata, ma raggiungere la scala richiesta per sostituire interamente i volumi russi sarebbe nel migliore dei casi molto costoso e nel peggiore fisicamente impossibile”. L’impatto di questo scenario avrebbe implicazioni sui prezzi ed effetti anche sui paesi poveri. Secondo il Bruegel, “l’Ue dovrebbe quindi ricorrere a misure dal lato della domanda, che si rivelerebbero dolorose per diversi paesi”. L’impatto politico per l’Ue sarebbe significativo.

 

Il tormentatissimo Nord Stream 2. Da affare, il gasdotto si sta trasformando in un tormento per la Germania e per tutta l’Europa. Potrebbe essere un’arma da usare contro la Russia, ma il governo tedesco tentenna, prende tempo, fa finta di ascoltare gli alleati europei che gli dicono quanto è inaccettabile continuare a parlare di energia con Mosca mentre punta i carri armati contro l’Ucraina. Il progetto però è molto ambizioso, il costo è di 9,5 miliardi di euro. I metri cubi di gas in più che arriverebbero  sono 55 miliardi l’anno. Hanno partecipato alla sua  costruzione i russi, certo, ma anche compagnie tedesche, olandesi, austriache, inglesi e in seguito sono arrivati anche i francesi e i norvegesi. Rinunciarvi per Berlino è complicato, ma Mosca, grazie al Nord Stream 2 e al gas in generale, sa che può sempre contare su un alleato fidato tedesco. Il Nord Stream 2 si è trasformato nel gasdotto della discordia, dai tempi della cancelliera Angela Merkel e non lo è di meno ora che la coalizione è cambiata e che il cancelliere, Olaf Scholz, fa parte di un partito che ha molte simpatie per Mosca, l’Spd. Ma per la Germania rinunciare al gasdotto vorrebbe dire rinunciare alla sua strategia energetica e per questo è disposta a mettere in secondo piano le necessità sulla sicurezza ucraina e anche europea. Anche perché, oltre al tormentatissimo Nord stream 2, la Germania e soprattutto l’Unione europea ora devono fare i conti con la tormentatissima tassonomia e i due sono molto pericolosamente legati.

Klitschko, oggi sindaco di Kiev, prima campione dei pesi massimi dice all’Ue: vogliamo far parte della famiglia

Le sfumature di verde. Ieri la Commissione ha presentato la sua proposta formale per includere gas e nucleare nella classificazione degli investimenti sostenibili che contribuiscono a realizzare gli obiettivi del Green deal. La tassonomia servirà da guida per gli investitori privati per determinare quali settori sono considerati verdi e quali no. Non tutti gli stati membri sono contenti della proposta: in fondo, la Commissione si è accontentata di mettere nero su bianco le principali priorità di Francia (il nucleare) e Germania (il gas), accontentando qui e là gli altri paesi. Dentro al Parlamento europeo ci sono circa 250 deputati, in gran parte del campo progressista, che hanno già annunciato che voteranno contro la sua proposta. Ne mancano poco più di un centinaio per una clamorosa bocciatura e  non dovrebbe essere impossibile trovarli. I tormenti sulla tassonomia sono innanzitutto ambientali. “L’Europa sta rinunciando alla sua leadership globale sulla finanza verde”, ci ha spiegato l’eurodeputato verde olandese, Bas Eickhout. Se gli investimenti in gas e nucleare avranno l’etichetta verde, gli investitori “non useranno la tassonomia” dell’Ue, spiega Eickhout. Al di là della Francia sul nucleare (pochi ritengono che ci siano investitori privati pronti a scommettere su centrali atomiche), il principale beneficiario della proposta sulla tassonomia è la Germania. Una delle poche modifiche fatte dalla Commissione alla bozza che era stata inviata alle capitali il 31 dicembre riguarda le scadenze per finanziare centrali a gas: il governo di Berlino aveva chiesto un allungamento dei tempi ed è stato accontentato. Come “Fit for 55” – il pacchetto di misure per tagliare le emissioni del 55 per cento entro il 2030 – anche la tassonomia è stata costruita su misura per la Germania e la sua transizione energetica. Nel momento in cui i tedeschi chiudono le loro centrali nucleari – tre alla fine del 2021, le ultime tre  alla fine del 2022 – c’è bisogno di gas.  Per costruire molte centrali a gas, senza togliere il freno al debito previsto dalla costituzione tedesca, servono molti finanziamenti privati. Poi, però, quelle centrali a gas andranno alimentate. E l’Europa si troverà ancora più dipendente dai gasdotti della Russia per permettere alla Germania di fare il suo  Green deal, senza assumersi la responsabilità per la facile scelta di uscire dal nucleare. Che sia su Ucraina, Nord Stream 2 o tassonomia, alla fine l’Ue paga il prezzo di alcune scelte politiche della Germania. Insomma, un altro regalo a Putin.

 

Klitschko, il sindaco pugile, capo di un partito il cui acronimo, Udar, vuol dire pugno, adora parlare alla stampa tedesca. Conosce molto bene la lingua e poi sa che per vincere bisogna insistere, magari tramortire anche se con le parole. Quando la Germania, che si rifiuta di mandare armi all’Ucraina, la scorsa settimana ha inviato a Kiev cinquemila elmetti, Klitschko ha detto, serafico e preciso: “E’ chiaramente una barzelletta”. 


(hanno collaborato David Carretta e Daniel Mosseri)