Il nuovo Kim

L'ambasciatore de facto della Corea del nord si sta muovendo molto a Roma, ed è una notizia

Giulia Pompili

Da quando i soldati di Kim Jong Un combattono con la Russia, la Corea del nord cerca una riabilitazione diplomatica, e trova sponde anche in Italia

La Corea del nord è parte integrante dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina e quindi contro l’Europa, manda soldati e impara a combattere sul campo, eppure sembra che l’alleanza con il Cremlino stia rendendo il regime nordcoreano più presentabile, perfino in occidente, come fosse ormai solo un altro pezzo dell’“asse della resistenza”. Il leader Kim Jong Un sta sfruttando questo momento per ricostruire la sua immagine nel mondo: la protezione politica della Russia, il presidente americano Donald Trump che nella Strategia di sicurezza per la prima volta non menziona la denuclearizzazione nordcoreana – per alcuni analisti è l’aspetto più importante dell’intero documento – e in Corea del sud un’Amministrazione democratica che sta tentando di cambiare le fondamenta del sistema di sicurezza della regione.  

 

Due settimane fa, all’indirizzo di diverse sedi diplomatiche e studiosi della materia in Italia, è arrivato un invito da parte dell’Istituto italiano per l’Asia (abbreviato in Isia), ente ereditato dalla Prima Repubblica, creato nel 1975 da Giulio Orlando, artefice del riconoscimento fra Italia e Repubblica popolare cinese. All’inizio di dicembre l’Isia invitava tutti a un evento organizzato “in collaborazione con” la Repubblica popolare democratica di Corea, cioè la Corea del nord, per presentare il “sistema paese” del regime totalitario di Kim Jong Un. “Nel corso della presentazione”, si legge nell’invito, “ci si soffermerà principalmente sugli aspetti economici del paese... e le politiche per il miglioramento della vita dei cittadini”, gli stessi che secondo l’Onu e un numero interminabile di istituzioni indipendenti vivono in uno dei paesi più repressivi e poveri al mondo. Ospite d’onore dell’evento: l’ambasciatore facente funzioni di Pyongyang in Italia, Ri Kwang Hyok (l’Italia non ha più accreditato un ambasciatore nordcoreano per ragioni politiche). L’appuntamento avrebbe dovuto essere a Palazzo Colonna il 5 dicembre scorso, eppure il 4 dicembre l’evento è stato misteriosamente annullato, senza grosse spiegazioni. Sergio Divina, ex parlamentare della Lega ora in Forza Italia, nonché vicepresidente dell’Isia, spiega al Foglio che loro stessi sono rimasti piuttosto sorpresi dalla cancellazione della conferenza, che avrebbe dovuto essere “un momento di confronto e dialogo”:  Ri avrebbe ricevuto una nota in cui si suggeriva di cancellare la sua partecipazione all’evento. Non è chiaro se la nota sarebbe arrivata da Pyongyang oppure dal ministero degli Esteri italiano. 

 


Per un evento che salta un altro si tiene: poco più di una settimana dopo la conferenza con l’Isia, il diplomatico Ri – che è stato riassegnato in Italia lo scorso anno, e parla molto bene l’italiano avendo già lavorato all’ambasciata di Via dell’Esperanto a Roma una decina d’anni fa – ha partecipato a un evento nel noto centro sociale “Intifada” di Casal Bruciato, insieme con rappresentanti delle ambasciate della Federazione russa e del Venezuela, durante il quale è stato proiettato il documentario di propaganda di Russia Today chiamato “I bambini del Donbass” (con due s, alla russa).  Ri al centro sociale ha parlato, accolto da applausi e da molti “spasibo”  per “l’aiuto nordcoreano” alla guerra della Russia. 

 


L’immagine di Ri è allineata a quella di Kim Jong Un, che due giorni fa ha partecipato a una pomposa cerimonia di benvenuto, a Pyongyang, organizzata in onore di un’unità di ingegneri dell’esercito dopo la loro missione in Russia. Nessun diplomatico nordcoreano è autonomo nelle sue partecipazioni a eventi all’estero, che di solito sono pochissime e molto autoreferenziali, e risponde a direttive che arrivano direttamente dalla Corea del nord e al messaggio che vuole mandare in quel momento. Ieri a NkNew, Oleksiy Sorokin, cofondatore del Kyiv Independent, ha detto di essere sorpreso dallo scarso coinvolgimento della Corea del sud nella guerra in Ucraina: “Continuo a chiedermi perché la Corea del sud resti a guardare”, senza mandare militari o  intelligence a monitorare i nordcoreani. Ma il motivo è proprio la politica sudcoreana: l’Amministrazione guidata da Lee Jae-myung, arrivata a giugno, dopo la legge marziale di Yoon Suk-yeol e l’impeachment, vuole ristabilire i legami con Pyongyang a ogni costo, accelerare il “processo di pace” anche allontanandosi da alcuni elementi fondamentali degli equilibri dell’Asia orientale. Da giorni sui giornali sudcoreani si discute di una proposta di legge che darebbe al governo il controllo sull’accesso dei civili alla Zona demilitarizzata, la zona cuscinetto sul 38° parallelo che dal 1953 è gestita dal Comando delle Nazioni Unite, per ridurre il numero di militari e sfruttare l’area per “scopi pacifici”. Da mesi, sul lato nordcoreano del confine, vanno avanti lavori di fortificazione della Zona demilitarizzata anche con l’installazione di mine antiuomo. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.